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Stiamo navigando da troppo tempo nel mare infinito del “pessimismo dell’intelligenza”: oggi l’andamento degli scioperi indetti da CGIL e UIL (e la vera e propria repressione usata verso quelli organizzati dai sindacati di base), le grandi manifestazioni delle donne, le insorgenze intellettuali che stanno dimostrandosi avverso lo stravolgimento della Costituzione (e anche lo stesso “clima” avvertito nel congresso di Sinistra Italiana al momento dell’intervento della segretaria del PD) rappresentano segnali che possono farci pensare non certo a un salto improvviso nell’ ottimismo della volontà ma – almeno – in una presa di coscienza collettiva intorno a un “ottimismo della realtà”.
Sicuramente il quadro generale intorno a noi è di grande difficoltà: la guerra che spazza via intere regioni del mondo, il “privato” che ci deruba di beni che dovrebbero risultare essenziali come l’acqua e l’ambiente naturale, la violenza esercitata a tutti i livelli, dai singoli agli Stati per sopraffare i più deboli; la differenza di genere usata come esercizio di un improprio dominio; la costrizione del bisogno che impone ai migranti di fuggire dalle loro terre per incontrare l’ignoto; la mistificazione del messaggio che viene dai “media” e cerca di farci intendere che viviamo in un mondo diverso da quello reale; l’intrusione di una sorta di etica nella vita delle persone costrette a subire coercizioni morali nell’esercizio della vita quotidiana, nella gestione dei propri corpi, nella realtà dei minuti rapporti sociali.
Rispetto a tutto questo stiamo verificando l’esistenza di una capacità di reazione ancora lontana da trasformarsi in “politica” intesa quale aggregazione di massa critica da esercitare per il cambiamento: ma la reazione esiste e va raccolta in forme e dimensioni nuove magari andando oltre la semplice richiesta di unità formale dell’esistente.