Lo sciopero indetto da Cgil e Uil smaschera la politica economica del governo Meloni che si è rivelata contro gli interessi dei lavoratori e dei più poveri
di Red
Che il re sia nudo lo si intuisce dal panico che si sta diffondendo tra i cortigiani della destra al governo nel momento in cui Cgil e Uil hanno dimostrato che la mobilitazione contro la seconda manovra di bilancio del governo Meloni la vogliono effettivamente portare avanti.
E già perché dover difendere una legge di bilancio che non contiene alcuna politica industriale (come a dire la verità nella tradizione degli ultimi decenni sotto i governi di tutti i colori), che porta avanti una concezione del fisco contraria alla progressività prevista dalla Costituzione repubblicana (articolo 53), che di fatto non consentirà al Servizio sanitario nazionale di funzionare non potendo coprirne le spese e le carenze di personale, che aumenta le spese militari al servizio delle esigenze internazionali dell’imperialismo occidentale a trazione Usa (vedasi il sostegno militare all’Ucraina), è cosa dura assai.
Duro assai sarà perfino spiegare al proprio elettorato (Lega) perché la Legge Fornero è ancora lì e perché si è arrivati a pensare al taglio delle aliquote di rendimento delle pensioni dei dipendenti pubblici: taglio su cui il governo dice tuttavia di aver effettuato un “ripensamento”. Non c’è comunque da dormire sonni tranquilli.
A fronte di tutto ciò la destra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) può sventolare quasi solo la riduzione del cuneo contributivo fino al 6 e al 7% a seconda dei livelli di retribuzione. Ma, a parte la natura non strutturale del provvedimento (sostenuto anche dal cosiddetto centro-sinistra) che pertanto andrà rifinanziato ogni anno, si tratta in sostanza di una partita di giro che viene finanziata con le risorse della fiscalità generale. Pertanto, per qualche decina di euro in più in busta paga ai lavoratori dipendenti si utilizzano le tasse che questi stessi lavoratori versano nelle casse dello Stato. Dato il livello raggiunto dall’evasione fiscale (100 miliardi di euro nel 2023), i dipendenti si pagano da soli una “mancia” mensile, rinunciando però a servizi essenziali come la sanità e la scuola.
Il governo che taglia ai poveri
L’esecutivo che dovrebbe ispirarsi alla cosiddetta “destra sociale” (un autentico ossimoro) si presenta al giro di boa di un anno di vita potendo vantarsi di aver abrogato il Reddito di cittadinanza per averlo sostituito con un ancor più modesto Supporto per la formazione e il lavoro, si passerà così da un importo medio di 540 euro al mese nel 2020 (dati INPS) ai 350 euro al mese. Nel frattempo si è dato ancor più mano libera alle imprese per quel che riguarda l’utilizzo di forme precarie di lavoro come il tempo determinato o i voucher.
Il governo Meloni mentre si oppone pervicacemente persino alla fissazione per legge di un salario minimo, nascondendosi dietro la difesa della contrattazione collettiva proposta dal CNEL presieduto dal “rassicurante” Brunetta, non investe le risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici colpiti da un’inflazione al 17% prodotta in gran parte dall’aumento dei costi energetici causati dalle politiche “anti-Russia” promosse dal medesimo governo.
È chiaro quindi che una compagine governativa che si presenta con questi risultati dinanzi agli elettori in vista delle europee, tema lo sciopero e cerchi di frenarlo con ogni mezzo, tentando anche di restringere con mezzi burocratici il diritto di sciopero.
Quando scriviamo non conosciamo ancora il risultato di questa astensione dal lavoro promossa da Cgil e Uil in termini di dati precisi. Comunque, Piazza del Popolo stamane era piena di manifestanti determinati a ottenere un cambiamento delle politiche economiche praticate da questo governo in senso favorevole al mondo del lavoro: sotto il profilo del rinnovo dei contratti pubblici, della protezione del potere di acquisto di salari e pensioni, di reali condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro.
D’altra parte, solo la prospettiva di mettere in campo uno sciopero generale ha scatenato il ministro Salvini che ha imposto addirittura la precettazione dei lavoratori nel settore dei trasporti. È chiaro, pertanto, che questa mobilitazione di Cgil e Uil ha rappresentato un primo vero colpo al governo dell’estrema destra, al governo della difesa dei privilegi e dell’assalto alle condizioni di vita e di lavoro della gran parte dei cittadini di questo paese.
Il mondo del lavoro ha fatto sentire la sua voce attraverso questo sciopero generale per riaffermare la sua centralità e la necessità di una politica economica che supporti e difenda i salari e colpisca le rendite e gli evasori. Una politica economica che è sempre più evidentemente legata alla fine della corsa agli armamenti e alla promozione della pace in tutti gli scenari internazionali dall’Ucraina alla Palestina.
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