Che questa guerra non sarebbe finita in tre giorni o tre settimane, e nemmeno in tre mesi, era abbastanza chiaro quasi da subito a chiunque fosse dotato di un minimo di senno (inclusi quelli che fanno finta di non averne, molti dei quali prendo in giro qui, bonariamente o meno). Ed era conseguentemente chiaro che si sarebbe dovuta prima o poi trovare una soluzione nella quale nessuno dei contendenti (tranne l’Ucraina, della quale è sempre bene ricordarsi che non importa niente a nessuno) venisse sconfitto, perché solo i bambini molto piccoli possono credere che due potenze possano scontrarsi, direttamente o indirettamente, nel giardino di casa di una delle due, e una delle due possa accettare di essere sconfitta e tornarsene a casa zitta e col conto da pagare; ancora meglio, che si sarebbe dovuta trovare una soluzione in cui ognuno (tranne sempre l’Ucraina, per il motivo di cui sopra) potesse dichiarare di aver vinto, almeno al mercato interno, per così dire, e gli altri dicessero quello che volevano. Certo la prima fase della propaganda è stata dichiarare sostegno incondizionato ed eterno, gettare il cuore (altrui) oltre l’ostacolo, punire e umiliare i malvagi, inviare le superarmi del grande padrone bianco che avrebbero fatto vincere i buoni perché si sa che i buoni vincono sempre (la prima fase della propaganda è stata mirata, appunto, ai bambini molto piccoli), e cambiare registro non è facilissimo. Ma c’è gente molto in gamba che ci sta lavorando, come ad esempio Sean Bell che scrive per SkyNews. In passato, Bell ci ha deliziato con capolavori del giornalismo quali “Vladimir Putin’s attacks on Kyiv show his emotions are overriding military strategy” il 3 giugno 2023 (https://news.sky.com/story/vladimir-putins-attacks-on-kyiv-show-his-emotions-are-overriding-military-strategy-12894956), “Putin is becoming the problem that Russia needs to solve” del 29 luglio (https://news.sky.com/story/putin-is-becoming-the-problem-that-russia-needs-to-solve-but-the-west-must-hold-its-nerve-12929320) o il fantastico “The battle of Bakhmut is not about seizing vital ground – it is about maximising enemy casualties”, nel senso che secondo lui Bahmut è stata una battaglia di attrito GESTITA E VINTA DALL’UCRAINA, il 3 maggio 2023 (https://news.sky.com/story/ukraine-war-the-battle-of-bakhmut-is-not-about-seizing-vital-ground-it-is-about-maximising-enemy-casualties-12879310). A onor del vero ha scritto anche roba più bilanciata, ma il senso era sempre quello: l’invasione è un disastro, l’Ucraina alla fine vincerà – propaganda magari non proprio per bambini molto piccoli, diciamo per preadolescenti. E invece il 9 settembre se ne esce con un articolo clamoroso: “The West remains committed to Ukraine’s counteroffensive – but there’s scepticism over Zelenskyy’s ultimate objectives(https://news.sky.com/story/the-west-remains-committed-to-ukraines-counteroffensive-but-theres-sceptism-over-zelenskyys-ultimate-objectives-12957480), nel quale si gettano non solo le fondamenta del cambio di strategia di cui sopra, ma anche il pianterreno e buona parte del primo piano. Che ci racconta Bell? Sintetizzando: l’Occidente ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, ha ricevuto aiuti militari senza precedenti “nonostante non sia un membro della NATO” anche se non è un membro della NATO (cosa sottolineata all’inizio del secondo capoverso, in caso a qualcuno fosse sfuggito). Ma ora che la guerra è in una fase di stagnazione, gli obiettivi strategici dell’Occidente e dell’Ucraina sono ancora allineati? Perché continuare a sostenere una “nazione non-NATO” dopo una pandemia e col costo della vita che aumenta? la risposta è semplice, ci spiega pazientemente Bell che appunto ci tratta da preadolescenti: la Russia è stata da tempo identificata come una potenziale minaccia per gli interessi occidentali; dopo l’umiliante dissoluzione dell’Unione Sovietica Putin aspirava a “make Russia great again”, a farla diventare una superpotenza e il contraltare a una NATo in espansione, grazie alle ricchezze naturali della Russia (e si sa che quando la Gran Bretagna vede ricchezze da qualche parte…) e alla dipendenza energetica dell’Occidente. Nessuno si aspettava un’invasione russa (Putin lo aveva detto, letteralmente. Dal 2007, più o meno in continuazione) ma la resistenza ucraina è stata “determinata, valorosa ed efficace” (vero). Fin qua ci siamo. Ora c’è il plot twist. “Avendo bloccato l’avanzata russa, l’Occidente ha considerato le opzioni a sua disposizione”. L’Ucraina non è un membro della NATO (è la TERZA VOLTA che Bell ripete questa cosa) e l’Occidente non intende confrontarsi direttamente con la Russia. Però l’aggressione russa è una minaccia diretta all’Europa, e se cade l’Ucraina cosa succederà poi (torna la propaganda per bambini molto piccoli: prima l’Ucraina, poi il baltico, poi la Polonia, poi il Portogallo e poi finalmente imperatore dell’universo). Quindi si è deciso di aiutare Kiev, dice Bell. L’Occidente voleva far cessare la minaccia all’Europa e l’Ucraina liberare il suo territorio, obiettivi diversi (ma cosa diversi? Ma non era la lotta contro il male assoluto, contro gli orchi di Mordor? Cosa diversi???) ma sufficienti a creare un fronte comune. In questa guerra, ci spiega sempre Bell, l’esercito russo è stato massacrato e le sue debolezze portate alla luce, e ci vorranno dieci anni perché possa equipaggiarsi di nuovo. Le sanzioni hanno distrutto l’economia russa e la Russia è diventata un paria sulla scena internazionale (a proposito di paria, allego la foto di Modi e Lavrov che si sganasciano dalle risate al G20 a Nuova Dehli, tre giorni fa).
Putin, addirittura, è costretto “a rapporti commerciali sgradevoli con l’Iran e la Corea del Nord”, e la NATO si è ulteriormente allargata. E come se non bastasse, Putin ha dovuto affrontare la più grande minaccia alla sua autorità, la ribellione di Prigožin (che quest’ultimo sia morto e Putin sia al momento a Valdivostok non pare interessare Bell. Se qualcuno ti sfida hai perso, punto).
Conclusione: “la Russia non pone più una minaccia credibile all’Europa. L’obiettivo occidentale per questo conflitto è stato raggiunto”. Converrete che è un capolavoro: abbiamo vinto la guerra, ce ne possiamo anche tornare a casa. Certo c’è il dettaglio che l’Ucraina NON ha raggiunto il suo obiettivo. E in realtà, afferma mestamente Bell, non si sa se la cosa è fattibile. Zelensky è stato un grande leader in guerra, ma ora ci vuole l’abilità di un grande statista “per creare le condizioni per un’Ucraina prospera, sicura e libera”. Molti ucraini vorranno continuare a combattere per cacciare i russi: magnanimamente, Bell considera che “questo è un diritto dell’Ucraina, la loro lotta, il loro futuro, e il loro sacrificio”.
La loro lotta. Il loro sacrificio. Chiaro?
Bell non è il solo, ovviamente. Richard Kemp, anche lui in passato autore di capolavori tipo “Putin is terrified of Ukraine’s counteroffensive (https://www.telegraph.co.uk/news/2023/05/28/putin-is-terrified-of-ukraines-counteroffensive/) o del meraviglioso “A total Russian collapse is surprisingly close” (https://www.telegraph.co.uk/news/2023/02/28/total-russian-collapse-surprisingly-close/) ma anche lui a volte capace di analisi molto sobrie, scrive ieri sul Telegraph che “L’Occidente deve prepararsi all’umiliazione” (https://www.telegraph.co.uk/news/2023/09/10/ukraines-counteroffensive-is-stalling-the-west-must-prepare/), mentre secondo il generale Mark “Kiev cadrà in 72 ore” Millay, anche se non si può ancora stabilire se l’offensiva ucraina sia fallita o meno, all’Ucraina restano 30-45 giorni e poi arriveranno le piogge, il fango, e insomma vedremo come si metterà. L’intervista alla BBC la trovate qui: https://www.bbc.com/news/world-europe-66763868. Vi avverto che è parecchio imbarazzante, soprattutto la conclusione affidata non a Milley ma all’ammiraglio e capo di Stato Maggiore britannico Sir Tony Radakin, che quasi pestando i piedi strilla “Ukraine is winning and Russia is losing” mentre Milley vorrebbe chiaramente essere altrove. Vorrebbe, forse, essere altrove anche Zelensky, che sta accorgendosi che il sostegno occidentale non è così scontato. Stando a quanto dichiarato ieri in un’intervista all’Economist (https://www.economist.com/europe/2023/09/10/donald-trump-will-never-support-putin-says-volodymyr-zelensky), gli sembra che, quando legge, ascolta o guarda negli occhi chi gli dice che “saremo sempre con lui”, vede in realtà che lui, o lei, “non sono qui, non sono con noi”. E perché dovrebbero? Lo ha spiegato così bene Bell: la guerra noi l’abbiamo vinta. Il resto è “their fight, their future, and their sacrifice”. Their.
Francesco Dall’Aglio