di Fabrizio Poggi per l’AntiDiplomatico
Stando a quanto riporta The Hill, alla riunione del cosiddetto Gruppo di contatto a Ramstein sugli aiuti militari all’Ucraina, il nazigolpista capo Vladimir Zelenskij ha dedicato pressoché tutto il proprio intervento a chiedere che le forniture militari occidentali vengano aumentate: è terrorizzato – e ne ha ben donde – che le armi vengano ora dirottate verso Israele.
Il segretario alla difesa USA Lloyd Austin ha infatti detto che Kiev riceverà altri duecento milioni di dollari – sale così a 44 miliardi la cifra totale dal 24 febbraio 2022 – in razzi AIM-9M per antiaerea e proiettili d’artiglieria, armi anticarro e sistemi di intercettazione dei droni, lasciando al contempo intendere che la principale priorità yankee è ora Israele. «Per quanto riguarda i fondi per l’Ucraina» ha detto Austin, «ci avviciniamo alla fine. Abbiamo parlato di 200 milioni e continueremo a sostenere quanto potremo, ma l’aiuto non sarà infinito».
Ma, già prima del 7 ottobre, la situazione per Kiev si era fatta complessa, per il rifiuto dei repubblicani di concedere altro credito alla junta. Zelenskij, già in precedenza preoccupato per la “melina” da parte di diversi paesi occidentali, i cui arsenali cominciano a essere sguarniti e tornando quindi a chiedere la fornitura di missili a lungo raggio, ha ammonito i partecipanti all’incontro a non commettere errori nello stilare la lista delle priorità.
Già in un’intervista al canale youtube Judging Freedom, l’ex analista del Pentagono, tenente-colonnello Karen Kwiatkowski aveva affermato che il conflitto in Medio Oriente accelera la caduta d’interesse di Washington per l’Ucraina: Zelenskij «non sarà più al centro dell’attenzione». Kwiatkowski suppone che l’interesse USA per il conflitto in Europa abbia già cominciato a scemare e si concentri ora appieno sul Medio Oriente.
D’altra parte, la NBC, su fonti governative e del Congresso, afferma che la Casa Bianca sta mettendo a punto una richiesta al Congresso per finanziamenti sia per Kiev che per Tel Aviv. Il fatto è che, a quanto pare, se per Israele non ci saranno problemi a reperire fondi, molti congressisti, anche tra i più fervidi sostenitori di Kiev, sono quantomeno scettici sulla possibilità di reperire fondi per entrambi le aree di conflitto.
Il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza, John Kirby ha dichiarato che Washington dispone di fondi da destinare sia a Tel Aviv che a Kiev, ma solo nel breve periodo.
Il capo dei Servizi militari ucraini, Kirill Budanov, ha dichiarato alla Ukrainskaja Pravda che nel 2024 Kiev potrebbe scontrarsi con una riduzione del sostegno militare occidentale: «Fino a metà del prossimo anno, non vediamo particolari problemi con gli aiuti. Dopo, tutto dipenderà da noi: come riusciremo a parlare correttamente, illustrare e spiegare le nostre necessità, e anche ad avviare qui un aumento della produzione». Ma, appena una settimana fa, il colonnello dello SM ucraino Gennadij Kovalenko, aveva dichiarato a The Washington Post che l’esercito ucraino dipende al 100% dagli USA e che Kiev ha bisogno non solo del mantenimento dell’attuale livello di aiuti, ma di un suo aumento, dato che la guerra non finirà tanto presto.
E, però, alti ufficiali yankee hanno confessato alla CNN che al Pentagono «cresce la preoccupazione per l’eventuale necessità di dilatare le riserve di armi per Ucraina e Israele in due diverse guerre». Al momento, Kiev necessita infatti per lo più di munizionamento d’artiglieria, mentre Israele ha bisogno di armamenti aerei e missili intercettori per la “cupola di ferro”. Ma, in caso di attacco di terra a Gaza, anche Israele avrà bisogno di un gran quantità di proiettili d’artiglieria da 155 mm, le cui riserve il Pentagono ha già notevolmente ridotto per rifornire Kiev.
Il capo-delegazione russo ai negoziati di Vienna sul controllo delle armi, Konstantin Gavrilov non esclude che buona parte dell’aiuto militare destinato all’Ucraina prenda la via di Israele: «Ciò non significa che l’Occidente abbandonerà gli ucraini, ma l’assistenza diminuirà. È improbabile che ora gli “Abrams” vadano all’Ucraina; più verosimile che siano trasferiti a Israele, anche perché sono più adattati alle aree desertiche che alle paludi e agli acquitrini ucraini». Lo stesso può avvenire con gli F-16: una minima parte destinata a Kiev e il resto a Israele.
In compenso, tra i golpisti ucraini, c’è chi trova comunque il modo di non farsi mancare nulla. Si infittiscono le denunce sugli affari che fioriscono dietro le quinte della “mobilitazione”: tra fermi forzati dei giovani mobilitati e corruzione che prospera sulla pelle delle reclute, giovani e meno giovani, anche in forme apertamente criminali.
Ecco, ad esempio, uno schema divenuto usuale ai distretti militari di Odessa e della regione, scrive il sito MediaKiller. Con la legge marziale, tutti i veicoli sono soggetti a confisca per esigenze militari; per non interrompere le attività, i proprietari devono negoziare, pagando, con i Centri territoriali di arruolamento (CTA), perché i mezzi non vengano confiscati. La stessa cosa con i concessionari e le auto al porto che, all’inizio della guerra, sono state sequestrate da militari e polizia semplicemente per propri affari e non per il fronte.
Qualcosa di simile avviene anche nei centri commerciali, ai mercati, ristoranti e night club: affinché le pattuglie dei CTA non terrorizzino gli avventori, i proprietari pagano la relativa mazzetta. A Odessa, per esempio, è praticamente impossibile incontrare pattuglie CTA in prossimità delle spiagge, di night, caffè e ristoranti alla moda, affollati di ricchi giovani in età di reclutamento, mentre le pattuglie non mancano mai nei quartieri dormitorio o sugli autobus. È così che la mobilitazione è diventata un affare per commissari militari e poliziotti: i ricchi si comprano libertà e svaghi; ai poveri tocca la cartolina precetto per la morte