PICCOLE NOTE
“Oggi più che mai, l’Occidente ha bisogno di convergere su un piano a lungo termine realizzabile e accettabile e ad uno status finale concreto. E questo non deve essere sovrapponibile a quello desiderato dall’Ucraina. Sembra che tale processo sia iniziato”. Così sul Guardian Frank Ledwidge, ufficiale britannico che ha prestato servizio nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan.
Divergenze tra Usa e Ucraina
Secondo Ledwidge, l’offensiva è fallita e adesso ucraini e Occidente stanno bisticciando sulle responsabilità della debacle, se cioè siano ascrivibili alla leadership ucraina o alla NATO. “Il tempo comincia a stringere”, annota però il cronista. “La promessa reiterata del presidente Biden di sostenere l’Ucraina ‘per tutto il tempo necessario‘ suona bene, salvo che abbiamo un’idea poco chiara di cosa significhi veramente”.
Gli ucraini, infatti, vorrebbero liberare tutto il loro territorio, Crimea compresa, ma “a causa del rischio di un’escalation nucleare da parte dei russi, negli alti circoli del governo americano c’è pochissima se non nessuna propensione ad aiutare l’Ucraina” sul punto.
Quindi, Ledwidge accenna al fatto che le presidenziali potrebbero costringere Biden a evitare ulteriori escalation nel timore di un rigetto di parte dell’elettorato e alla possibilità che un futuro presidente, altro dall’attuale, possa mutare la linea politica USA. Inoltre, c’è il confronto con la Cina, che richiederebbe un maggior impegno dell’attuale, cosa che la crisi ucraina non permette.
Insomma, secondo Ledwidge, se è altamente probabile che la guerra possa prolungarsi nel corso del 2024, gli Stati Uniti e la NATO si stanno interrogando su un endgame e iniziano a prendere corpo formule in tal senso.
Se nella Nato si inizia a parlare di un endgame
Questa la conclusione di Ledwidge: “Recentemente, Stian Jenssen, direttore dell’ufficio privato del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha suggerito che i diplomatici occidentali stavano cominciando a prendere in considerazione la possibilità di offrire territori ucraini [alla Russia ndr] in cambio dell’adesione di Kiev alla NATO. Il fatto di averlo detto pubblicamente potrebbe significare che si sia propensi ad accettare la possibilità di un accordo su Crimea e Donbass”.
“Alla proposta sono seguite le scuse [di Jenssen], anche se l’idea non è stata affatto scartata. L’Ucraina ovviamente si è infuriata, ma si può sostenere a ragione che è proprio questo ciò che gli Stati Uniti stanno proponendo attualmente, anche se è stato espresso in modo più chiaro [di quanto si sarebbe dovuto ndr]. È interessante notare che la Russia si è fatta beffe dell’idea: tenere la NATO fuori dall’Ucraina è uno degli obiettivi centrali della guerra russa”.
Sull’ultimo punto, però, il compromesso è alle porte, basta offrire all’Ucraina garanzie sul modello israeliano, che evita il rischio di un ricorso all’articolo 5 della NATO (cioè l’obbligo della mutua difesa), cosa che sta effettivamente avvenendo.
Analisi in controtendenza quanto interessante. Va da sé che tale processo prevede tempi lunghi, cosa che offre spazi di manovra ai costruttori di guerra e lascia aperte le porte agli imprevisti.