Il capitalismo neoliberista si fonda sull’ideologia che tutti desiderino qualcosa e che quel qualcosa possa esser comprato. Non ci si può permettere che la competizione cali mai, “nessun pasto è gratis” nel capitalismo
La competizione è il capitalismo
L’ideologia odierna capitalista è imbevuta di individualismo non solo come valore economico, ma prima di tutto come valore culturale.
Quella che abbiamo vissuto, a partire dagli anni ’80, è una rivoluzione culturale.
La libertà, la mia felicità, i miei diritti, i percorsi di auto-realizzazione, le fughe in India per ritrovarsi, l’edonismo di massa.
Il capitalismo neoliberista si fonda sull’ideologia che tutti siano consumisti, tutti desiderino qualcosa e che quel qualcosa possa esser comprato (se c’è domanda, ci sarà un soggetto che vi scorgerà la possibilità di un affare, trasformandola in negozio).
Acquistare qualcosa richiede un guadagno e siccome il desiderio consumista è insaziabile si fonda sull’idea che anche il guadagno sia continuo. L’importante è avere accesso al credito o al mercato del lavoro, muovere il denaro, farlo circolare, gonfiare le aspettative del credito e del debito, il PIL.
Così, l’accudimento dei parenti anziani o invalidi è affidato a strutture messe a disposizione dallo Stato o dal mercato. Quando a farlo è lo Stato non è certo per beneficenza, ma per stimolare la domanda interna. Gli asili nido democratici o dispotici, i ricoveri per anziani e senza tetto, i centri di igiene mentale, non nascono per bontà divina, vengono creati per buttare quanta più gente possibile nel mercato del lavoro.
L’economia moderna si fonda su questo: sciogliere i legami familiari, amicali, di clan, villaggio, partito, nazione, religione, ideologia a favore della competizione.
Non ci si può permettere che la competizione cali mai, “nessun pasto è gratis” nel capitalismo.
Questo va pensato bene prima di stra-parlare di calo demografico: in una società in cui è normale pensare solo a se stessi (con pregi e difetti del fenomeno), per un giovane uomo o donna sarà più normale pensare di non volere figli, di rompere un progetto di coppia (riducendo le possibilità di avere più figli dallo stesso partner) e via dicendo.
Il capitalismo deve convincere le persone che ogni aspetto collettivo sia una costrizione. Badate, non faccio una valutazione morale, non dico che una cosa sia meglio dell’altra, dico che la coincidenza tra diritti/libertà/auto-realizzazione del mondo moderno è un sottoprodotto culturale del capitalismo.
La nostra società, le nostre azioni, i nostri desideri sono espressioni di obbedienza e conformismo. Persino il desiderio di libertà o le perversioni di qualche libertino sono sottoprodotti di un potere che ancora oggi gioca con gli istinti più facili per smuovere gli umani: il circo, la fame, la paura, il sesso e poco altro…
Questo modello di vita è trasversale: dall’elettore di centrodestra che vuole meno tasse per lo stato sociale, all’elettore di centrosinistra che vuole autodeterminarsi in tutto.
Chi stabilisce quale vita sia più importante di un’altra? Come decidiamo che la nostra idea di diritti umani sia giusta? Che tutti siamo uguali? Che una mucca adulta non abbia diritto a vivere, quanto un feto di tre mesi? Perché la legge come espressione della maggioranza (anzi del potere con cui la maggioranza è connivente mafiosamente) dovrebbe avere un qualche valore? Perché il metodo scientifico è preferibile ai tarocchi per la comunità?
Perché ci sentiamo in dovere di pensare che credere in alcune cose (sempre quelle degli altri) sia più sciocco di credere nelle cose a cui crediamo noi (di solito identificate come “scienza” o “diritto”)?
Queste sono costruzioni sociali e riguardano ogni nostro agire, è paradossale che la società dei libertini ossessionata dal sesso e dimentica della morte, sia anche la società più conformista attorno alle esigenze del mercato, dello Stato.
Anche i nostri percorsi di formazione, crescita, auto-conoscenza sono sempre concentrati su noi stessi, sui nostri traumi, sul nostro singolare vissuto. Sto male perché la società è ingiusta e mi costringe a meccanismi ingiusti?
“Mah, forse si, ma questo vale per tutti, non trova? Ora, torniamo al tema centrale del perché siamo qui: mi parli di quando sua nonna la sgridava a due anni, come si sentiva?”
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