Il potere delle immagini. Vedere centinaia di camicie nere schierarsi a Roma, la destra tesa nel saluto romano, ha provocato reazioni più diffuse e intense che non leggere le parole di Meloni o Lollobrigida sulla sostituzione etnica. Almeno, ora è più difficile negare che l’Italia abbia un problema col fascismo: è come se un ex alcolista fosse fotografato attaccato a una bottiglia di Bourbon. Le reazioni del Governo e della maggioranza a trazione di matrice fascista fanno parte della fotografia. Un ministro dell’Interno che dice che è controproducente applicare la legge. Un presidente del Senato che, da buon azzeccagarbugli, si arrampica sulle contraddizioni della Cassazione per escludere che il saluto fascista sia un reato. Una presidente del Consiglio che non rinnega la targa che mise nel teatro dell’attuale “folla oceanica”: una targa nella quale si autodefinisce “camerata”.
Nella cecità generale, sono paradossalmente i fascisti a parlare chiaro: sempre più chiaro. Pochi giorni fa, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ha gridato in Parlamento che al suo partito è particolarmente cara la frase con cui si chiude il Manifesto futurista (1909): «Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!». È un testo-incubatore del pensiero fascista. Poche righe sopra si legge: «Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna». Quindi, ha terminato il suo intervento citando una canzone della Compagnia dell’Anello che adatta Tomorrow belongs to me, la canzone che in Cabaret canta un membro della Gioventù Hitleriana: un testo di matrice nazista, con passaggi palesemente antisemiti e allusioni al fascismo, che è l’inno del Fronte della Gioventù.
In tutto questo, c’è un silenzio che fa veramente male: quello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale nel suo discorso di fine anno alla nazione non ha pronunciato neanche una volta la parola “fascismo”, o la parola “antifascismo”.
Dobbiamo essere consapevoli che stiamo tradendo il mandato di Primo Levi e della sua generazione: non stiamo ricordando, non siamo vigili. Perché il punto non dovrebbe essere discutere se una singola manifestazione di fascismo sia reato o non lo sia, ma ricordare con chiarezza perché una opinione, quella sola opinione, sia stata spogliata dalla Costituzione della libertà di essere espressa. Perché il fascismo è, sempre e comunque, «terrorismo, ignoranza, inciviltà, fondamentale anticristianesimo e antirisorgimento, e bieco apparato poliziesco delle forze conservatrici», per usare le parole di Franco Antonicelli. E lo è sia quando è esaltato dalle braccia tese ad Acca Larentia, sia quando è difeso dagli equilibrismi verbali di deputati e ministri.
Di una cosa, soprattutto, dobbiamo essere consapevoli: il disegno, a suo modo lucido, dei fascisti è riscrivere, di fatto abbattere, la Costituzione antifascista del 1948.
Quando ci troveremo a discutere del “premierato”, deve essere chiaro che la matrice “culturale” di questo ritorno ai pieni poteri dell’esecutivo senza alcun bilanciamento sta in quelle braccia tese ad Acca Larentia. Se il domani apparterrà davvero a loro, sappiamo già come sarà quel domani.