Alessandro Orsini: “Le tregue vanno prima accettate psicologicamente, poi programmate e infine organizzate. Il problema dell’Occidente oggi è psicologico. Non riesce ad accettare psicologicamente di avere perso la guerra in Ucraina con la Russia.”
Ucraina, Orsini: “Ma quale tregua”
Su tutti i media italiani, mutuati da quelli americani, da settimane, si è cominciato a parlare di possibili trattative per l’Ucraina, visto che sul terreno militare la situazione sarebbe di “stallo”. Alessandro Orsini sul magazine da lui diretto, “Sicurezza internazionale”, analizza questa possibilità.
Scrive il professore: “La tesi dominante anche in Italia è che Putin ambisca a una tregua perché “il fronte è bloccato”. È così?
In primo luogo, il fronte non è bloccato. La Russia avanza lentamente dappertutto, giorno dopo giorno. Non c’è fronte su cui gli ucraini non siano in difficoltà crescente e in cui non subiscano l’offensiva dei russi.”
Ed entra più nel dettaglio: “Siccome non posso sviscerare l’andamento dei combattimenti in tutti i luoghi, mi limito a citare due soli casi perché sono i più importanti.
Il primo riguarda Krinky, un villaggio che si trova sulla sponda orientale dell’Oblast di Kherson. I lettori sapranno che la parte occidentale di Kherson è sotto il controllo ucraino, mentre la parte orientale è sotto il controllo russo. Tra le due parti c’è il fiume Dnipro. Gli ucraini hanno attraversato il fiume Dnirpo al prezzo di perdite pesantissime stabilendo una testa di ponte a Krinky.
Una testa di ponte è una postazione costruita in territorio nemico dopo avere superato un ostacolo naturale. Si chiama “testa di ponte” perché i soldati che realizzano l’impresa devono creare un “ponte” tra le due parti per far transitare mezzi e soldati oltre l’ostacolo naturale. La testa di ponte deve diventare una fortificazione, altrimenti non può essere utilizzata come base per slanciarsi nelle difese nemiche.”
Orsini specifica: “Ebbene, Krinky non è mai diventata una fortificazione perché i russi l’hanno utilizzata come trappola per falcidiare i migliori soldati ucraini. Sono infatti soprattutto i reparti speciali che devono compiere imprese così ardimentose. Mentre scrivo, i russi hanno deciso di porre fine all’esperienza di Krinky, dove gli ucraini sono passati da 400 soldati a circa 100.
Zelensky non vuole il ritiro perché certificherebbe il fallimento ufficiale della controffensiva. Senza Krinky, gli ucraini non potranno più nemmeno ipotizzare di lanciarsi verso la Crimea. Insomma, Krinky è più una roccaforte politica che una postazione militare.”
Il professore prosegue: “Il secondo esempio riguarda l’importante città di Avdiivka nel Donetsk che ormai è spacciata proprio perché il fronte non è fermo. Putin ha detto che l’Ucraina è talmente in difficoltà che le truppe russe stanno facendo “quello che vogliamo”. Putin non rilascerebbe una dichiarazione così trionfalistica se si aspettasse qualche rovescio per mano di Zelensky.
La domanda che dovremmo porci è perché i russi avanzino lentamente rispetto alla loro potenza effettiva. La risposta è semplice.
Putin vuole risparmiare i propri soldati. Per questo motivo, preferisce aspettare che l’esercito ucraino muoia da solo sotto i colpi delle diserzioni e degli ammutinamenti, che sono sempre più numerose tra le fila ucraine, come emerge chiaramente anche dalle recenti dichiarazioni dei vertici dell’esercito di Kiev, incluso il generale Budanov.”
Orsini aggiunge: “Zelensky ha appena dichiarato di avere bisogno di 500.000 nuovi soldati per contenere l’impeto russo, ma ha anche precisato che non ha i soldi per una mobilitazione così ampia dal momento che l’Ucraina è esangue. E allora perché Putin dovrebbe lanciarsi precipitosamente all’assalto degli ucraini perdendo un numero di soldati pari a X+10 se può attendere comodamente il collasso dell’esercito ucraino perdendo un numero di soldati pari a X+1? Il fronte si muove lentamente perché l’Ucraina si sta sgretolando rapidamente. Tuttavia i media scambiano la lentezza con lo stallo.
Tutto questo mi consente di affrontare il discorso sulla tregua.”
E di nuovo sul presidente russo: “Putin non vuole una tregua in questo momento; certamente non la vuole prima di avere conquistato le città per le quali sta combattendo mentre scrivo. Per nessun motivo al mondo lascerebbe incompiuto questo lavoro.
Putin sta semplicemente anticipando alla Casa Bianca che vorrebbe una tregua dopo avere conquistato le aree in cui combatte per indurre l’Occidente a ridurre i finanziamenti all’Ucraina e rafforzare i partiti che non vogliono dare altre armi a Zelensky. Le tregue vanno prima accettate psicologicamente, poi programmate e infine organizzate.
Il problema dell’Occidente oggi è psicologico.”
E dunque, in conclusione: “L’Occidente non riesce ad accettare psicologicamente di avere perso la guerra in Ucraina con la Russia. Gli studi sui traumi insegnano che la mente umana ha bisogno di tempo per riprendersi da uno shock. Che la Russia abbia sconfitto la Nato in Ucraina è uno shock emotivo per l’Occidente. I capi della Nato hanno bisogno di tempo per assorbire il trauma ed elaborare il lutto. Per la tregua c’è tempo.”