Gabriele Germani

L’Italia ha bisogno di una politica mediterranea che vada in rottura con dogmi economici e geopolitici odierni. Craxi fu anticipatore di alcune dinamiche, come oggi il leader turco.

Craxi, Erdogan, mediterraneo e Unione Latina

Una riflessione sul passato che riguarda anche l’attualità: alcuni vedono in Craxi un anticipatore (populismo, dirigismo, sovranismo

Non ho difficoltà a vedere populismo e sovranismo, ho qualche difficoltà a trovare dirigismo. Vedo negli anni craxiani l’inizio del reflusso e l’introduzione di un aspetto finanziario nell’economia (1981, “lite delle comari”: la separazione Banca d’Italia – Ministero del Tesoro, non un anno craxiano, ma dà idea dei tempi).

Qualcuno risponderebbe che “dirigismo” era anche portare il gotha italiano in Cina (ballerine incluse?) e che i sindacati erano entrati da soli nel reflusso. L’Italia superava in PIL il Regno Unito e si avvicinava alla Francia.

Si dimentica che il Regno Unito si stava finanziarizzando (con successiva rimonta) e il superamento della Francia non ci fu.

Quindi Craxi fu fatto fuori dalla CIA per la sua politica mediterranea e mediorientale? Il no di Sigonella e alcune amicizie agli americani non andavano giù (soprattutto agli inglesi, che repetita iuvant erano i nostri mandatari). Craxi stesso alluse ai viaggi di Di Pietro negli USA.

E chissà il mito non abbia un po’ di storia: nel 1999, mentre gli eredi del PCI (futuro PD) bombardavano la Serbia, dall’esilio tunisino Craxi parlava di disastro.

Si attaccava un paese cardine dei Balcani, del Mediterraneo, un ponte tra Europa e Russia, ma soprattutto l’Italia tagliava i ponti con un vicino di casa.

Chi si avvantaggiò? La Germania che affermò il primato commerciale nell’area, UK/USA che portarono avanti quel piano folle di espansione ad Est (che conduce alla guerra odierna) e la Francia che come al solito giocò il ruolo di liberté, égalité e diplomazia arraffando con belle parole tutto l’arraffabile.

Craxi si affermò, pur contando su un modesto partito, con una politica spregiudicata.

Fu l’unico moderno, perché fu l’unico che colse l’andamento del mondo davanti a una DC ingessata e un PCI amletico: “essere o non essere?”.
Uso “modernizzare” non in senso positivo/negativo, ma per parlare dello spirito dei tempi.

Affermò una politica liberista e di opposizione al (declinante) sindacato; cavalcò la finanziarizzazione, i nuovi media (intimo di Berlusconi) e preparò l’Europa a traino tedesco (subendola? Scegliendola? Anche qui ambiguità).

Con tutte le differenze del caso, oggi vediamo una politica simile da Erdogan.
Il leader turco ha una linea picaresca, attraversa il Mediterraneo, è dinamico, mette bocca ovunque, sfrutta al massimo ogni spiraglio.

A questa analogia riconduco anche l’aereo di stato in Cina con 400 persone (ballerine e imprenditori). Anche Erdogan, quando va in Africa o Medio Oriente, si porta dietro imprenditori e banchieri (non credo ballerine: paese che vai usanze che trovi).
Sto facendo analisi, evitiamo passioni del tipo: “ah, difende Craxi” “ah, difende Erdogan”. Non è questo.

Il punto è che due statisti di due paesi simili geograficamente (siamo ponte tra tre continenti), hanno tenuto comportamenti simili, pur essendo diversi.
Perché?

A mio avviso, questa è la contrapposizione tra mondo mediterraneo e mondo europeo.
Ritengo che proprio in quanto ponti tra continenti, l’Italia e la Turchia non facciano parte del mondo europeo in senso stretto, ma facciano parte di un blocco proprio (il Mediterraneo).

Ritengo che non a caso, la politica anglo-americana sia così entrante in questo spazio. Da un lato lasciando correre (Craxi fu anche uomo degli americani, così come Erdogan – almeno in principio), dall’altro sopprimendo ogni tentativo di andare oltre una certa linea: il Mediterraneo non deve emanciparsi.

Ho letto spesso suggestioni sull’Unione Latina, nata morta, finita nel 2012. Il paese più ricco la Francia – al contrario della buona norma – non ci mise soldi o passione. Perché?

La Francia non è mediterranea, è europea. Nasce attorno Parigi e da lì pian pian si vanno a sottomettere i catari, la Provenza, la Borgogna, l’Aquitania, la parte celtica in Bretagna (ricordate quello che fecero in Algeria e che -molto in piccolo- fanno oggi alla Corsica). Il nucleo geostorico del paese è nordeuropeo (con fondamentale apporto normanno).

Il vicino ha sempre mal digerito la politica italiana (e non a caso turca) nel Mediterraneo. A differenza degli anglo-americani che pensano siano ben lasciar correr e poi ogni dieci quindici anni fare tabula rasa.

Sarkozy, nel 2008, spinge a Parigi la nascita dell’Unione Mediterranea per ribadire la sottomissione dell’area e spingere indietro qualsiasi tentativo di far prendere alla storia un altro corso (crisi del debito, Tsipras, referendum greco).

Spagna e Portogallo giocano un ruolo minore. Certo, avrebbero le carte per essere mediterranei e partecipare a questa versione riscaldata del Trono di Spade, ma chi glielo fa fare? Hanno le ex colonie in Africa e Sud America che corrono come treni e comprensibilmente le preferiscono.

Qualche giorno fa, mi sono chiesto se Craxi avrebbe avvicinato l’Italia ai BRICS.
Era opportunista, la linea sarebbe dipesa dalla convenienza del momento, probabilmente se fosse stato nella fase iniziale avrebbe appoggiato gli americani, nella fase finale avrebbe giocato come Erdogan (ma UK-USA sono attenti a non far sorgere due galli insieme nel pollaio).

L’Italia ha bisogno di una politica mediterranea che vada in rottura con dogmi economici e geopolitici odierni. Come la Turchia, non possiamo semplicemente dire: la festa è finita, gli amici se ne vanno. Dobbiamo cominciare a lavorarci, al di là dell’UE, della NATO, degli USA.
Tanto non è che a fare gli ignavi ci stiamo salvando l’anima

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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