Ieri mattina, a margine di un incontro avuto con il nuovo presidente argentino in occasione del suo insediamento e di un bilaterale con il capo di Stato uruguayano, a sorpresa il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha annunciato su X (ex Twitter) la volontà di riprendere i colloqui di pace per porre fine alla guerra nel suo Paese. Nel farlo, ha dichiarato che gli incontri andranno in scena a Davos, in Svizzera, il 14 gennaio, il giorno prima dell’inizio del World Economic Forum, che si terrà nella stessa città. Paradossalmente, però, ai colloqui non sarà presente la rappresentanza di una delle due parti in conflitto, quella russa. La formula lanciata da Zelensky, basata su una serie di principi atti a ristabilire una “pace sostenibile” in Ucraina, si sostanzierebbe infatti nuovamente nella richiesta a Mosca di ritirare tutte le truppe dal territorio internazionalmente riconosciuto dell’Ucraina. Ma la Russia – che nel 2014 ha annesso la Crimea e, nel settembre dello scorso anno, le regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia – ha già bollato simili incontri come “controproducenti”, respingendo ogni patto che implichi la cessione di territori. D’altra parte, non sembra affatto un caso che Zelensky abbia voluto programmare i colloqui proprio nei giorni in cui a Davos si svolge il WEF, cui aveva già preso parte lo scorso gennaio. La circostanza fa anzi concretamente ipotizzare come ad avere un’importante voce in capitolo sulle decisioni in merito al destino del conflitto ucraino e sulla ricostruzione del territorio martoriato dalla guerra saranno proprio i grandi attori finanziari globali.
L’annuncio del presidente ucraino emerge nel momento in cui quest’ultimo sta cercando di ottenere il sostegno del cosiddetto Sud del mondo nella guerra con la Russia. Nel messaggio condiviso su X, Zelensky ha infatti scritto di aver “incontrato il Presidente Louis Lacalle Pou per ringraziare l’Uruguay e il suo popolo per aver sostenuto la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, che “sta combattendo una dura battaglia contro gli invasori russi e allo stesso tempo sta lavorando per attuare la Formula di Pace, uno degli strumenti politici chiave per porre fine alla guerra”. A quel punto, Zelensky ha concluso esprimendo l’augurio che anche l’Uruguay partecipi “al prossimo ciclo di colloqui in Svizzera”. Si tratterà, nello specifico, della quarta sessione di incontri sul tema della pace in Ucraina, dopo quelle di Gedda, Copenaghen e Malta. A quest’ultima hanno partecipato circa 70 Paesi di tutti i continenti, ma non la Russia, che non era nemmeno invitata. Dopo il post di Zelensky, il governo elvetico si è affrettato a confermare l’appuntamento, che sarà co-organizzato da Svizzera e Ucraina: “I preparativi (…) sono in corso. Gli inviti verranno inviati. Maggiore precisione sarà data a tempo debito, in particolare per quel che riguarda la lista dei partecipanti”, ha dichiarato il Dipartimento federale degli affari esteri svizzero (DFAE). In Svizzera, Paese che aderisce alla Corte Penale Internazionale, Vladimir Putin non potrà ovviamente mettere piede, essendo stato spiccato nei suoi confronti dalla Corte un formale mandato d’arresto, ed è al contempo estremamente difficile ipotizzare che possa intervenire una rappresentanza di Mosca.
La Svizzera ha costituito uno dei perni principali nell’ottica del dibattito e della stesura dei piani inerenti la ricostruzione dell’Ucraina, avendo ospitato un importante appuntamento internazionale nel luglio 2022, in cui era stata addirittura partorita la “Dichiarazione di Lugano”, documento che avrebbe dovuto costituire il quadro per il processo della ricostruzione del territorio colpito dalla guerra, con tanto di definizione dei contributi dei partner internazionali. Non è un mistero che proprio il tema della ricostruzione abbia riunito gli appetiti dei partecipanti al forum invernale del WEF del gennaio 2023, appuntamento annuale che sarà replicato il mese prossimo nella stessa città e negli stessi giorni in cui si svolgeranno i colloqui di pace chiesti da Zelensky. In particolare, già all’inizio dell’anno corrente, fonti di Kiev avevano confermato che uno dei principali partner del WEF, BlackRock – la società d’investimenti più grande al mondo, ovviamente americana – avesse lavorato a braccetto con Zelensky per il “coordinamento degli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione” post-bellica, “incanalando gli investimenti nei settori più rilevanti e di impatto dell’economia ucraina”. Con il governo di Kiev sta collaborando al progetto anche il colosso bancario statunitense Jp Morgan, che assieme a BlackRock lavora alla nascita di una banca per la ricostruzione del Paese in conflitto capace di raccogliere capitali privati da investire nella ripresa. La prospettiva molto concreta è dunque che l’intero settore pubblico ucraino possa essere svenduto alla finanza internazionale, cosa già accaduta in passato per quanto riguarda il comparto agricolo del Paese, ormai quasi interamente nelle mani di multinazionali americane e occidentali. E che, a giovarsene, sia di nuovo l’economia statunitense.
[di Stefano Baudino]