Mario Lombardo
La nomina del 34enne Gabriel Attal alla carica di primo ministro in Francia segna una nuova fase della presidenza Macron dopo l’implementazione forzata, nel corso del 2023, di due “riforme” profondamente impopolari, la prima delle pensioni e l’altra sul tema dell’immigrazione. La scelta del giovanissimo ex ministro è arrivata dopo un acceso scontro interno al governo e ai vertici della burocrazia d’oltralpe. Attal dovrebbe proiettare un’immagine di rinnovamento e modernità in vista delle elezioni europee del prossimo mese di giugno, con l’ex Fronte Nazionale che continua a essere il principale favorito. Concretamente, il neo-premier presiederà tuttavia a un’ulteriore sterzata verso destra dell’Eliseo, anche se dietro l’apparenza di un progressismo esclusivamente di facciata.
Ex membro del Partito Socialista e con precedenti incarichi di governo nell’ambito del bilancio statale, Gabriel Attal è il più giovane primo ministro della storia francese, nonché il primo in assoluto apertamente omosessuale. Queste due caratteristiche esauriscono di fatto le sue credenziali progressiste, ma costituiscono una delle principali ragioni della scelta di Macron per sostituire la premier dimissionaria, Elisabeth Borne.
L’uscita di scena forzata di quest’ultima segue un periodo di gravissima crisi per l’amministrazione Macron, destabilizzata dalle ripercussioni politiche e sociali di un’agenda imposta ai francesi con manovre anti-democratiche in assenza di una maggioranza assoluta in parlamento. Dopo mesi di proteste popolari, la “riforma” delle pensioni era stata introdotta attraverso il ricorso al discusso articolo “49.3” della Costituzione francese, che consente di bypassare il voto del parlamento. Più recentemente, invece, il governo e il partito di Macron (“Renaissance”) avevano ottenuto l’approvazione di un pacchetto sull’immigrazione grazie ai voti dell’estrema destra (“Rassemblement National” o RN) e dei gollisti (“Les Républicains” o LR) dopo una clamorosa sconfitta in aula sul testo iniziale del provvedimento.
Con il gradimento del presidente in caduta libera, si era resa così necessaria una scossa, ma la decisione di Macron – sia pure in maniera tutt’altro che sorprendente – prospetta un’azione di governo ancora più impopolare rispetto a quello uscente. Nelle dichiarazioni ufficiali e sui media “mainstream” francesi si è dato parecchio spazio alla tesi secondo la quale Macron avrebbe scelto Attal per contrastare l’ascesa dell’estrema destra. Con il leader nominale del RN, il 28enne Jordan Bardella, il premier in pectore condivide d’altronde la giovanissima età, un’impeccabile immagine televisiva e l’ostentazione di una certa energia nei dibattiti pubblici. Per questo, Attal sarebbe il leader ideale per contrastare la destra xenofoba nella prossima campagna elettorale, anche se l’opposizione al RN sarà in larghissima parte solo retorica.
Attal è comunque in tutto e per tutto un membro dell’élite francese ed è stato da sempre coltivato da quest’ultima per raggiungere i vertici dello stato e promuovere, esattamente come Macron, la trasformazione della società transalpina in senso ultra-liberista. Prima di diventare ministro dell’Educazione l’estate scorsa, al Bilancio Attal aveva partecipato alla stesura della “riforma” che ha alzato l’età e i parametri per l’accesso alla pensione. Nel suo più recente incarico, invece, aveva tra l’altro introdotto alcune misure reazionarie, come il divieto per le studentesse musulmane di indossare l’abaya nelle scuole.
Nel concreto, la strategia di Macron, che passa attraverso la nomina del nuovo governo, è di intensificare l’offensiva contro lavoratori e immigrati, ma coprendosi le spalle al centro e, possibilmente, a sinistra con un primo ministro giovane e omosessuale. In un’altra prospettiva, le politiche perseguite dall’Eliseo restano in buona parte la fotocopia di quelle dell’ex Fronte Nazionale, in una corsa verso destra che non può che favorire ulteriormente populismo e nazionalismo.
In un’intervista al network russo Sputnik, l’analista Phil Kelly ha spiegato che, “in definitiva, non è Macron ma Marine Le Pen a dettare i tempi della politica francese odierna”. Se la ex leader del RN, ha aggiunto Kelly, “si muove in una determinata direzione”, il piano prevede per il resto dello schieramento politico di “seguirla” nella stessa direzione. Al di là dei partiti che gli elettori votano, i politici che si oppongono nominalmente alla Le Pen fanno “quello che fa la destra”, ma si spacciano per progressisti perché, a proposito della scelta di Macron, hanno “un primo ministro 34enne apertamente omosessuale”.
L’ascesa di Gabriel Attal va dunque di pari passo con la mossa propagandistica che vorrebbe incollare una nuova etichetta sulle politiche dell’Eliseo dopo la crisi politica degli ultimi mesi. I contenuti tutt’altro che inediti dell’agenda del nuovo esecutivo li ha però delineati lo stesso neo-primo ministro nel suo discorso di martedì. Attal si è impegnato a proseguire nella “trasformazione dell’economia”, per “semplificare drasticamente la vita ai nostri imprenditori”, ovvero liberalizzando ulteriormente il mercato del lavoro.
La natura e l’attitudine di Attal, nonché della decisione di Macron di sceglierlo per la guida del governo, le ha spiegate candidamente il deputato del RN Jean-Philippe Tanguy in una recente intervista. Il neo-premier è un politico “furbo e calmo, dice quello che diciamo noi, ma con il sorriso e senza mai insultarci; usa i nostri argomenti in maniera più sottile” e perciò risulta “molto difficile combatterlo”.
Gabriel Attal è in sostanza la risposta di Macron alle tensioni sociali del 2023 e di quelle che attendono l’Eliseo nei prossimi mesi, in seguito sia alla persistente crisi economica sia ai riflessi degli eventi internazionali (Ucraina, Gaza). Macron e Attal dovranno tuttavia fare i conti con le stesse difficoltà in parlamento che ha dovuto affrontare il governo di Elisabeth Borne. “Renaissance”, come già ricordato, non dispone di una maggioranza all’Assemblea Nazionale, così che l’agenda legislativa più controversa del presidente dovrà essere il risultato di compromessi, soprattutto con la destra, oppure occorrerà servirsi ancora della scorciatoia dell’articolo 49.3 della Costituzione, con tutte le implicazioni del caso.
L’inseguimento della destra che si annuncia da qui al voto per le europee renderà inoltre ancora più precaria la posizione di presidente e governo. Dentro alla maggioranza sono emersi da tempo i malumori, manifestatisi in alcuni casi con dimissioni, per il costante spostamento a destra del baricentro politico del partito di Macron. Questa tendenza proseguirà in parallelo al probabile rafforzamento dell’ex Fronte Nazionale, favorito come sempre dalla strategia fallimentare dei partiti “moderati” di contrastare l’ascesa dell’estrema destra inglobandone le politiche, in particolare quelle xenofobe e anti-migranti. Sul fronte economico, l’ultra-liberismo che caratterizza Macron e il suo governo consentirà poi al RN di atteggiarsi a unico difensore del welfare e della classe media.
Divisioni e tensioni negli ambienti di governo sono peraltro già esplose subito dopo le dimissioni della premier Borne. La stampa francese ha raccontato ad esempio di un aspro confronto all’Eliseo tra lo staff di Macron e alcuni ministri ed esponenti di spicco del suo partito, come il titolare delle Finanze Bruno Le Maire e dell’Interno Gérald Darmanin, attorno alla nomina di Attal. La rabbia di entrambi sarebbe scoppiata apertamente nel corso di un vertice nel palazzo presidenziale, con uno dei consiglieri di Le Maire che avrebbe protestato all’idea di “lavorare per un ragazzo di 34 anni”.
L’apparente entusiasmo per la promozione di Gabriel Attal rischia quindi di dissolversi in fretta, mentre tensioni politiche e sociali minacciano di rendere ancora più complicata l’ultima fase del mandato alla presidenza di Macron, se non addirittura, nel caso la situazione interna e internazionale dovesse precipitare, di decretarne una clamorosa fine anticipata
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