Gli Ayoreo Totobiegosode del Paraguay sono l’ultima popolazione incontattata del Sud America sopravvissuta al di fuori dell’Amazzonia. Si tratta di una popolazione indigena che ha scelto di vivere completamente isolata dal resto del mondo e che dipende dalla foresta del Chaco per la propria sopravvivenza. Questa, tuttavia, è distrutta a un ritmo sempre maggiore dall’azione illegale di aziende e multinazionali, le quali stanno deforestando ampie zone per fare spazio agli allevamenti di bestiame per soddisfare la domanda internazionale di carne e di cuoio – un mercato nel quale risulta coinvolta in prima linea anche l’Italia. In questi giorni, il movimento per i diritti indigeni Survival International, attivo in tutto il mondo, ha rilanciato l’allarme riguardo la sopravvivenza della popolazione indigena, ridotta ormai a vivere in un lembo di terra sempre più ristretto.
Il terreno che legalmente appartiene agli gli Ayoreo Totobiegosode (letteralmente: “il popolo del luogo dei cinghiali”) si estende per circa 550 mila ettari. A decretarlo è la stessa legge paraguaiana, che sancisce il diritto degli indigeni alle proprie terre ancestrali anche in Costituzione. Tuttavia, l’occupazione illegale da parte delle aziende di questi territori (al momento sono cinque, secondo quanto dichiarato da Survival: Yaguareté Porã S.A., Carlos Casado S.A., River Plate S.A., BBC S.A, e Itapoti S.A.) e dei loro bulldozer ha progressivamente distrutto la foresta e l’ecosistema. L’entità del danno è visibile grazie alle foto satellitari. La battaglia degli Ayoreo incontattati – combattuta grazie ai parenti che, per difendere i propri diritti, sono stati costretti ad abbandonare la condizione di isolamento dal mondo – è di lunga data. Nel 1993, gli Ayoreo (già decimati dalla colonizzazione e dall’evangelizzazione forzata avvenuta ancora fino agli anni ’80, per via degli omicidi o della contrazione di malattie contro le quali non avevano anticorpi) hanno presentato una formale rivendicazione delle proprie terre. Dieci anni dopo, di fronte alla mancanza di azione del governo del Paraguay, si sono rivolti alla Commissione Inter-Americana (IACHR), la quale nel 2015, in attesa di emettere un giudizio, ha emanato alcune misure urgenti per il territorio Ayoreo. Nel 2016, il governo paraguaiano ha chiesto alla popolazione indigena di avviare negoziazioni formali per il trasferimento dei titoli di proprietà, con mediazione della Commissione. Nel 2021, tuttavia, quando ormai era chiaro che il governo stava usando la scusa delle negoziazioni per ritardare le trattative e proseguire con il disboscamento, la popolazione ha interrotto il dialogo e chiesto alla IACHR di emettere una sentenza urgente.
La foresta del Chaco soffre di uno dei tassi di deforestazione più alti al mondo, secondo solo a quello del Brasile. Secondo il Global Forest Watch, tra il 2001 e il 2020 l’Alto Paraguay ha perso 1,6 milioni di ettari di boschi. Tutto il Chaco paraguaiano ne ha persi 4,8 milioni, una superficie superiore a quella della Svizzera o dei Paesi Bassi. «Abbiamo parenti che vivono in forma isolata nei boschi che ancora rimangono, per questo motivo è vitale che continuino ad esistere» ha dichiarato Porai Picanerai, leader della comunità Chaidi e uno degli ultimi ayoreo che hanno abbandonato l’isolamento e che maggiormente ha denunciato, negli ultimi anni, la deforestazione e l’invasione delle terre da parte delle aziende. A fronte della manifesta scarsa intenzione, da parte dello Stato del Paraguay, di difendere le proprie popolazioni, la comunità Chadi ha realizzato, insieme alla Federazione per l’Autodeterminazione dei Popoli Indigeni (FAPI), un progetto di tutela delle terre per mezzo della geo-ingegneria. Agli indigeni sono stati forniti alcuni tablet, collegati con il Global Land Analysis and Discovery, il programma dell’Università del Maryland che indaga metodi, cause e impatto del cambiamento della superficie terrestre globale. Attraverso il monitoraggio satellitare, dunque, vengono emesse allerte in merito alla deforestazione o a possibili incendi in atto. Tuttavia, se la soluzione permette agli indigeni di conoscere in anticipo la distruzione delle terre, non può in alcun modo invertire la tendenza.
In quanto sta accadendo, l’Italia gioca un ruolo tutt’altro che secondario. Il nostro Paese è infatti il principale importatore di cuoio paraguaiano. Lo scorso anno, Survival International ha presentato all’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dei Paesi membri) un’istanza contro la conceria italiana Pasubio (che si definisce un’azienda con “senso di consapevolezza e responsabilità ambientale”), fornitrice di marchi quali Jaguar Land Rover e BMW, proprio perchè i pellami acquistati proverrebbero da aziende che occupano e distruggono illegalmente il territorio Ayoreo. Altra azienda italiana che si rifornisce da tali aziende è il Gruppo Mastrotto Spa. Tuttavia, se quest’ultima ha dichiarato di aver “avviato un dialogo” in merito, il Gruppo Pasubio non ha dimostrato la medesima volontà.
[di Valeria Casolaro]