Che il rinnovo dell’Accordo sul grano non fosse in realtà il tema principale dell’incontro Putin-Erdogan del 4 settembre, ma servisse solo come “specchietto per le allodole mediatiche”, è ipotesi che trova largo spazio sulla pubblicistica, anche russa. Dietro le quinte, i due presidenti avrebbero toccato questioni che vedono Russia e Turchia coinvolte direttamente in situazioni di tensione regionali e, accanto a Siria, Libia o Caucaso, si sarebbe senza dubbio parlato dell’area più densa di pericoli mondiali: l’Ucraina.
Ora, la tedesca Der Spiegel scrive che l’ormai ex Ministro della guerra della junta golpista ucraina, Aleksej Reznikov, sarebbe stato silurato per raggiunto limite quantitativo di episodi di corruzione nelle forniture militari. L’ultima goccia sarebbe stato lo scandalo delle uniformi di produzione turca e razioni alimentari, comprate a prezzi gonfiati, sullo sfondo di un bilancio di guerra ucraino che si aggirerebbe attorno al 20% del PIL.
Ma a Ankara, più che all’ex Ministro, guardano con apprensione al nuovo titolare del dicastero, il direttore del Fondo per le proprietà statali Rustem Umerov, la cui nomina sarebbe stata senz’altro concordata con Washington (ma, qualcuno ne dubitava?) e ricordano i suoi legami con l’organizzazione “Hizmet”, fuorilegge in Turchia, del predicatore Fethullah Gülen, coinvolto nel tentativo di golpe filo-USA del 2016 e ben al sicuro in Pennsylvania, da dove controlla un discreto impero finanziario.
Lo stesso Umerov, d’altra parte, addestrato in passato negli Stati Uniti secondo il programma del Dipartimento di stato “Future Leaders”, aveva partecipato ai negoziati russo-ucraini (ovviamente, in qualità di agente fallimentare) dell’aprile 2022 a Istanbul. D’altronde, con un Ministro golpista degli affari esteri, Dmitrij Kuleba, che dichiara sfacciatamente che la via diplomatica con Mosca passa per il campo di battaglia, appaiono abbastanza labili le ipotesi per cui la sostituzione di Reznikov con Umerov, sarebbe legata a un cambio di prospettive nella soluzione del conflitto.
Da parte sua, la turca Ayd?nl?k scrive senza mezzi termini che Rustem Umerov non è altro che una marionetta USA e che si occuperà di portare avanti i piani di Washington nella regione.
La russa Moskovskij Komsomolets nota che la rimozione di Reznikov, insieme all’arresto di Igor Kolomojskij (troppo autonomo in affari, per i gusti yankee, e da tempo mal digerito), non è che un tentativo del nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij di conservare la poltrona presidenziale. Un colpo alla corruzione e uno al fallimento della controffensiva: così si vorrebbe presentare la cosa, soprattutto all’auditorio interno, quando manca meno di un anno al voto e non sembra di scorgere alcun concorrente di peso alla rielezione del comico guerrafondaio. E se come Ministro della “difesa” – non tanto per questioni militari, quanto per forniture, acquisti, affari, ecc. – Reznikov non rivestiva specifici significati, la nomina del tataro Umerov, legato al Medžlis dei tatari di Crimea, starebbe a simboleggiare l’obiettivo della riconquista ucraina della penisola.
Da ricordare che Reznikov, a quanto si dice, già diversi mesi fa era stato “graziato” dalla parola del suo omologo yankee, Lloyd Austin, che lo aveva definito suo “amico”, salvandogli così la poltrona; per cui, se ora Zelenskij lo silura, con ogni evidenza lo fa avendo ricevuto il via libera del Pentagono. La cui voce mediatica, The New York Times, riferendo le parole di un anonimo funzionario presidenziale yankee, specifica che l’avvicendamento al vertice bellico ucraino sarebbe dovuto «a diverse cause. Tra cui la comprensione del fatto che l’Ucraina ha bisogno di un nuovo vertice nel prolungarsi del conflitto, le critiche di settori della società civile ucraina e dei media sugli scandali nei contratti». Che poi sono più o meno gli stessi argomenti usati da Zelenskij per annunciare la “sua” decisione, così che, a ragione, Komsomol’skaja Pravda si domanda se sia stato Zelenskij ad anticipare a quel funzionario USA le proprie intenzioni, o se invece il secondo non abbia suggerito a Zelenskij cosa e come dire al riguardo?
In ogni caso, sta di fatto che la “controffensiva di successo” langue e il siluramento di Reznikov conferma che si tratta, come ha detto Putin, non di uno «slittamento, ma di un fallimento» che, secondo il Ministro della difesa russo Sergej Šojgù, dall’inizio di giugno avrebbe causato a Kiev la perdita di 66.000 uomini e quasi ottomila mezzi bellici.
Dunque, se il giurista Reznikov era stato sinora utile per le proprie capacità di pubbliche relazioni, in particolare per pompare armi e attrezzature dagli “alleati occidentali”, al momento di mostrare i risultati a quegli stessi “alleati” il pallone si è sgonfiato.
Ora, i media occidentali, parlando di Umerov, lo qualificano come principale negoziatore ucraino per l’Accordo sul grano e ricordano come abbia preso parte ai negoziati sullo scambio di prigionieri. Soprattutto, rilevano la sua formazione americana e gli stretti legami personali e d’affari oltreoceano. Puntano comunque sulla sua caratteristica quale negoziatore di successo.
Quindi, nota Komsomol’skaja Pravda facendo due più due, i fatti sono questi: a breve Zelenskij è atteso in USA e tutte le sue mosse degli ultimi giorni sembrano dirette a preparare la visita; e allora, se l’arresto di Kolomojskij doveva essere una dimostrazione di lotta alla corruzione, non è forse la nomina di Umerov un segnale nascosto che «invece di un manager di pubbliche relazioni, il dipartimento militare ucraino sarà guidato da un negoziatore?».
Per parte nostra, nutriamo più di un dubbio sulla volontà negoziale dei golpisti, tanto più se affidata a un tataro legato al Medžlis, nato a Samarkand, dove i suoi parenti erano stati deportati nel 1944, per la collaborazione prestata dalla maggioranza dei tatari alle truppe hitleriane e che, come da tradizione ucraina, fa tutt’uno del passato sovietico e della Russia attuale e, con ciò, non sembra l’elemento più indicato per trattare con Mosca.
Ma, ovviamente, le nostre sono solo supposizioni, anche se non si possono scordare i suoi passati incarichi, ad esempio, nel “Kuriltai del popolo tataro” e i legami con Mustafa Džemilev. Un curriculum che difficilmente farà allargare i polmoni al Cremlino.