Tre esponenti di Ultima Generazione ieri sono stati arrestati dalla polizia e spediti a processo per direttissima per aver effettuato un blocco stradale nella tangenziale di Bologna giovedì scorso. Gli attivisti sono accusati dei reati di violenza privata aggravata e danneggiamento, ma non di interruzione di pubblico servizio, come pure chiesto dai pm. Per due di loro la misura cautelare disposta dal giudice è il divieto di dimora nel capoluogo emiliano, mentre la terza è stata sottoposta all’obbligo di firma. Per i tre dimostranti, che per aver messo in atto una protesta pacifica rischiano ora parecchi anni di carcere, il processo si aprirà il prossimo 30 novembre.

Gli attivisti che hanno partecipato al blocco stradale del 2 novembre erano in tutto dieci. Indossando pettorine e alzando cartelli, hanno bloccato il transito dei mezzi tra le uscite 8 via Michelino e 7bis Porrettana in direzione Casalecchio di Reno. Due di loro, utilizzando malta a presa rapida, hanno cementato le loro mani a terra, chiedono a gran voce un fondo da 20 miliardi «preventivo, permanente e partecipato, per riparare i danni subiti dai cittadini a causa degli eventi meteorologici estremi». In tangenziale si è formata una lunga coda di automobili e la situazione è stata sbloccata all’arrivo delle forze dell’ordine, che hanno trascinato ai bordi della carreggiata 8 dimostranti, mentre per portare via le due attiviste che avevano fissato le mani all’asfalto si è aspettato l’intervento dei vigili del fuoco e dei sanitari del 118. Dopo l’arresto e una notte passata ai domiciliari, tre indagati sono stati portati davanti al giudice, che ha stabilito le misure cautelari in vista dell’apertura del processo. Chiusa l’udienza in direttissima, che si è protratta per circa 3 ore, ad accogliere i giovani fuori dal tribunale c’era un presidio formato da una quarantina di attivisti di Ultima Generazione.

“Nelle ultime dodici ore sono morte cinque persone in Toscana, portando il governatore Eugenio Giani a dichiarare lo stato d’emergenza regionale. É proprio il concetto di emergenza che Ultima Generazione prova da più d’un anno a fare emergere nel discorso pubblico e nella consapevolezza comune. Riteniamo che ci sia un terreno comune nel quale dialogare e per questo chiediamo che vengano tempestivamente instaurate misure di prevenzione e che non si agisca esclusivamente a disastro già accaduto”, hanno dichiarato in una nota gli esponenti di Ultima Generazione, facendo valere le ragioni della propria battaglia. Nello specifico, poi, gli attivisti si chiedono come sia possibile che per un blocco stradale, “normalmente punibile con una sanzione amministrativa”, ai tre dimostranti venga “contestato il reato di violenza privata aggravata”. Un reato che, secondo il dettato dell’art. 610 del codice penale, si integra quando “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa”.

Ed effettivamente, a prescindere da ciò che si pensi dei metodi di protesta adottati dai membri del movimento ambientalista, merita perlomeno di aprire una riflessione il fatto che, per ragioni di natura politica, cittadini che manifestano il loro pensiero senza aver minacciato o esercitato violenza su cose o persone vengano mandati a processo con queste accuse. “I tre manifestanti – hanno ricordato gli attivisti – con la nonviolenza che contraddistingue Ultima Generazione, hanno bloccato una strada utilizzando i loro corpi con il solo scopo di chiedere al governo di proteggere i propri cittadini”. L’associazione ha dato il via sui propri portali a una campagna di crowdfunding per riuscire a coprire le spese processuali.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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