La ritirata francese dal Niger e la dissoluzione dell’Alleanza G5 Sahel rendono il Ciad un Paese strategicamente fondamentale per l’influenza francese e occidentale nella regione del Sahel.
Abitato da appena 17 milioni di persone su di un’area prevalentemente desertica grande quanto quattro volte l’Italia, il Ciad è un Paese del quale si parla poco nei media mainstream, ma che gioca oggi un ruolo importante dal punto di vista delle potenze occidentali, e soprattutto della Francia, che dopo i golpe militari che si sono susseguiti nella regione del Sahel ha perso posizioni importanti in quell’area un tempo soggetta al colonialismo di Parigi.
Il 17 dicembre, nel Paese saheliano ha avuto luogo un referendum costituzionale sostenuto dai militari e dal capo del governo di transizione Mahamat ibn Idriss Déby Itno, figlio dell’ex Presidente Idriss Déby Itno, rimasto ucciso in uno scontro a fuoco nel 2021 in circostanze mai del tutto chiarite. Il referendum proposto aveva l’obiettivo di risanare le divisioni politiche e comunitarie in questo Paese ricco di petrolio, ma allo stesso tempo povero e frammentato. Tuttavia, l’opposizione sostiene che il voto sia stata solo una farsa volta a permettere ai leader militari di mantenere il potere.
Dopo la morte del Presidente Idriss Déby, come ricordato, il figlio Mahamat, noto anche con il soprannome di “Kaka”, è stato scelto dai militari come Presidente ad interim a capo di un Consiglio Militare di Transizione (CMT), che ha ospeso la costituzione e sciolto il parlamento. Inizialmente, il CMT aveva promesso che le elezioni si sarebbero svolte entro diciotto mesi, salvo poi usare il proprio potere per prorogare questo periodo di tempo di altri diciotto mesi, rimandando in questo modo le prossime elezioni al 2024. Allo stesso tempo, però, il CMT ha proposto il suddetto referendum costituzionale, con il fine di decidere le modalità per lo svolgimento delle prossime elezioni.
La nuova costituzione proposta prevede la creazione di comunità autonome con assemblee locali e consigli di capi tradizionali, tra gli altri cambiamenti. Haroun Kabadi, coordinatore dei gruppi che hanno promosso la campagna per il “Sì”, sostiene che questa costituzione offrirebbe maggiore indipendenza, consentendo ai ciadiani di scegliere i loro rappresentanti locali e raccogliere tasse locali per la prima volta. Al contrario, l’opposizione ritiene che queste misure non sarebbero comunque sufficienti, e si dice favorevole ad una riorganizzazione del Ciad in forma federale.
Secondo i dati ufficiali, l’86% degli elettori ha approvato la nuova Costituzione, con un’affluenza alle urne pari al 64% degli aventi diritto.
Come anticipato, il referendum ciadiano ha avuto luogo nel quadro più ampio della ritirata delle truppe francesi dal Niger, con il Ciad che emerge come il principale alleato francese nella regione del Sahel. Dopo il ritiro forzato delle truppe francesi dal Niger, infatti, la stabilità del Ciad diventa ancor più cruciale per gli interessi francesi nella regione.
La ritirata francese dal Niger, avvenuta il 23 dicembre, segna la terza volta in 18 mesi che le truppe francesi sono state costrette a lasciare un paese del Sahel. I governi di Burkina Faso e Mali, infatti, avevano già richiesto il ritiro delle truppe francesi dopo i colpi di Stato militari nei rispettivi paesi. La stessa Francia ha dichiarato che la decisione di ritirare le circa 1.500 truppe dal Niger è avvenuta su richiesta del governo militare nigerino, instaurato dopo il golpe militare dello scorso 26 luglio.
Al momento, in Niger restano di stanza altre truppe occidentali, in particolare quelle di Stati Uniti, Italia e Germania, ma non è detto che il governo di Niamey non decida di chiedere presto anche il loro ritiro. La crescente sfiducia e opposizione anti-francese nei Paesi del Sahel, infatti, non risparmia neppure le altre potenze occidentali, con i governi di Mali, Burkina Faso e Niger che sembrano molto più interessati alla cooperazione militare con la Russia e a quella economica con la Cina.
La perdita di posizioni da parte della Francia nella regione ha anche portato alla dissoluzione de facto dell’Alleanza G5 Sahel, con Mali, Burkina Faso e Niger che hanno annunciato la loro uscita l’uno dopo l’altro. Ciad e Mauritania, gli unici membri rimasti, stanno ora aprendo la strada alla dissoluzione ufficiale di quest’alleanza nata nel 2014 per combattere l’azione dei gruppi armati ribelli nella regione saheliana, ma che in realtà ha ottenuto ben pochi risultati effettivi.
Prendendo in considerazione sia gli elementi di politica interna che quelli di politica internazionale, possiamo affermare che il Ciad si trova in una delicata fase di transizione in cui il governo militare provvisorio sta cercando di mantenere la propria presa sul potere anche con il sostegno della Francia, nel tentativo di stabilizzare il Paese e di evitare le spinte centrifughe dei localismi. Nel contesto più ampio della ritirata francese dagli altri Paesi della regione e della dissoluzione dell’Alleanza G5 Sahel, il futuro del Ciad e della regione del Sahel appare incerto, con molte sfide e incognite da affrontare, ma la tendenza generale sembra essere quella della spinta alla decolonizzazione definitiva, come dimostrato da quanto accaduto in Mali, Burkina Faso e Niger.
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