La deforestazione nell’Amazzonia brasiliana sta scendendo per l’ottavo mese consecutivo. I dati, pubblicati dall’Istituto nazionale di ricerca spaziale (INPE) del Brasile, evidenziano come a novembre il disboscamento sia stato pari a 201 chilometri quadrati, con una perdita cumulativa che negli ultimi 12 mesi ammonta a 5.206 chilometri quadrati, il 51% in meno rispetto alla cifra annotata durante lo scorso anno nello stesso periodo. Da gennaio 2023 la deforestazione ha raggiunto i 4.977 chilometri quadrati, segnando una riduzione importante rispetto allo scorso anno. Certo, la superficie di foresta continua quindi a diminuire, ancora preda di aziende del legname e delle materie prime che la abbattono, ma il ritmo è fortemente sceso grazie alle nuove misure di protezione messe in campo dal governo brasiliano, primo passo verso un’inversione di tendenza che ora appare possibile; anche alla luce dell’impegno del presidente Lula di stroncare del tutto le organizzazioni imprenditoriali e criminali che operano nel disboscamento illegale della foresta entro il termine del mandato.

Secondo la Protezione civile brasiliana, quest’anno una delle più gravi siccità mai registrate ha colpito l’Amazzonia, causando innumerevoli danni. I fiumi si sono prosciugati e le foreste sono morte, creando condizioni ideali per la diffusione degli incendi. La siccità ha avuto un forte impatto anche sui mezzi di sussistenza e alcune comunità sono addirittura rimaste isolate, mentre l’inquinamento atmosferico si è intensificato e la sicurezza alimentare è stata compromessa. Anche il turismo e la pesca, principali fonti di reddito nella regione, sono state fortemente danneggiate. Inoltre, mentre la deforestazione nella foresta amazzonica è diminuita, ha continuato ad aumentare nel Cerrado, una savana tropicale a sud e a est dell’Amazzonia, obiettivo anch’essa dell’espansione agricola in Brasile. Inutile sottolineare come in un quadro tanto grave la protezione del principale polmone verde del Brasile, e del mondo intero, diventi irrinunciabile.

Da quando si è reinsediato al Palácio do Planalto, il presidente Lula ha posto la protezione dell’Amazzonia tra i punti fondanti dell’agenda di governo. Una rottura nei confronti dell’azione del presidente che lo aveva preceduto, Jair Bolsonaro, sotto il cui mandato (2019-2022) la deforestazione era aumentata del 75% rispetto alla media del decennio precedente, divenendo terra di conquista indiscriminata per industrie e progetti di ogni tipo. L’ex presidente aveva infatti addirittura abolito l’Agenzia incaricata di verificare il disboscamento, nonché approvato contestatissimi progetti tra cui la costruzione di un’autostrada all’interno della foresta. Lula da Silva, ha messo sotto protezione le foreste abitate da popolazioni indigene e ripreso il contrasto alle attività di frodo condotte nella foresta, riuscendo ad avviare un cambio di rotta, pur con alcuni punti oscuri nelle sue politiche, come l’appoggio alla contestata ferrovia della soia.

Quando si parla di foresta amazzonica ci si riferisce ad un vero e proprio polmone verde, fondamentale per garantire l’equilibrio climatico e la biodiversità. Una meraviglia ecologica unica al mondo che rappresenta a tutti gli effetti un immenso deposito di carbonio capace di trattenere dagli 80 ai 120 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, diventando uno strumento basilare per contrastare le emissioni nocive dell’atmosfera. I passi che il governo sta compiendo sono dunque non banali. Inoltre, sono anche state istituite sei nuove aree protette per le popolazioni indigene, per un totale di oltre 620.000 ettari. Nelle sei nuove aree protette le attività estrattive sono vietate e gli indigeni hanno il pieno diritto di svolgere attività tradizionali. Le sei aree fanno parte di un elenco di quattordici territori destinati a diventare aree protette. In queste zone la terra resta sotto la giurisdizione del governo federale e l’agricoltura e il disboscamento a fini commerciali hanno bisogno di autorizzazioni specifiche. All’ultima COP28, la conferenza internazionale sul contrasto al cambiamento climatico, Lula ha chiesto a gran voce che tutti i Paesi si adoperino per aiutare il Brasile a salvare quello che è un patrimonio del Pianeta, chiedendo in particolare ai Paesi ricchi di finanziare la conservazione delle foreste. Norvegia e Germania hanno già contribuito al Fondo per l’Amazzonia creato a questo scopo.

[di Francesca Danila Toscano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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