Quella tra Russia e Ucraina si è ormai trasformata in una guerra di posizione alle porte dell’Europa. L’offensiva di Mosca raggiunge lentamente risultati, mentre la tanto annunciata e finanziata controffensiva ucraina è stata capace di avanzare di pochissimi chilometri, senza riportare alcuna vittoria realmente significativa. Nel frattempo l’estate volge al termine e in poche settimane l’ombra inesorabile del generale inverno si allungherà sui campi di battaglia, pronta a congelare le posizioni acquisite. Per questo non sorprende sapere che, dietro le quinte, le trattative di pace – o quantomeno di tregua – si stanno intensificando: prima a Copenaghen, in Danimarca, poi a Gedda, in Arabia Saudita, le potenze si sono riunite a porte chiuse per cercare una via di uscita alla guerra in Ucraina.

Il 24 giugno si è tenuto in Danimarca, “in condizioni di massima segretezza”, un incontro internazionale sull’Ucraina, che avrebbe coinvolto i Paesi occidentali e parte di quelli neutri, tra cui Brasile e India. Una sorta di vertice preparatorio a quello organizzato ad agosto dall’Arabia Saudita, sempre più intenzionata a ripulire la propria immagine dopo il caso Khashoggi e le violenze in Yemen. A Gedda si sono riunite 40 delegazioni nazionali, più i rappresentanti dell’Unione europea e delle Nazioni Unite. Presente la Cina, che aveva disertato l’incontro di Copenaghen, mentre la Russia non è stata invitata. L’obiettivo era trovare un fronte comune a sostegno della pace in Ucraina, individuato nel “rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità” di Kiev. Secondo il rappresentante ucraino presente a Gedda, Andriy Yermak, pur con «punti di vista diversi, tutti i partecipanti hanno dimostrato l’impegno dei loro Paesi nei confronti della Formula di pace» in dieci punti proposta a settembre 2022 all’Assemblea generale dell’ONU dal presidente Zelensky. Al vertice saudita è stata poi decisa la formazione dei gruppi di lavoro sui temi chiave del piano ucraino, dalla sicurezza nucleare a quella alimentare globale, passando per gli aiuti umanitari e la restituzione dei bambini deportati.

Lo step successivo dovrebbe essere un terzo incontro diplomatico, questa volta a livello di capi di Stato e di governo. Per raggiungere il suo obiettivo, dunque la risoluzione del conflitto ucraino, il vertice dovrebbe comprendere anche la presenza russa, non limitandosi a quella dei Paesi europei, del G7 e degli Stati neutri, come Cina, India e Brasile. Proprio il consigliere di Lula presente a Gedda, Celso Amorim, ha stigmatizzato l’assenza ai tavoli di Mosca, affermando che «qualsiasi vero negoziato deve includere tutte le parti. Sebbene l’Ucraina sia la vittima più grande, se vogliamo davvero la pace, dobbiamo coinvolgere la Russia in questo processo». Un’ipotesi per il momento lontana, così come la risoluzione definitiva del conflitto. Una risoluzione che dovrà passare inevitabilmente per il risanamento delle ferite maggiori tra Russia e Ucraina: la Crimea e il Donbass.

A luglio, durante la trasmissione Otto e mezzo, il direttore di Limes Lucio Caracciolo ha chiesto al ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba se, in caso di riconquista del Donbass, Kiev sarebbe disposta a organizzare un referendum per verificare la volontà delle popolazioni locali, ponendo fine a un conflitto che va avanti dal 2014 tra il governo centrale e gli abitanti russofoni della regione. «Basta rinforzare questo messaggio obsoleto della propaganda russa. Non c’è nessun problema fra gli ucranofoni e i russofoni, fra i due gruppi linguistici. Noi siamo la stessa popolazione, basta con questa idea», ha risposto Kuleba. Una visione che liquida in modo superficiale anni di un conflitto che ha assunto i toni di una guerra civile, costata la vita a migliaia di persone.

Se da un lato gli alleati occidentali intensificano l’impegno diplomatico, consci dell’impasse militare, dall’altro l’Ucraina continua a puntare sulla retorica della “vittoria su tutti i fronti”, come dichiarato dallo stesso Kuleba, che ha aggiunto: «Ci sono tutte queste voci in diversi Paesi su “problemi”, e sul fatto che i negoziati siano necessari… Stanno diventando più forti. Faremo tutto quello che possiamo per garantire che svaniscano». La convergenza verso una soluzione diplomatica non arriva nemmeno da Mosca, esclusa dai vertici di Copenaghen e Gedda. «Al popolo che soffre nelle trincee di un Paese diviso basta davvero solo la resa, che forse spianerebbe la strada alla pace», ha dichiarato Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo.

A Copenaghen e Gedda si sono dunque svolte delle prove di pace per la guerra in Ucraina che non convincono i diretti interessati. A oltre 500 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina, i vertici militari e governativi continuano a demonizzare la soluzione diplomatica, condannando i propri popoli a un conflitto dilaniante.

[di Salvatore Toscano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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