(Foto di Re:Common)
Le scuole e le università italiane da tempo stanno diventando sempre più terreno di conquista di una ideologia bellicista e di controllo securitario che si fa spazio attraverso l’intervento diretto delle forze armate (in particolare italiane e statunitensi) declinato in una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare in Italia e all’estero, e a presentare le forze armate e le forze di sicurezza come risolutive di problematiche della società civile: https://www.pressenza.com/it/2023/03/nasce-losservatorio-contro-la-militarizzazione-delle-scuole/.
Ma le scuole e le università sono “terreno di conquista” anche di altri, come denunciato da un recente Rapporto di Greenpeace e ReCommon.
“ENI è presente all’interno delle scuole secondarie superiori pubbliche e nelle università pubbliche attraverso vari modi, capillari e a volte difficili da individuare”, si sottolinea nel Rapporto. In particolare, la presenza del Cane a sei zampe si attua attraverso la formazione di docenti e studenti, il reclutamento indiretto attraverso percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO), tirocini curriculari e uscite didattiche. Ma anche attraverso i career days nelle università, e ancora tramite accordi con gli istituti universitari e finanziamenti e acquisto di ricerche e brevetti e partenariati nell’organizzazione di master e corsi di laurea e, infine, attraverso i comitati di indirizzo dei singoli corsi di laurea. ENI entra nelle scuole secondarie superiori attraverso la formazione ai docenti: “nel gennaio 2020, si cerifica nel Rapporto, l’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (ANP) ed ENI hanno organizzato una serie di seminari per la formazione dei docenti intitolata “Il futuro non aspetta”. Nella formazione dedicata ai cambiamenti climatici ENI si è astenuta dal riconoscere la propria responsabilità o quella delle multinazionali del fossile. L’ANP continua a organizzare seminari su temi di particolare rilevanza ed attualità per il lavoro dei dirigenti scolastici e dei docenti e attraverso la piattaforma Eniscuola.”
ENI offre anche altri tipi di formazione agli insegnanti attraverso la piattaforma “Educazione Digitale”, che ha il riconoscimento del Ministero dell’Istruzione del Merito. Ma anche attraverso la piattaforma “Programma il futuro”, dedicata sia a docenti che, soprattutto, agli studenti ed entra nelle scuole attraverso l’organizzazione di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO), stipulando 900 convenzioni con le scuole secondarie superiori e coinvolgendo circa 70mila studenti nei suoi percorsi online e in presenza. La nascita poi dei Licei di Scienze applicate per la transizione ecologica e digitale (Liceo TRED) rappresenta un altro esempio di come ENI sia riuscita a mettere le mani sull’istruzione pubblica.
Ma ENI entra anche all’interno delle università attraverso accordi, collaborazioni e convenzioni per i tirocini, capaci di indirizzare – e in alcuni casi influenzare – didattica e ricerca universitaria. Come ha rivelato una recente inchiesta di Greenpeace Italia, più di una università su due, in Italia, dichiara di avere in qualche modo rapporti con ENI. Ma delle università pubbliche che dichiarano di avere accordi con l’azienda o di riceverne finanziamenti, il 75% di loro ha negato a Greenpeace Italia la possibilità di poter leggere questi accordi. I finanziamenti di ENI alla ricerca passano anche attraverso lo stanziamento di fondi a vari corsi di dottorato di ricerca delle università pubbliche italiane. Al 10 maggio 2023 ENI riportava, infatti, che “le borse di dottorato di ricerca finanziate dal Cane a sei zampe e le sue Società sono 89 (R&D + Versalis + ECU).”
E la presenza dell’azienda è rafforzata dalla missione 4 del PNRR che prevede lo stanziamento di 600 milioni di euro per l’attivazione di 5.000 borse di dottorati che rispondono ai fabbisogni di innovazione delle imprese e nell’ambito della quale ENI cofinanzia diverse borse di dottorato. “Il Cane a sei zampe, sottolineano Greenpeace e ReCommon, sovvenziona master e corsi di laurea all’interno delle università pubbliche italiane, da un lato promuovendo ancora lo studio delle fonti fossili, dall’altro ponendosi come “insegnante” di sostenibilità. È il caso ad esempio del master di I livello “Idrocarburi e Riserve: Sicurezza e Controllo Ambientale nelle attività di produzione di idrocarburi naturali – IRIS” attivato dall’Università della Basilicata in collaborazione con ENI Corporate University S.p.A. e in cui la Fondazione Enrico Mattei è partner; ma anche del corso di laurea magistrale dell’Università degli Studi di Perugia “Petroleum Geology” recentemente rinominato “Geology for energy resources””.
Aggiungendo che “ENI utilizza gli atenei come bacino dove pescare forza lavoro attraverso i career days ed eventi di orientamento al lavoro, ma anche tramite l’offerta di stage e tirocini curriculari. È stato possibile individuare la presenza di personalità legate all’ENI all’interno dei comitati di indirizzo di alcuni corsi di laurea, organo che ha per l’appunto compiti di indirizzo, monitoraggio e valutazione del sistema formativo e di individuazione dei settori di sbocco professionale. È stata riscontrata la presenza della multinazionale all’interno di alcuni dei comitati tecnico scientifici sulla sostenibilità delle università, in cui ENI è chiamata, appunto, come consulente per la sostenibilità.”
“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento, questo recita la nostra Costituzione. Ma in ambito accademico, quando un’azienda interferisce nell’erogazione della didattica di un corso di laurea viola lo scopo formativo dell’università. Se i finanziamenti arrivano da realtà che hanno un impatto importante e dannoso sul clima del pianeta, è ancora più grave. Per questo chiediamo che realtà come ENI la smettano di strumentalizzare scuole e università e stiano fuori da questi pilastri del nostro futuro”, concludono Greenpeace Italia e ReCommon.
Qui per scaricare il Rapporto di Greenpeace e ReCommon: https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2023/11/b4fb3f0a-le-sei-zampe-di-eni-sulle-scuole-e-le-universita-italiane.pdf
Per permettere a studentesse e studenti di avere più trasparenza sui legami tra ENI e gli atenei, Greenpeace Italia mette a disposizione un kit di mobilitazione, con un modello già precompilato e consigli pratici per avanzare richieste di accesso agli atti e scoprire quali sono gli accordi di collaborazione tra le università e le aziende maggiormente responsabili della crisi climatica come ENI. Qui il fac simile da compilare e i consigli per una efficace richiesta di accesso agli atti. Se si decide di effettuare una richiesta di accesso agli atti presso l’università, è utile comunicarlo scrivendo una mail all’indirizzo simona.abbate@greenpeace.org. In questo modo, oltre ad essere supportarti in caso di necessità, si avrà anche un quadro completo delle richieste effettuate