Israele non vuole un’indagine internazionale sul massacro dell’ospedale al Ahli a Gaza. E dice di fidarsi perchè sono una “democrazia”. E allora viene in mente il caso dell’assassinio della giornalista Shireen Abu Akleh.

Israele nega indagine su ospedale distrutto

L’ambasciatore di Israele presso la UE Haim Regev, nel corso di un incontro con la stampa a Bruxelles ha detto no ad una inchiesta internazionale sulla strage all’ospedale Al-Ahli a Gaza.

La motivazione? Semplice: dobbiamo fidarci di Israele perchè è una democrazia: “Il responsabile è Hamas e noi abbiamo mostrato le prove per quanto possibile poiché non possiamo condividere pubblicamente tutte le informazioni: spero che vi fidiate più di noi, di un Paese democratico, che di un’organizzazione terroristica”.

Un’affermazione dai toni beffardi, possibile solo per la sicurezza dell’impunità che in Occidente viene garantita alle azioni del governo di Tel Aviv.

Ma l’uscita dell’ambasciatore è stata tutto sommato ininfluente poichè la stampa e tanti politici italiani si fidavano già a prescindere. Basta ascoltare le quotidiani esternazioni in tv dei vari opinionisti che dagli schermi fanno a gara a plaudere alla punizione collettiva inflitta alla popolazione di Gaza.

In qualsiasi altra situazione regolata dal diritto (e dal buonsenso), rifiutare un indagine su una presunta colpa viene considerata un’ammissione di responsabilità ma questo non vale per Israele.

Ricordate quando le guardie di Israele assassinarono la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh?

L’11 maggio di un anno fa la giornalista Shireen Abu Akleh fu uccisa mentre stava seguendo un’operazione dell’esercito israeliano in un campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Morì poco dopo essere stata colpita alla testa da un proiettile.

I militari israeliani arrivarono ad aggredire persino il suo funerale. Anche allora le autorità israeliane aveva smentito categoricamente ogni coinvolgimento del proprio esercito nell’uccisione di Abu Akleh, e sostenuto che fosse stata uccisa da un proiettile sparato dagli stessi palestinesi verso i soldati israeliani, che avrebbe colpito casualmente la giornalista. Per questo aveva deciso che la polizia militare, l’organismo interno che si occupa di presunti reati compiuti dal personale dell’esercito, non avrebbe aperto nessuna indagine penale sulla morte della giornalista.

Nel settembre del 2022 l’esercito israeliano ammette per la prima volta -seppur tra mille cautele  – la possibilità che Abu Akleh fosse stata uccisa “accidentalmente” dalle proprie forze armate, ma non apre nessun procedimento.

E invece nel giugno 2022 un’indagine dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha concluso che Abu Akleh è stata uccisa da un soldato israeliano, basandosi su materiale fotografico, video, audio e sull’ispezione dei luoghi dell’attentato

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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