Un nuovo anno è iniziato, ma il 2023 ha lasciato irrisolte parecchie questioni, tra cui il conflitto in corso da ormai oltre 670 giorni in Ucraina. In occasione del discorso di fine anno Putin e Zelensky hanno avuto due approcci diametralmente opposti. Il primo ha parlato della guerra in atto nel Donbass solo di sfuggita, limitandosi tra l’altro a citarla indirettamente con un plauso ai propri soldati; nel secondo discorso, ben più lungo e denso di carica emotiva, le questioni della guerra e dei «guerrieri ucraini» hanno invece ricoperto un ruolo di centrale importanza. Approcci e annunci diversi sono arrivati anche nelle conferenze stampa di fine anno, in cui le rispettive guide dei Paesi in guerra non paiono aver mostrato cenni di cedimento né essersi avvicinati alle reciproche richieste, tanto che sia Putin che Zelensky hanno dichiarato, o meglio ribadito, che la guerra finirà, ma solo sotto le loro reciproche condizioni.
I discorsi di fine anno di Putin e Zelensky sono magistrali dimostrazioni di quello che è la retorica politica in tempi guerra. Il leader del Cremlino ha portato avanti un discorso estremamente semplice e lineare, dai contenuti quasi scontati. Se non fosse stato per il brevissimo accenno ai propri «eroici» soldati un ascoltatore poco informato avrebbe potuto pensare che la guerra fosse finita da mesi. Quello di Putin è il chiaro atteggiamento di chi sa di stare vincendo non solo sul fronte militare, ma anche da quello che più conta: quello economico. Lontanissimo dal video-messaggio dello scorso anno, in cui Putin era circondato da ufficiali militari e portava avanti un discorso incentrato sulla questione bellica, il messaggio di quest’anno fa a mala pena riferimento alla guerra, perché ciò che c’è da dire di importante, è già stato comunicato in conferenza stampa. Proprio nella conferenza di chiusura del 14 dicembre, il leader del Cremlino ha infatti ribadito di volere terminare il conflitto e di volere la pace, ma che questa ci sarà solo quando la Russia avrà raggiunto i propri obiettivi: «denazificare e demilitarizzare» l’Ucraina, che dovrà mantenere uno status neutrale.
Visione completamente diversa quella del discorso di Zelensky, che parla con animo e vigore, come farebbe un capo militare per caricare i propri soldati prima della battaglia. Come ci si poteva attendere dal messaggio di fine anno di un Paese che reclama l’invasione dei propri territori, le parole di Zelensky ruotano tutte attorno al tema della guerra che si sta svolgendo da quasi due anni nel Donbass. Nelle sue dichiarazioni non si legge alcun segno di voler ritrattare le proprie posizioni, e anzi si fa riferimento alla vasta produzione domestica di droni e apparecchiature militari che Kiev intende portare avanti nel 2024. Questa dichiarazione conferma quanto comunicato il 27 dicembre, quando Zelensky ha annunciato di stare lavorando a un piano di co-produzione di armi assieme agli USA.
Sebbene non ne abbia fatto riferimento nel discorso di fine anno, anche la questione degli aiuti è urgente per Zelensky. Le recenti conferme di supporto economico da parte degli USA, così come il piano di aiuti militari avanzato da numerosi Paesi dell’UE, Italia compresa, annunciati a fine anno sono stati una vitale boccata d’aria per il presidente ucraino, ma evidentemente non bastano: servono aiuti anche da fuori. A tal proposito, nella conferenza stampa di fine anno, Zelensky si è mostrato fiducioso che gli aiuti militari e finanziari da parte dei partner esteri non smetteranno di arrivare e che ciò che è stato concordato «sarà completamente implementato». Il tema degli aiuti e dei finanziamenti è centrale tanto per Kiev quanto per Mosca. Ieri, in una visita presso l’ospedale Vishnevsky di Mosca, Putin ha infatti dichiarato che il vero nemico della Russia non è l’Ucraina, ma i suoi partner internazionali, che «pensano che l’esistenza della Russia sia inaccettabile»: il problema, stando alle parole di Putin è «con chi sta provando a usare l’Ucraina per distruggere la Russia»; ecco perché, a detta del Cremlino, la Russia è intenzionata a promuovere una pace solo dopo aver raggiunto i propri obiettivi.
Malgrado le continue diatribe sui tavoli e le discussioni di pace proposti ora da Zelensky ora da Putin, intanto, la guerra non sembra avvicinarsi ad alcuna battuta di arresto. Putin rileva come Kiev sia in ginocchio tanto dal punto di vista bellico quanto da quello finanziario, mentre nel frattempo accusa l’Ucraina di aver condotto un atto terroristico nel suo attacco a Belgorod, in cui per ora la conta di morti è salita a 25 e quella di feriti a 100. La Russia ha inoltre risposto all’attacco anche dal punto di vista militare, tanto che contrariamente a quanto sostenuto ieri, Putin ha oggi dichiarato di volere intensificare gli attacchi contro Kiev; proprio a Kiev è stata lanciata l’offensiva più dura della giornata odierna, che ha causato un grosso incendio e ucciso almeno quattro persone, morti a cui va aggiunta la vittima registrata a Kharkiv. Contro il contraddittorio atteggiamento di Putin si è espresso Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo, che in un post su X ha dichiarato come «il numero da record di droni sparati nelle ultime 24 ore all’Ucraina mostra le vere intenzioni di Mosca». La situazione, insomma, è più infiammata che mai, difatti viene da una serie di attacchi senza precedenti; e tutti questi elementi, lungi dal disegnare uno scenario pace, confermano le ultime ostinate dichiarazioni dei Presidenti dei Paesi coinvolti.
[di Dario Lucisano]