Mattia Cattaneo
Esiste una relazione stretta tra quanto viene identificato come problema e le soluzioni che vengono di volta in volta escogitate per arginarlo. Ma è una relazione troppe volte ambigua, di comodo, spesso con un secondo fine. Scegliere una soluzione significa dimenticarne molte altre, ma anche scegliere un solo problema è del tutto arbitrario: attenzionare l’anidride carbonica piuttosto che la diossina – poco importa se la prima non è un inquinante mentre la seconda è notoriamente tossica –, o i consumi privati piuttosto che l’inquinamento industriale, ecc., rivela sempre una chiara ideologia di fondo.
Per esempio: “I fenomeni naturali estremi stanno distruggendo l’ecosistema e minacciando la nostra vita quotidiana, il nostro stile di vita” (Sergio Mattarella, corsivo mio); “Le attività economiche in Europa utilizzano in media circa 243.000 ettometri cubi di acqua all’anno […]. Sebbene la maggior parte (oltre 140.000 ettometri cubi) venga restituita all’ambiente, spesso tale acqua contiene impurità o inquinanti, comprese sostanze chimiche pericolose. […] Tutto questo consumo di acqua ha effetti positivi sull’economia e di conseguenza sulla qualità della vita” (European Environment Agency, corsivo mio).
Il Potere odierno lavora in questo modo: non veicola i suoi messaggi attraverso una concezione prettamente novecentesca del discorso istituzionale, cioè secondo una deriva smaccatamente apologetico-propagandistica e censorea. Inserisce in quella che appare come una narrazione tutto sommato di buonsenso (per esempio una critica all’inquinamento) dei risvolti leggermente in malafede (una parte dell’inquinamento è buono e giusto). Il discorso del Potere è soprattutto una questione di quantità: si tratta di inserire lentamente, poco a poco, senza dichiarazioni eclatanti, delle conclusioni inaspettatamente di profitto a premesse ragionevoli, delle mezze verità politicizzate a effetti logici, di sostituire delle concause secondarie (ma vantaggiose per chicchessia) a quelle principali.
L’informazione odierna è profondamente caratterizzata da una specie di mitridatismo, di lenta assuefazione al veleno. Così che la fantomatica “libertà di stampa”, appoggiata da un uso ipocrita del liberalismo (etico e sociale), si risolve spesse volte unicamente in un liberismo (economico) ben poco velato. Lo si vede chiaramente nelle due dichiarazioni sopracitate: nel primo caso, quello che in fin dei conti si vuole realmente tutelare non è il benessere ambientale in sé, bensì il proprio irrinunciabile “stile di vita” (è la legge che vuole salvare a tutti i costi ogni comfort raggiunto); nel secondo, l’inquinamento ambientale provocato dalle industrie, per quanto impattante esso sia, è comunque giustificato dagli “effetti positivi sull’economia e la qualità della vita” (è la legge capitalistica della produzione sine qua non).
Il fatto che nel “discorso climatico” non venga mai messo in dubbio questo stile di vita (produttivo e consumistico), ma anzi lo si tenti strenuamente di giustificare, è indice quantomeno di una certa connivenza del Potere con le cause del problema stesso. Se è dubbia la relazione tra “cambiamenti climatici” e anidride carbonica di origine antropica (1) è però certo che i modelli di produzione e consumo ad oggi vigenti siano altamente impattanti. È sintomatico che Sergio Mattarella, così come i suoi omologhi e colleghi europei, se ne dimentichi così spesso, limitando la questione alle piccole responsabilità soggettive (il possesso di autovetture non recenti, l’utilizzo delle risorse in ambito casalingo, la classe energetica della propria abitazione, etc.). Pertanto, da una prospettiva più proporzionata, bisognerebbe passare dalle emissioni-consumi individuali all’inquinamento-rapina delle risorse del processo mercantile.
Questo non significa minimizzare le responsabilità individuali, anzi: una delle grandi novità economiche della contemporaneità è infatti quella che vede non solo nella produzione di beni, servizi e merci un modello impattante, ma anche nei consumi un fattore energivoro. Alle produzioni a basso costo e di infima qualità, al dispendio energetico sproporzionato, alla dislocazione della produzione in aree povere e poco esigenti rispetto l’attuazione di certe normative e controlli, all’enorme disparità tra profitti e investimenti, ecc., si contrappone la dispendiosa consegna express a domicilio, gli acquisti superflui fomentati da resi e cambi gratuiti, la scelta passiva delle multinazionali rispetto alla piccola economia.
Ma dove la prima, cioè la produzione, sottostà giocoforza alle regole di un mercato ipertrofico, a volte ingiusto, sempre forzato e suo malgrado globale, sono proprio i consumatori, attraverso la ponderazione dei loro consumi, a poter facilmente legittimare, rigettare e orientare il mercato. Certo, la produzione potrebbe, sobbarcandosi interamente i costi, investire autonomamente nella ricerca, migliorare la qualità dei propri prodotti, contenere i profitti a favore del benessere collettivo, ma sono i consumatori che devono limitare per quanto possibile gli acquisti all’interno del proprio territorio, prediligere prodotti di qualità artigianale piuttosto che industriale, favorire processi condivisi anziché profittevoli.
Anche a fronte di un costo netto del prodotto certamente maggiore, il costo sociale verrà pressoché azzerato, così come sarà notevolmente ridotto (e facilmente attenzionabile) quello ambientale. Se è vero quindi che il sistema mercantizio vigente (produttivo e consumistico) è altamente impattante – sulla piccola economia di comunità, a livello sociale e territoriale, sulla qualità ambientale – è solo il consumatore che può favorire tutti quei processi virtuosi necessari a stimolarlo in meglio. Per questo è assolutamente necessario riabilitare quello “stile di vita” citato in apertura da Mattarella, ma non per tutelarlo stupidamente ad oltranza, bensì per renderlo più etico.
Il rischio di quanto ho appena sostenuto è quello di rendere giustizia ad una affermazione illegittima come la seguente: “Se non sarà sostenuta dal basso, non ci sarà alcuna transizione”, avverte Enrico Giovannini, ex ministro e ora direttore scientifico dell’Asvis. Credere che questa fantomatica “transizione” (ecologica, energetica, green che dir si voglia) debba essere supportata attivamente “dal basso” – ripartendo tra tutti i cittadini costi e le responsabilità – è un po’ come immaginare che la rivoluzione industriale sia stata attuata solo grazie al benestare degli operai. La transizione che ha in mente il Potere è solo una modalità di approfittarsene nuovamente: è una transizione che lavora sugli effetti (l’inquinamento) piuttosto che sulle cause (il modello mercantile vigente), così da salvare ancora una volta capra e cavoli. Cambiare tutto per non cambiare niente, è sempre il solito adagio. Se è vero che trovo ridicolo credere alla storiella della “transizione dal basso”, reputo tuttavia opportuno orientare individualmente il mercato lì dove il suo impatto sull’ambiente, sull’economia, sulla società, etc., possono essere maggiormente etici. Bisogna orientare il mercato esattamente contro il mercato vigente.
Note
«La crisi climatica minaccia il nostro stile di vita, non c’è più tempo da perdere»: l’appello di Mattarella e altri 5 capi di Stato Ue”, Il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2023. https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/08/03/la-crisi-climatica-minaccia-il-nostro-stile-di-vita-non-ce-piu-tempo-da-perdere-lappello-di-mattarella-e-altri-5-capi-di-stato-ue/7250877/
“Uso dell’acqua in Europa: quantità e qualità esposte a grandi sfide”, European Environment Agency, 14 febbraio 2019. https://www.eea.europa.eu/it/segnali/segnali-2018/articoli/uso-dell2019acqua-in-europa-2014
1) Penso a quanto ne dicono gli appartenenti del think thank Clintel, così come – per limitarmi all’Italia –alle parole del fisico ex direttore dell’Isac del CNR Franco Prodi, a quelle del fisico premio nobel Carlo Rubbia, del professor Antonio Zichichi, del docente ordinario di geologia applicata Alberto Prestininzi, etc. [1]“Le 10 regole che i governi devono seguire per la transizione ecologica” (di L.Fraioli), Repubblica, 5 aprile 2023. https://www.repubblica.it/green-and blue/2023/04/05/news/transizione_regole_club_di_roma_governi-395077462/