I risultati del primo turno vedono al comando la candidata presidente correista Luisa González. La Revolución Ciudadana vince anche alle legislative, mentre due quesiti referendari fermano le trivellazioni nel Parco Nazionale Yasuní e lo sfruttamento delle miniere d’oro.
La giornata del 20 agosto potrebbe aver segnato l’inizio del ritorno della Revolución Ciudadana, il movimento fondato dall’ex presidente Rafael Correa (2007-2017), in Ecuador. Potrebbe, perché a decidere l’esito finale sarà il ballottaggio del 15 ottobre, quando la candidata correista Luisa González sfiderà il candidato del centro-destra Daniel Noboa.
Partendo proprio dalle elezioni presidenziali, Luisa González, candidata del Movimiento Revolución Ciudadana in coppia con Andrés Arauz per la carica di vicepresidente, ha ottenuto il primo posto con il 33,62% delle preferenze, precedendo di oltre dieci punti percentuali il secondo classificato, Daniel Noboa, leader e fondatore della formazione liberista Acción Democrática Nacional (ADN), fermo al 23,42%. Al terzo posto ha chiuso invece il giornalista Christian Zurita, scelto come candidato del Movimiento Construye (MC25) dopo l’assassinio di Fernando Villavicencio, che sull’onda emozionale di quanto accaduto ha raggiunto il 16,44%. Grande delusione, invece, per l’imprenditore Jan Topić, che i sondaggi consideravano come l’avversario più accreditato per sfidare Luisa González, ma incapace di andare oltre il 14,66%. Da segnalare anche il deludente 3,95% raggiunto da Yaku Pérez, discusso leader indigeno spesso criticato per le sue opinioni filostatunitensi.
La presidente del Comitato Nazionale Elettorale (CNE), Diana Atamaint, ha confermato che, in base all’andamento dei risultati, ci sarà senza dubbio un ballottaggio il 15 ottobre tra i due candidati più votati, poiché per vincere al primo turno era necessario arrivare almeno il 40% dei voti e una differenza di almeno dieci punti rispetto al primo degli avversari. Inoltre, si è congratulata con il popolo ecuadoriano per quella che ha definito una giornata storica e ha ringraziato le forze dell’ordine per una giornata trascorsa senza incidenti.
In vista del ballottaggio, Luisa González partirà certamente come favorita, alla luce dei dieci punti percentuali di vantaggio del primo turno, ma non vanno escluse alleanze tra i partiti della destra per cercare di ostacolare il ritorno della Revolución Ciudadana alla leadership del Paese sudamericano. Nelle sue prime dichiarazioni dopo l’inizio delle votazioni, González ha affermato che l’Ecuador “ha bisogno di pace, lavoro, sicurezza, di essere di nuovo liberi“, ma anche di lavoro, istruzione e medicina. “Chiediamo l’unità di tutti gli ecuadoregni: settore privato, settore pubblico, tutte le forze del Paese per costruire quella visione di patria che ci dia condizioni dignitose per tutti e non solo per un piccolo gruppo“, ha detto González, che sarà la prima donna nella storia elettorale dell’Ecuador a disputare il secondo turno delle elezioni presidenziali.
Nel frattempo, il MRC ha ottenuto un’altra vittoria di grande rilievo in occasione delle elezioni legislative, che si sono tenute in concomitanza con il primo turno delle presidenziali. Sebbene l’allocazione dei seggi non sia stata ancora effettuata, la lista correista ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti con il 39,63% delle preferenze, precedendo nettamente il Movimiento Construye (20,52%) e il partito ADN di Noboa (14,53%). Questo significa che, anche in caso di vittoria al secondo turno, Noboa avrebbe grandi difficoltà ad ottenere il sostegno dell’organo legislativo. Da segnalare anche l’11,87% ottenuto dal Partido Social Cristiano (PSC), che alle presidenziali sosteneva la candidatura di Topić.
Infine, sempre nella giornata del 20 agosto, gli ecuadoregni sono stati chiamati a votare per due quesiti referendari, con l’obiettivo di bandire le trivellazioni petrolifere nel Parco Nazionale Yasuní e l’estrazione dell’oro nel Chocó Andino, vicino a Quito. Entrambi i quesiti sono stati approvati dalla popolazione, con la prima soluzione che è stata approvata da un netto 58,96% dei votanti. Sulla base di questo risultato, verrà effettuato nel luogo un ritiro graduale e ordinato di tutte le attività legate allo sfruttamento del petrolio greggio entro un periodo massimo di un anno. Nel caso del secondo quesito, invece, il sì ha ottenuto la vittoria con percentuali che superano il 67% dei consensi. In questo caso, tuttavia, il referendum non potrà agire sulle concessioni di sfruttamento precedentemente assegnate, e dunque avrà valore solo per il futuro, poiché non verranno concesse nuove concessioni.
In seguito alla pubblicazione dei risultati, la compagnia statale PetroEcuador ha annunciato che rispetterà la volontà espressa dagli elettori. L’azienda, che dal 2016 gestisce il blocco 43-ITT – un importante giacimento di petrolio greggio situato nell’Amazzonia ecuadoregna, e precisamente nel citato Parco Nazionale Yasuní -, ha annunciato che coordinerà tutte le azioni pertinenti, insieme alle altre istituzioni statali coinvolte, per porre fine all’attività estrattiva, “che ad oggi ha raggiunto una produzione di 58.016 barili di petrolio al giorno“. Il ministro dell’Energia del Paese sudamericano, Fernando Santos, ha valutato la vittoria del “Sì” alle elezioni di domenica come un avvertimento per PetroEcuador e le imprese straniere del settore che operano nel Paese riguardo alla tutela dell’ambiente e alla sua priorità rispetto ai proventi dell’estrattivismo.
Questi due risultati hanno comunque rappresentato un importante successo per le forze che si oppongono allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, proteggendo aree di grande importanza per l’ambiente e la biodiversità. Una tale decisione da parte del popolo ecuadoregno non ha precedenti e contribuirà a proteggere le foreste circostanti e le comunità indigene che abitano l’area, considerata riserva naturale ed epicentro mondiale della biodiversità. Il Parco Nazionale Yasuní è infatti una delle aree con la maggiore biodiversità del pianeta. Il Ministero dell’Ambiente, dell’Acqua e della Transizione Ecologica del Paese latinoamericano stima che ogni ettaro della riserva di questa zona ospiti circa 650 specie di alberi, e centinaia di mammiferi, uccelli, rettili e pesci. Il Chocó Andino, con un’estensione di 287.000 ettari di foreste, funge invece da luogo di raccolta dell’anidride carbonica, migliorando così la qualità dell’aria della capitale e mitigando gli effetti del riscaldamento globale.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog