Ha quasi raggiunto le 50 mila firme la petizione lanciata sulla piattaforma change.org dal gruppo Save the Dolomites – Nosc Cunfin, per la tutela del Sassolungo, cima montuosa situata nelle Dolomiti, tra la Val Gardena e la Val di Fassa. Questa meraviglia della natura (si tratta di un atollo fossile unico nel suo genere), ricca di biodiversità, è infatti minacciata da progetti di privatizzazione e cementificazione votati al profitto. In particolare, vi è in cantiere la costruzione di un nuovo impianto di collegamento, realizzato nell’ambito del progetto Val Gardena – Alpe di Siusi – Ronda, per mezzo del quale si potrebbero far arrivare ancora più turisti in questa zona. Previsto anche il rinnovo della bidonvia che porta alla Forcella di Sassolungo, la cui capacità verrà raddoppiata, con il conseguente ampliamento della stazione a monte, situata nel cuore del massiccio, che dovrebbe diventare fino a quattro volte più grande. “Questo significa che dovrà essere tolta una parte di parete rocciosa e rimossi parecchi metri cubi” riferisce l’associazione.
Come spiega Mountain Wilderness, la concessione per l’impianto di risalita che porta alla Forcella scadrà nell’autunno 2024, motivo per il quale è in progetto la costruzione di un impianto di sostituzione di quello attuale: “Se questo progetto non potesse essere realizzato, la concessione per l’impianto di risalita andrebbe perduta e l’impianto dovrebbe essere rimosso” riferisce la onlus. L’intenzione è di costruire 9 piloni di un’altezza compresa tra i 18 e i 22 metri (quella attuale è di 7-8 metri), compreso un palo a V in cemento armato per i rulli di alimentazione alla stazione a monte e aumentare così la capacità dell’impianto al trasporto di 480 persone all’ora (contro le attuali 230), per un totale di circa 3 mila al giorno. Il volume totale della stazione prevista a monte passerebbe dagli attuali 768 metri cubi a 2654, mentre la stazione a valle raggiungerebbe i 13 mila metri cubi. L’avvio dei lavori che “sconvolgeranno quest’area” è “imminente”, secondo quanto riferito da Nosc Cunfin. Si tratta di una zona che “garantisce acqua potabile per 7mila abitanti, con zone umide ad alta biodiversità e che rappresenta un habitat per flora e fauna sotto tutela”. Il progetto, denunciano, sarà finanziato con un 45% di fondi pubblici, un “un incredibile favore” destinato agli investitori, le cui conseguenze saranno pagate dalla popolazione e dall’ambiente.
La richiesta di Nosc Cunfin, dunque, è “un SÌ definitivo alla tutela del gruppo del Sassolungo nell’ambito di un parco naturale – una decisione attesa da tempo – e un NO deciso alla costruzione di nuove opere infrastrutturali in quest’area, unica nel suo genere insieme al paesaggio alpino circostante”. Lo scorso 14 settembre, il Consiglio provinciale ha deciso all’unanimità di approvare un emendamento al fine di avviare un processo partecipativo tra Provincia e Comuni interessati per la tutela della zona. Paul Köllensperger, del gruppo politico Team K (tra quelli che hanno promosso la mozione), ha affermato che «Non è solamente una questione ecologica e paesaggistica, ma anche economica: lo sfruttamento esasperato delle nostre montagne e delle loro pendici ne minaccia l’attrattività turistica per il futuro. La bellezza del nostro territorio è un tesoro da preservare per le future generazioni. Non abbiamo bisogno di altre Disneyland nelle Dolomiti». Per quanto questo rappresenti un passo in avanti, sottolinea Nosc Cunfin, non significa che si metterà in atto una vera e propria tutela del territorio.
Come spiegato da Gianluca Vignoli, presidente di Mountain Wilderness, è necessario un «cambio di passo» nella politica di cementificazione della montagna. «L’impianto attuale è nato in un contesto storico diverso da quello di oggi: bisognerebbe avere il coraggio di togliere il ferro vecchio, anziché andare a intaccare una zona dove c’è ancora un minimo di wilderness, di selvaggio, contrariamente alla parte bassa della Val Gardena dove impianti, piste da sci, alberghi hanno impattato sul territorio. Molte persone salirebbero ancora più volentieri a piedi sulla Forcella se l’impianto non ci fosse più».
[di Valeria Casolaro]