La sporadicità del turno elettorale del 22/23 ottobre, intrecciato tra diversi tipi di elezioni (suppletive politiche, amministrative in regione a statuto speciale, amministrative in un solo capoluogo al Sud) non permette una valutazione sui dati di natura pienamente politica.
Il solo dato che può essere valutato con sufficiente approssimazione è quello della partecipazione al voto e di conseguenza della rappresentatività del mandato assegnato (nel caso di Monza) o dell’istituzione eletta.
E’ il caso però di diffidare, ancora una volta, i media nell’uso delle percentuali circa i voti assegnati ai candidati e alle forze politiche: un dato del tutto fuorviante rispetto alla comprensione dei fenomeni in atto.
Sotto questo aspetto il caso più clamoroso è stato quello riguardante il collegio elettorale di Monza: ovviamente nella valutazione del fenomeno vanno considerati molteplici aspetti e soprattutto quello che riguarda la scarsa tensione competitiva insita nell’immaginario dello scontro elettorale e la normale scarsa appetibilità “storica” dei turni suppletivi.
Alcune considerazioni però vale la pena di svilupparle.
Andando per ordine: Adriano Galliani è stato eletto con 67.801 voti pari al 9,65% del totale degli aventi diritto (702.008) e cedendo 95.922 voti rispetto alle elezioni del 2022 quando era stato eletto Berlusconi; il voto per Berlusconi valeva il 34,4% sul totale degli aventi diritto. Ci troviamo quindi di fronte ad un calo di rappresentatività del 25% rispetto a un deficit di partecipazione complessiva del 49,84% (sul totale dei voti validi che furono 460.558 nel 2022 e 131.754 nel 2023).
Sul versante del centro-sinistra (con la desistenza del M5S se si è capito bene) Cappato ha ottenuto 52.079 voti pari al 7,41% sul totale degli aventi diritto in calo rispetto ai 124.957 voti avuti nel 2022 da Federica Perelli (18,58% sul totale degli aventi diritto): un deficit di 72.878 voti. Un calo di rappresentatività oltre l’11% che sale al 16 % se si considera l’elettorato del M5S rispetto al già segnalato deficit di partecipazione complessiva del 49,84% (il candidato del Movimento 5 stelle nel 2022 ebbe 35.741 voti pari al 5,31% sul totale degli aventi diritto).
Nella sostanza al riguardo del voto monzese si può affermare che centrosinistra e M5S siano risultati deficitari nel portare al voto il proprio elettorato di riferimento: elemento che risulta decisivo in caso di scarsa partecipazione com’era – nel caso – facilmente prevedibile.
Di complicata valutazione l’esito delle elezioni provinciali a Trento e Bolzano: prima di tutto perché le due elezioni presentavano aspetti radicalmente diversi poiché a Trento si eleggeva il presidente della Provincia (elezione diretta) e a Bolzano il consiglio provinciale su liste e sistema proporzionale puro, senza sbarramenti o soglie di maggioranza.
Nonostante una flessione del 2,40% la percentuale dei votanti a Bolzano è rimasta superiore al 70% (71,5%) con una grande differenza rispetto a Trento, provincia nella quale la percentuale dei votanti si è fermata al 58,64% con una flessione superiore al 5% quindi allineata alle medie nazionali del periodo.
Nel voto risaltano due elementi: la netta separazione negli orientamenti tra le due Province (a Trento il PATT (passato dal centro sinistra al centro destra) ha perso – in 10 anni (dal 2013)- 22.758 voti mentre a Bolzano appare in corso una situazione di deflagrazione del voto per la SVP dando spazio a formazioni come Team K di antica filiazione 5 stelle o Die Freieitlinchen indipendentista di di destra.
Infine Foggia comune dove si è votato per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.
Questo elemento non ha però contribuito ad elevare la tensione civica verso la competizione elettorale: tra il 2019 e il 2023 i voti validi infatti sono diminuiti di 9.216 unità (dato riferito ai suffragi destinati ai candidati Sindaci). La candidatura Episcopo sostenuta dal centro sinistra , dal M5S e da Azione si è affermata al primo turno con 36.801 voto pari al 30,73% sul totale degli aventi diritto; nel 2019 la candidatura Landella per il centro destra era riuscita con 36.400 voti pari al 29,64% del totale degli aventi diritto. Da segnalare la parabola del voto 5 stelle: nel 2019 il candidato del Movimento aveva ottenuto 11.970 voti pari al 9,74% degli aventi diritto, in buona parte confluiti sulla candidatura Episcopo (la candidatura del centro sinistra è salita tra il 2019 e il 2023 di 10.200 voti) mentre la candidatura del centro destra è calata di oltre 19.000 voti (da 36.400 a 17.268) incrementando, con ogni probabilità, l’astensione e il voto a candidature “civiche” come quella di Nunzio Angiola sostenuto da 4 liste a arrivato a contare 7.381 suffragi.
Nel caso di Foggia dunque è stato il centro – destra a fallire l’impresa di riportare al voto il proprio elettorato di riferimento.
E’ questo il messaggio complessivo che potrebbe essere lanciato attraverso questi spezzoni di analisi: la fase di allontanamento dalle urne prosegue, così – come nel caso della SVP – l’esposizione delle forme “storiche” di presenza politico – elettorale a forme diverse di “volatilità”.
Se questo spunto di analisi risultasse corretto il primo compito delle forze politiche sarebbe – appunto – quello di riuscire attraverso il richiamo coalizionale (stante le diverse formule elettorali in uso) a mobilitare le rispettive aree di riferimento, insomma cercare per primi “i propri”: questo punto richiederebbe l’espressione – da una parte – di elementi identitari capaci di saldarsi in un concetto di alleanza che dovrebbe però assumere tratti strategici, ed è forse questo il segreto della possibile conferma (pensando alle elezioni europee dove si voterà con il proporzionale) del rapporto FdI/centro destra. A sinistra si dovrebbe essere capaci di rispondere in analogia anche se – appunto – le europee non rappresenteranno il terreno migliore.