L’impegno indomito per contrastare l’invasione russa, di cui abbiamo ogni giorno completa, e direi sovrabbondante, documentazione dai nostri mass media, non impedisce al Governo ucraino di darsi da fare anche su capitoli meno appariscenti ma non meno utili per capire l’indole dell’alleato di ferro per il quale ci stiamo (per ora solo metaforicamente) dissanguando. Mi riferisco allo sforzo di ripulire le biblioteche del paese dalla letteratura in lingua russa, avviato con l’approvazione nel giugno dell’anno scorso di due leggi che mirano a una progressiva derussificazione della cultura.
Con una legge si stabilisce il bando dei libri scritti da cittadini russi (post-1991) a meno che non… prendano la cittadinanza ucraina, oltre a stabilire forti restrizioni all’importazione di pubblicazioni stampate in Federazione russa e Bielorussia e in generale in lingua russa; con un’altra il divieto della diffusione delle opere di musicisti di cittadinanza russa (post-1991) sui media e sul trasporto pubblico [1]. Del resto – era il commento scandalizzato di molti parlamentari a sostegno di questi provvedimenti – ancora il 44% del patrimonio librario delle biblioteche ucraine risulta costituito da documenti in russo. È appena il caso di ricordare a tal proposito, anche perché ciò ha molto a che vedere con le cause di questa guerra, che una delle prime leggi approvate dal governo ucraino all’indomani della caduta di Janukovic a causa della “rivolta” di piazza Maidan (febbraio 2014) è stata la messa fuori legge di fatto della lingua russa, ovvero della lingua parlata da circa il 40% della popolazione ucraina, considerata in precedenza seconda lingua ufficiale in diverse regioni. L’allora presidente provvisorio Turcinov sospese quel provvedimento pochi giorni dopo (su pressione di alcuni dei suoi partner europei), ma è chiaro che con quella iniziativa il messaggio dei nuovi governanti era chiarissimo: si puntava alla “derussificazione” dell’intero paese, in linea con i desiderata delle correnti ultranazionaliste ben rappresentate nella nuova compagine di governo (e ben supportate da Washington). Un messaggio che fu subito recepito dalle popolazioni del Donbass che infatti si sollevarono in armi, con conseguente intervento dell’esercito ucraino e battaglioni di fanatici nazionalisti al seguito nell’“operazione antiterroristica” durata otto anni tra alti e bassi (e ricordiamo per inciso che nelle settimane precedenti l’invasione russa le truppe ucraine si stavano concentrando a ridosso dei confini delle due autoproclamate repubbliche) e costata 14.000 morti.
Così, nel febbraio scorso, Yevheniya Kravchuk, presidente della sottocommissione per l’Informazione e la Integrazione europea della Verkhovna Rada (il parlamento ucraino), ci faceva sapere gioiosamente che il lavoro procedeva bene nonostante la guerra, e che a fine 2022 già 19 milioni di libri erano stati allontanati dalle biblioteche, mentre “a regime” si dovrebbe giungere alla eliminazione di 200 milioni di documenti [2]. Nel luglio dello scorso anno, la responsabile dell’Istituto Ucraino del Libro, Olexandra Koval entrava nel dettaglio dei criteri seguiti per questo repulisti bibliotecario: dapprima ci si dovrà dedicare al materiale di produzione sovietica (tra l’altro spesso bilingue), di per sé pericoloso, nonché a tutti i libri «di contenuto anti-ucraino e che rafforzano le narrazioni imperiali» (qualunque cosa voglia dire…). Ma certo non ci si deve fermare lì, perché il problema – spiega questa raffinata intellettuale – è proprio l’esistenza di una sfera culturale russa: autori come Dostoevskij e Puškin sono alla base dei concetti di «mondo russo» e «messianismo russo». Sotto accusa è dunque tutta «una letteratura molto dannosa», che è in grado di «influenzare le opinioni delle persone» (incredibile, no?); sicché – ecco la conclusione della funzionaria – «questi libri dovrebbero essere rimossi anche dalle biblioteche pubbliche e scolastiche. Dovrebbero probabilmente rimanere nelle biblioteche universitarie e di ricerca per essere letti dagli accademici che studiano le radici del male e del totalitarismo» [3].
Inutile dire che queste vicende han trovato ben poca eco sui nostri mass-media “ufficiali”. Oppure – peggio ancora – è comparso qualche articolo che, non potendo nascondere del tutto la questione, l’ha fatta oggetto di un trattamento sottilmente “giustificazionista” [4]. Ciò non stupisce: sono notizie che non aiutano a tenere in piedi la tesi che il Governo ucraino difenda la democrazia, la libertà e i nostri valori occidentali.
A proposito, quali sono i nostri valori?
Note
[1] Cfr. Ukraine to restrict Russian books, music in latest cultural break from Moscow, “Euractiv”, 20 giugno 2022, https://www.euractiv.com/section/global-europe/news/ukraine-to-restrict-russian-books-music-in-latest-cultural-break-from-moscow/
[2] Cfr. Ukraine withdraws 19 million Russian, Soviet-era books from libraries, “Euractiv”, 7 febbraio 2023, https://www.euractiv.com/section/languages-culture/news/ukraine-withdraws-19-million-russian-soviet-era-books-from-libraries/
[3] “Oltre cento milioni di libri di propaganda russa da ritirare dalle biblioteche pubbliche uvraine”, “PeaceLink”, 2 luglio 2022, https://www.peacelink.it/conflitti/a/49186.html , che traduce questo: https://imi.org.ua/en/news/more-than-100-million-propaganda-books-to-be-withdrawn-from-libraries-book-institute-director-i45735
[4] È il caso di un articolo di “Open”, secondo il quale la limitazione per legge dei prodotti artistici in russo è «una scelta a favore del pubblico ucraino» (cfr. Michela Morsa, Ucraina, il Parlamento di Kiev approva due leggi contro musica e libri russi, “Open”, 20 giugno 2022, https://www.open.online/2022/06/20/ucraina-censura-musica-libri-russi/). Ma anche “L’Avvenire”, che in un reportage da Kiev ci informa che la soppressione dell’editoria e degli autori russi è approvata dai frati domenicani (dunque cattolici) del locale Istituto di scienze religiose Tommaso d’Aquino, non sembra particolarmente turbato dalla circostanza (cfr. Giacomo Gambassi, Ucraina. Musica e libri russi al bando. «Sono voci dell’imperialismo», “L’Avvenire”, 25 agosto 2023, https://www.avvenire.it/mondo/pagine/ucraina-musica-e-libri-russi-al-bando-sono-voci-dell-imperialismo).