“Alla fine del mio secondo mandato avrei raggiunto quasi la metà dei miei 80 anni” quindi “è giunto il momento per una nuova generazione di leader”. Così Mitt Romney, il 76enne senatore dello Stato dello Utah e candidato presidenziale dei repubblicani nel 2012, ha annunciato che non si ricandiderà per un secondo mandato alla Camera Alta. Romney ha spiegato che spetta ai giovani leader di prendere “le decisioni che formeranno il futuro poiché saranno loro a viverci”.

Parole sagge, quelle di Romney, rare di questi giorni per quanto riguarda l’età dei politici. Nancy Pelosi, invece, l’83enne, parlamentare democratica rappresentante di San Francisco, e speaker della Camera Bassa (2007-2011, 2019-2023), ha recentemente annunciato la ricandidatura per il suo ventesimo mandato.

La questione dell’età in politica di questi giorni però è dominata dalla situazione di Joe Biden, attuale presidente e candidato al secondo ed ultimo mandato. L’attuale inquilino alla Casa Bianca ha attualmente 80 anni e se rieletto ne avrebbe 82 all’inaugurazione del 2025 e 86 alla fine del secondo mandato. Biden ha già il record come più vecchio presidente avendo iniziato il suo primo mandato a 78 anni battendo il record per l’anzianità stabilito dal suo predecessore Donald Trump che alla sua inaugurazione nel 2017 ne aveva 70. L’età di ambedue probabili candidati alla presidenza all’inaugurazione del 2025 sarebbe più alta di quella di Ronald Reagan quando completò il secondo mandato nel 1989.

L’età di Biden preoccupa gli elettori americani. Secondo un sondaggio della Associated Press (AP-NORC) il 77 percento degli americani lo considera troppo vecchio per essere efficace nel suo secondo mandato. Si menzionano spesso le sue gaffe, tutte le volte che Biden inciampa e persino gli strani segni sul suo volto dovuti all’uso di un apparecchio per le sue apnee notturne. La Casa Bianca cerca di smentire queste immagini citando tutte le sue attività, i lunghi viaggi, e le immagini di vigore mentre va in bicicletta. Viene contrastato anche con Trump il quale è visibilmente obeso e le informazioni rilasciate sulle sue condizioni di salute sono, come tanto di quello che l’ex presidente dice, viste con sospetti.

Aggiungendo alla questione dell’età di Biden negli ultimi tempi altri leader politici di spicco di ambedue partiti ci fanno dubitare delle loro capacità fisiche e mentali dovute al passare degli anni. Diane Feinstein, la 90enne senatrice democratica della California, ha recentemente dato segnali di fragilità fisica e mentale. Anche il leader della minoranza al Senato, il repubblicano Mitch McConnell, 81 anni, ha recentemente avuto due episodi in cui si è “congelato” per 30 secondi davanti alle telecamere. Situazioni come queste hanno spinto alcuni a suggerire che l’età massima per leader politici dovrebbe essere fissata come avviene per quella minima. Inoltre Nikki Haley, ex governatrice del South Carolina e attuale candidata alla nomination repubblicana, ha dichiarato che bisognerebbe sottoporre i candidati over 75 a dei test per valutare il loro stato mentale. Una stoccata diretta anche al suo avversario Trump, primo della classe nel Partito Repubblicano, che oltre ai guai giudiziari, dimostra la sua irascibilità e l’incapacità di concentrarsi invece di comportarsi come un uomo di Stato.

Non pochi politici hanno serie difficoltà a gettare la spugna anche quando la loro salute fisica e mentale impedisce loro di svolgere i loro compiti in maniera efficace. Vi sono ovviamente stati casi in cui leader di spicco sono morti mentre svolgevano il loro ruolo. Uno dei casi più eclatanti è quello del Senatore Strom Thurmond del South Carolina che morì a cent’anni poco dopo la sua lunghissima carriera politica. Dopo la morte di Thurmond uno dei suoi assistenti confessò che negli ultimi dieci anni al Senato era in uno stato costante di confusione mentale, incapace di distinguere se fosse a piedi o a cavallo.

Queste malattie fisiche o mentali non dovrebbero squalificare leader politici. Dopotutto alcuni presidenti storici come Woodrow Wilson (1913-1921), Franklin Delano Roosevelt (1933-1945) e John F. Kennedy (1961-63) soffrivano di condizioni serie ma non debilitanti. Wilson ebbe un ictus nel 1919 e la moglie Edith funse da de facto presidente negli ultimi anni del secondo mandato del marito. Roosevelt contrasse una forma di poliomielite nel 2021 all’età di 39 anni e passò i suoi mandati di presidente in una sedia a rotelle eccetto in pochissime situazioni pubbliche e solo per pochi minuti. Kennedy soffrì di dolori spinali cronici che gli impedivano di piegarsi e sembra che per questa ragione non si salvò dagli spari a Dallas nel 1963 poiché il busto gli impedì di piegarsi e schivare le pallottole. Le disabilità non impedirono loro di svolgere le loro attività governative.

Fino a che punto dunque l’età potrebbe influenzare il lavoro di Biden nel suo secondo mandato è difficile da stabilire. La politica spesso è impressione e guardando dal di fuori Biden mostra segnali di ridotta acuità fisica. Trump invece ha sempre dato chiari segnali che non riesce a prestare attenzione e andare a fondo in argomenti di importanza. Ecco perché i suoi collaboratori alla Casa Bianca non gli davano molti documenti da leggere sapendo benissimo che le informazioni in grafiche erano più probabili di cogliere la sua attenzione.

Il fatto che la stragrande maggioranza degli americani consideri Biden troppo vecchio è basato su impressioni e le ripetute visioni dei problemi fisici di Biden. Il 46esimo presidente dovrà escogitare qualche trovata per sviare l’attenzione dalle sfumature dell’aggettivo vecchio. Lo fece molto bene Reagan nel 1984 quando si spargevano voci sulle sue capacità mentali, usando una trovata preparategli dai suoi collaboratori che lui, da attore, recitò alla perfezione. In un dibattito con il suo avversario democratico Walter Mondale, Reagan rispose a una domanda che lui non farebbe “la sua età un tema della campagna” e che non avrebbe “approfittato della giovinezza e inesperienza” del suo avversario. Quella battuta riuscì a convincere tutti che Reagan era mentalmente acuto. Biden non potrà fare qualcosa di simile per distogliere l’attenzione su se stesso. Potrebbe fare di tutto per mettere l’attenzione sul suo operato e i suoi successi legislativi, l’ottimo stato dell’economia, e l’inflazione che è già scesa a livelli tollerabili. Trump, come si sa, farebbe una campagna narcisistica parlando di se stesso, con tutti gli svantaggi che gli recherebbe con gli elettori indipendenti che decidono le elezioni presidenziali. In effetti, la presenza di Trump come avversario di Biden ripeterebbe lo stesso vantaggio avuto nell’elezione del 2020 aprendogli la strada al secondo mandato.

Di Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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