Michele Paris
Dopo otto controversi anni al governo, il partito polacco nazionalista Diritto e Giustizia (PiS) dovrà probabilmente passare la mano all’opposizione europeista di centro-destra guidata dall’ex premier, nonché ex presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk. L’attuale partito di governo rimane nettamente la prima forza politica in Polonia, ma sarà difficilmente in grado di trovare partner di coalizione sufficienti da mettere assieme una nuova maggioranza in parlamento. L’eventuale passaggio di consegne a Varsavia potrebbe risultare burrascoso, con qualche riflesso sulle vicende della guerra russo-ucraina. L’orientamento anti-russo non verrà tuttavia modificato, anche se potrebbero cambiare i principali riferimenti esteri del prossimo esecutivo, a tutto favore della Germania e dell’Unione Europea.
Domenica, il PiS del primo ministro, Mateusz Morawiecki, e del presidente del partito, Jaroslaw Kaczynski, ha perso otto punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni, fermandosi al 35,4%. I seggi conquistati (194) non sono appunto sufficienti a controllare la camera bassa del parlamento di Varsavia (Sejm) e nemmeno un eventuale accordo con l’estrema destra euroscettica di Confederazione Libertà e Indipendenza permetterebbe di raggiungere la soglia necessaria a governare. Quest’ultimo partito ha ottenuto il 7,2% e, in ogni caso, i suoi leader hanno finora escluso un’alleanza di governo con il PiS.
Sulla carta, tre formazioni di opposizione sarebbero invece pronte a governare in un gabinetto guidato da Tusk. Il suo partito, Piattaforma Civica (PO), è giunto secondo a livello nazionale (30,7%) e dovrebbe unire le forze con i centristi di Terza Via (14,4%) e la Sinistra (Lewica), che ha perso il 4% rispetto al 2019 per scendere al 8,6%. Questi tre partiti/alleanza arrivano complessivamente a 248 seggi sui 490 del Sejm. Visto l’andamento del voto, la sconfitta, anche se relativa, del governo in carica è il risultato di una massiccia mobilitazione degli elettori, sia in Polonia sia tra i residenti all’estero. Il dato dell’affluenza (74%) è stato infatti il più alto in assoluto, superando anche quello registrato nelle prime elezioni dopo la caduta del comunismo.
L’opposizione ha evidentemente approfittato dell’insofferenza nei confronti del governo, dovuta sia alla deriva autoritaria di questi anni sia alle conseguenze economiche e sociali della guerra in Ucraina, che ha visto Varsavia in primissima linea nell’appoggio al regime di Zelensky, quanto meno fino a poche settimane fa. I governi guidati dal PiS, sotto la regia di Kaczynski, hanno introdotto una serie di “riforme” anti-democratiche che vanno dal controllo degli organi di stampa e della magistratura al posizionamento di dirigenti fedeli ai vertici delle compagnie pubbliche, fino all’abolizione di fatto del diritto all’aborto e alla promozione di un nazionalismo spinto in campo culturale e scolastico.
Il ritorno del PiS al potere nel 2015 e la conferma nel 2019 erano stati favoriti da una certa espansione della spesa sociale, soprattutto per quanto riguarda le pensioni, i sussidi alle famiglie con figli e, in generale, ai settori più poveri delle regioni rurali polacche, vera e propria roccaforte elettorale del partito. In questo ambito, il possibile nuovo governo guidato da Tusk opererà probabilmente una svolta più o meno netta, in linea con gli orientamenti liberisti del suo partito e le sue precedenti esperienze in sede di Unione Europea.
Sulla politica estera non ci saranno invece differenze nell’allineamento alla NATO e alla campagna anti-russa in corso. Tusk ha però accusato il governo di Morawiecki di essere venuto meno agli impegni con l’Ucraina, visto che il governo ha recentemente annunciato lo stop all’invio di armi a Kiev. In precedenza, Varsavia aveva anche sospeso le importazioni di grano ucraino, venendo incontro alle richieste degli agricoltori polacchi messi in crisi dai prezzi più bassi dei prodotti provenienti dal vicino orientale in guerra.
A influire sull’inversione di rotta polacca sono stati in primo luogo ragioni di ordine elettorale, ma lo scontro con Kiev è legato anche a questioni storiche, infiammate dall’ultranazionalismo promosso dal PiS, come la disputa relativa ai territori dell’Ucraina occidentale e quella dei massacri di polacchi da parte dei collaborazionisti del nazismo di Stepan Bandera nella Seconda Guerra Mondiale.
Ci sono inoltre dinamiche strategiche più attuali a orientare le scelte di politica estera polacche, prima fra tutte la rivalità con la Germania, che si intreccia al tentativo di Berlino di imporsi come principale potenza militare europea attraverso il conflitto ucraino. Mentre il PiS, come già ricordato, ha un orientamento anti-tedesco e filo-americano, il partito di Donald Tusk rappresenta la parte della classe dirigente polacca che predilige rapporti più stretti con Germania e Unione Europea.
In entrambi i casi, l’attitudine russofoba non cambia di molto. Per Mosca, l’opzione Tusk è tuttavia peggiore, se non altro perché il “sovranismo” del partito di Kaczynski lascia intravedere la possibilità di una politica estera relativamente indipendente, come apparso chiaro nelle recenti tensioni con Kiev. Le relazioni internazionali e le questioni militari e della sicurezza sono comunque di competenza dell’ufficio del presidente della Polonia, carica occupata dal membro del PiS, Andrzej Duda.
In Europa, la vittoria della coalizione di opposizione è stata accolta con particolare entusiasmo, ufficialmente per il ritorno al rispetto dei “principi democratici” europei in Polonia, ma in realtà per la predisposizione più europeista di Donald Tusk. I toni trionfali sembrano però stemperati dalle prospettive di instabilità che attendono l’ex paese del blocco sovietico nei prossimi mesi. Anche senza una maggioranza percorribile, il PiS ha costruito un sistema di potere che non sarà facile smantellare dal nuovo governo, mentre il presidente Duda potrebbe ostacolare se non boicottare del tutto i piani di Piattaforma Civica e dei suoi alleati.
Per cominciare, è consuetudine che il presidente affidi inizialmente un incarico esplorativo al leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di voti, quindi il PiS. In molti osservatori prevedono che i vertici di quest’ultimo non lasceranno nulla di intentato e proveranno ad esempio a convincere singoli neo-deputati di alcuni partiti di opposizione a sostenere un nuovo governo a guida PiS.
In caso di fallimento, la palla passerebbe dunque a Tusk, ma i tempi potrebbero dilatarsi in maniera significativa, con alcune previsioni che individuano attorno alla metà di dicembre il momento in cui l’incarico verrà assegnato all’ex presidente del Consiglio Europeo. Le trattative tra le varie anime della coalizione che ha sconfitto il PiS non saranno ad ogni modo semplici. Le formazioni che la compongono appartengono a orientamenti anche molto diversi, come ad esempio il Partito Popolare Polacco (PSL) e la Sinistra.
Va sottolineato infine che un governo a guida Tusk faticherà ad abrogare molte delle discusse “riforme” implementate dal PiS in questi anni, visto che non disporrà della supermaggioranza costituzionalmente necessaria ad annullare il potere di veto del presidente. La minaccia di uno scontro politico molto caldo preoccupa fortemente l’Occidente e in particolare Bruxelles, perché potrebbe incidere negativamente sull’impegno a favore dell’Ucraina, contribuendo a sgretolare ancora di più l’unità del fronte anti-russo.
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