Da “destra” a “sinistra” si assiste ad un generale allineamento della chiacchiera politica e giornalistica: un coro unanime indirizzato, senza se e senza ma, a sostegno del governo di Israele. Questo al netto delle parole e dei gesti di doverosa considerazione verso le vittime civili “tutte”.
Anche stavolta una storia lunga e dolorosa di oppressione e violenza coloniale, perpetrata nel silenzio, nella complicità e talvolta col sostegno dell’Occidente a guida USA, viene colpevolmente rimossa e schiacciata su un singolo avvenimento, per quanto grave e controproducente esso sia, in modo da alimentare una ormai ben nota narrazione di comodo: c’è un aggredito e un aggressore, il primo detiene le ragioni del Bene, l’altro lo stigma del Male.
Peccato che nell’annosa questione israelo-palestinese tale logica valga ancora meno: non solo perché i crimini israeliani, per quanto coperti dal silenzio, sono una costante che non ha mai smesso di produrre morti e distruzione, ma anche e soprattutto perché non possono esserci aggredito e aggressore quando alla base di tutto c’è una asimmetria eclatante di potere e responsabilità storica. Un contesto in cui alla dominazione di un paese occupante non sembra esserci altra risposta che la ribellione spesso cieca e disperata di un popolo sotto occupazione, ridotto ad una condizione di miseria ed esclusione senza fine.
Da 75 anni lo Stato israeliano occupa i territori palestinesi (soggetti anche alla sperimentazione di nuove armi), ampliando sempre più i suoi domini, il tutto cacciando la popolazione nativa, militarizzando interi villaggi e con la pratica di inserire ovunque i propri coloni, spesso provenienti da altre parti del globo. Negli ultimi mesi, questa politica espansionistica ha subito un’accelerazione: a Tel Aviv si stava difatti discutendo animatamente di nuovi insediamenti da creare nel territorio residuo palestinese. Il 2023 sarà, inoltre, l’anno che farà registrare il più alto numero di morti palestinesi, da quasi vent’anni a questa parte. Ma questo dato non ha destato alcun tipo di scalpore.
E l’Occidente intero, un tempo meno compatto sulla questione, oggi affila le sue armi e innalza ovunque bandiere israeliane, sulla base di doppi standard e di un uso propagandistico e strumentale del principio di autodeterminazione dei popoli e di difesa dei diritti umani