L’allarme è massimo: le mafie, sempre più radicate a Roma e in tutto il Lazio, intendono mettere le mani sui lavori per il Giubileo e sugli ingenti fondi collegati al PNRR. Ad affermarlo è la Direzione Investigativa Antimafia all’interno della sua nuova relazione, relativa all’ultimo semestre del 2022. Tra le regioni che non sono caratterizzate dalla tradizionale presenza mafiosa, quella in cui sorge la Capitale è in assoluto la prima in classifica per quantità di clan e numero di operazioni sospette pervenute all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia.

Lo scenario criminale del Lazio è estremamente composito, caratterizzandosi per la presenza di una “pluralità di organizzazioni mafiose, aventi differenti matrici, nessuna delle quali esercita in maniera monopolistica il controllo del territorio”, spiegano i funzionari della Dia. Infatti, “le proiezioni delle mafie tradizionali coesistono e interagiscono con locali gruppi criminali ai quali, nel tempo, è stata attribuita l’aggravante del metodo mafioso o addirittura riconosciuta giudizialmente la qualifica di vere e proprie associazioni mafiose”. Da questo punto di vista, tra i tanti casi oggetto di studio appare emblematico quello relativo al clan dei Casamonica, raggiunto negli ultimi anni da ingenti condanne al “Maxiprocesso” contro gli esponenti del quartiere di Porta Furba – al momento fermo a una pesantissima sentenza di Appello – come in altri importanti giudizi paralleli.

Le cosche più pericolose, a Roma, sono quelle di ‘ndrangheta (dai Gallico ai Molè, dai Piromalli ai Morabito), ma risultano molto forti anche la Camorra (Moccia, Senese, Mazzarella, Contini e molti altri), il clan dei Casalesi e Cosa Nostra (tra gli altri, sono attivi i Santapaola-Ercolano, i Cuntrera-Caruana e agglomerati riconducibili all’universo della famiglia Graviano). Tra le mafie autoctone, oltre ai Casamonica, rimane estremamente significativa la presenza criminale della famiglia Spada e del clan Fasciani.

Sulla base dei dati esaminati dalla Dia, il Lazio è la seconda regione italiana per numero di segnalazioni di operazioni sospette “in funzione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo“. È stata infatti registrata una ulteriore crescita, con il raggiungimento delle 9.788 SOS complessive, 8.705 delle quali soltanto a Roma. Secondo gli esperti della Dia, la Capitale ed il Lazio continuano a rappresentare grosse “opportunità di investimento” per i gruppi criminali radicatisi entro i confini della regione, anche e soprattutto grazie al fitto network di porti e aeroporti che offre ai clan la possibilità di “sviluppare nel territorio laziale, e in particolare romano, tutti i passaggi fondamentali delle attività illecite intraprese”.

“Le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza e delle intimidazioni, sempre più residuali, con strategie di silenziosa infiltrazione e con pratiche corruttive“, spiega la Dia, che, soffermandosi sulle grandi chance di investimento che fanno venire l’acquolina in bocca alle mafie laziali, menziona in particolare quelle relative ai denari del Pnrr e del Giubileo. Citando le conclusioni del Presidente della Corte d’Appello di Roma, la dia ricorda come «gli stanziamenti miliardari previsti, fra il 2021 e il 2026, per la realizzazione degli obiettivi del PNRR e le ingenti risorse che affluiranno a Roma in vista del Giubileo rendono concreto il pericolo di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata». Il rischio è alto, in particolare a causa di «una macchina burocratica lenta e farraginosa» che costituisce «il principale terreno di coltura di tali pericoli».

Secondo l’Alto magistrato, infatti, le statistiche comparate riferite al distretto della Capitale, insieme all’alto numero di procedimenti della DDA in materia di criminalità organizzata, confermano il radicamento nell’area metropolitana di Roma e nelle zone limitrofe di «numerose organizzazioni criminali mafiose di matrice autoctona, cui si affianca una galassia criminale fatta di singoli o gruppi, articolazioni delle organizzazioni mafiose tradizionali», che agiscono con grande efficacia «nei settori del riciclaggio, del reimpiego delle risorse illecitamente acquistate, dei carburanti, delle società finanziarie e immobiliari, della ristorazione, delle sale da gioco, dell’abbigliamento, delle concessionarie di auto, del traffico illecito di rifiuti, dell’usura e del narcotraffico».

La Dia conclude mettendo nero su bianco come la penetrazione mafiosa nei gangli dell’economia e il rapporto delle associazioni criminali “con settori inquinati della politica o esponenti infedeli della pubblica amministrazione” rappresentino un importante “ostacolo allo sviluppo di un determinato territorio ed al progresso civile della sua popolazione”, insidiando “nel profondo la dignità dei singoli e le condivise regole collettive, minando alla base la democrazia, il mercato e la pacifica convivenza civile”.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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