L’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, nel suo ultimo libro “Il tempo delle battaglie”, ha confermato ciò che molti osservatori politici sostenevano da tempo: la caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011 fu ordita dall’asse franco-tedesco per imporre l’austerità all’Italia, utilizzando l’arma finanziaria come strumento, in particolare la leva dello spread e la relativa crisi dei debiti pubblici. In altre parole, si è trattato di colpo di stato mascherato, in quanto difficile da classificare come tale. È stato, infatti, utilizzato l’espediente della necessità di evitare un presunto fallimento per destituire un governo democraticamente eletto e sostituirlo con un governo tecnico. Parallelamente al golpe finanziario italiano, fu portato avanti anche quello in Grecia, che comportò la caduta del premier socialista Giorgos Papandreu. Tuttavia, come ha indirettamente ammesso Sarkozy, furono proprio le manovre di Francia e Germania ad agitare i mercati portando all’aumento dello spread e alle pressioni politiche per far dimettere Berlusconi: «L’ora era grave. Abbiamo dovuto sacrificare Papandreou e Berlusconi per tentare di contenere lo tsunami […] I mercati hanno capito che noi auspicavamo le dimissioni di Berlusconi. È stato crudele, ma necessario», scrive l’ex presidente francese nel suo libro.

Il contesto era quello della crisi dei debiti sovrani seguita alla recessione economica del 2008: privi di un prestatore di ultima istanza che garantisse i titoli del debito pubblico – nell’impianto economico-finanziario comunitario la BCE non svolge questo ruolo se non in casi di emergenza come avvenuto durante il periodo pandemico con il Pandemic Emergence Purchase Program – gli Stati si sono trovati esposti alle speculazioni degli investitori internazionali – i famigerati “mercati” – che possono influenzare il tasso di interesse sui titoli sovrani attraverso, ad esempio, il credit default swap, swap che ha la funzione di trasferire il rischio di credito, aumentando il differenziale con i bond tedeschi. Le intenzioni dichiarate da Sarkozy erano quelle di evitare un peggioramento dei conti pubblici e il conseguente presunto default. Tuttavia, furono proprio le operazioni messe in atto dalla Deutsche Bank e dalla BCE – dietro la regia dell’asse franco-tedesco – a decretare l’aumento del differenziale con i titoli di stato tedeschi (il cosiddetto spread): il 30 giugno 2011 la Banca centrale tedesca mise in vendita scientemente 8 miliardi di euro di titoli di Stato italiani su 9 che ne aveva in portafoglio scatenando il panico tra gli investitori che chiesero così rendimenti più alti facendo lievitare lo spread. Successivamente, ad agosto la BCE annunciò che per supportare i titoli di Stato italiani, il governo di Roma doveva approvare una nuova manovra che soddisfacesse le richieste degli organismi internazionali. Ciò, nonostante pochi mesi prima, Bruxelles avesse approvato la finanziaria stilata dal governo italiano.

L’intento della manovra ordita ai danni dell’allora governo italiano era quello di imporre un regime di austerità all’Italia non tanto per abbassare il debito pubblico e contenere l’aumento dello spread – cosa che non avvenne fino al celebre “Wathever it takes” di Mario Draghi – quanto per rallentare lo sviluppo economico della penisola e iniziare a smantellarne lo Stato sociale. Berlusconi era particolarmente inviso agli ambienti comunitari non solo perché contrario a una politica di eccessivo rigore e più propenso ad una politica economica espansiva, ma anche perché si era rivelato critico nei confronti dell’intervento in Libia, sostenuto innanzitutto proprio dall’Eliseo. Nel suo libro autobiografico, “Il dilemma”, l’ex premier spagnolo José Luiz Zapatero ha parlato di un’offensiva contro l’Italia premeditata e «condotta per terra, aria e mare». Sarkozy, invece, nel suo ultimo libro, raccontando l’ultimo incontro col Cavaliere a Cannes, lo descrive come «patetico e delirante»: «Angela Merkel e io decidemmo di convocare Berlusconi per convincerlo a prendere ulteriori misure per provare a calmare la tempesta in atto. Il premier italiano cominciò a spiegare che non avevamo capito che non c’erano rischi sui mercati internazionali, perché il debito pubblico italiano era nelle mani degli italiani. Voleva creare altro debito da mettere sulle spalle solo dei suoi compatrioti. Tutto ciò era abbastanza delirante. L’incontro diventò sempre più aspro nonostante Berlusconi cercasse di alleggerire l’atmosfera con qualche battuta delle sue, completamente fuori luogo».

Gli artefici della “strategia” franco-tedesca a livello comunitario furono l’allora governatrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde e il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet, entrambi francesi: quest’ultimo in piena fase di crisi dei debiti procedette a due incauti rialzi del tasso di sconto, che crebbe dall’1% all’1,50%, nell’estate 2011; la Lagarde, invece,  propose a Roma di accettare una linea di credito forzosa da 80 miliardi di euro che avrebbe messo Roma sotto il controllo della Troika costituita da Ue, Fmi e Bce. In seguito al rifiuto del Cavaliere, vennero messe in atto le manovre finanziarie che portarono alla crisi dello spread: il governo di Berlusconi cadde il 16 novembre 2011, cinque giorni dopo quello di Papandreou.

La classe politica italiana non fece quadrato contro l’attacco di Stati stranieri, ma approfittò per regolare i conti interni in una logica che affligge da sempre la storia d’Italia, anche con la complicità dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il tutto fu favorito dall’architettura finanziaria europea nella quale gli Stati sono esposti alle speculazioni finanziarie. La crisi dello spread, infatti, si risolse solo con l’intervento della BCE disposto dall’allora governatore Mario Draghi: «Ho un messaggio chiaro da darvi: nell’ambito del nostro mandato la BCE è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza» furono le ormai celebri parole di Draghi. Da quel momento, con la copertura della BCE, i tassi d’interesse sui titoli scesero velocemente.

Il golpe finanziario del 2011, ammesso dallo stesso Sarkozy, è l’esempio più nitido di come la finanza sia in grado di avere il sopravvento sugli Stati portando alla destituzione di governi legittimi scelti dai cittadini, spazzando via così i processi e la stessa sostanza della democrazia, messa a rischio non tanto da presunti governi autoritari, bensì dalla logica dei mercati e della speculazione finanziaria, con la complicità delle lotte di potere interne agli Stati dell’Unione europea.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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