Nel silenzio internazionale, la Turchia continua a bombardare la Siria. Nella DAANES, il nuovo anno si è aperto con i bombardamenti della Turchia. Colpite infrastrutture civili, villaggi. 6 civili feriti, fra cui 2 bambini. Non c’è acqua ed energia elettrica per 2 milioni di persone.

ʺNegli ultimi giorni la Turchia ha commesso oltre cinquanta crimini di guerra sui territori della Siria del Nord e dell’Estʺ afferma in un tweet Farhad Shami, portavoce delle Syrian Democratic Forces (SDF). Tra il 12 e il 16 gennaio, i boati dei bombardamenti lanciati dall’aviazione turca hanno squarciato ancora una volta il silenzio dei cieli della Siria. Per quattro giorni la Turchia si è accanita su aree residenziali, postazioni delle Asayish (forze interne di sicurezza) e infrastrutture civili come impianti di gas ed elettricità. Bombe e droni hanno lasciato 2 milioni di persone senza acqua ed energia elettrica, mentre sei persone sono rimaste ferite: due sono bambini.

ʺErdoğan racconta al suo elettorato che sta colpendo obiettivi militari ma non è veroʺ dichiara Hassan Kocher, presidente del Consiglio Esecutivo della DAANES (Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est) in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa locale North Press. ʺLe sconfitte subite dalla Turchia sulle montagne sono disfatte per Ankara, che da tempo affronta un caos socio- politico non indifferente. Così lancia attacchi sul Rojava per distrarre il popolo turco dai problemi realiʺ dice Ruksen Muhammed, portavoce delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne).

L’ultima aggressione aerea arriva dopo la morte di 9 soldati delle Forze Armate Turche (TAF), che sarebbero stati uccisi dai guerriglieri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) sulle montagne del Kurdistan Iracheno dove da anni infiamma la guerrilla. ʺLotteremo fino alla fine contro il terrorismo del PKK dentro e fuori dai nostri confiniʺ ha scritto su X Hakan Fidan, ministro degli affari esteri per la Turchia in concomitanza ai recenti attacchi.

Ancora una volta, Fidan non perde occasione di puntare il dito contro le milizie delle YPG (Unità di Protezione Popolare) e delle YPJ appartenenti alle SDF (Syrian Democratic Forces), la coalizione a difesa della DAANES. Ankara accusa i due gruppi di essere estensioni del PKK; partito politico ritenuto terrorista dalla Turchia e dall’Occidente. ʺIl PKK non ha una base militare in Siria e qua non ha mai pianificato le sue azioniʺ spiega in una lunga intervista pubblicata su Al Monitor Mazloum Kobanî Abdî, comandante in capo delle SDF. Dalla DAANES smentiscono le dichiarazioni pronunciate da Ankara in merito alla guerrilla.

Lo spegnimento dell’incendio divampato nella clinica medica di Kobanê. Foto: YPG

I CURDI: MERCE DI SCAMBIO PER GLI INTERESSI FRA TURCHIA ED OCCIDENTE.

ʺQuesta volta pare che gli attacchi siano il prezzo da pagare per l’entrata della Svezia nella Natoʺ asserisce Ilham Ahmed, ex co- presidente del Consiglio Esecutivo del Consiglio Democratico Siriano in un’intervista pubblicata su Rojava Information Center poco dopo le operazioni militari di Natale. Il 26 dicembre, la commissione parlamentare turca ha approvato la candidatura della Svezia all’Alleanza Atlantica. Nonostante la Svezia abbia ceduto a diverse richieste di Ankara- come l’esportazione di armi verso lo Stato turco, la modifica della legge anti- terrorismo e l’estradizione di rifugiati politici curdi che la Turchia afferma siano membri di organizzazioni terroristiche- resta ancora uno step da superare: la ratifica da parte della Grande Assemblea turca (Parlamento). Una questione che si lega anche alla compravendita di altri jet F-16 con gli Usa.

Il 5 gennaio, mentre i droni turchi si scagliano contro una centrale elettrica di Qamishlo- città sul confine turco- siriano- Erdoğan incontra il Segretario di Stato degli USA Blinken per discutere l’acquisto di altri aerei da guerra bloccato dal parere contrario del Consiglio Statunitense. Tanto basta per tenere ancora la Svezia con il fiato sospeso e usare la sua candidatura come merce di scambio. ʺL’America sta facendo calcoli sbagliati. Come accade sempre in nome dell’espansione della Nato, i curdi diventano l’agnello da sacrificare sull’altareʺ afferma Ahmed.

Stazione di benzina a Tiberspiye. Foto: YPG

UNA POLITICA DI GENOCIDIO.

Dalla campagna militare del 2019 «Sorgente di Pace», che porta all’occupazione delle città di Serekaniye e Gire Spi, la Turchia ha cambiato strategia. Droni e aerei hanno mirato direttamente a personalità che hanno rivestito un ruolo di spicco nella Rivoluzione del Rojava e ha avviato periodici attacchi aerei. Solo nell’ultimo anno, Ankara ha bombardato la Siria oltre 198 volte uccidendo 105 persone.

Da novembre del 2022 fino ad oggi, ci sono state in tutto quattro operazioni militari che hanno puntato sempre alle stesse infrastrutture. La prima azione militare è stata lanciata con l’operazione «Spada ad artiglio» dopo l’attentato di Istanbul del 13 novembre 2022. A seguire c’è stata la risposta militare all’attacco davanti al ministero dell’interno di Ankara del 1°ottobre 2023 e poi la campagna di bombardamenti durante la settimana di Natale; quando sono state uccise 12 persone e circa trenta civili sono rimasti feriti.

ʺLe operazioni militari lanciate dalla Turchia gravano pesantemente sui popoli e sull’economia della DAANESʺ dice ancora Ahmed.

Parlando alla Turchia, nel discorso di fine anno, Erdoğan ha affermato:ʺC’è bisogno che tutti i Paesi e le istituzioni condannino l’omicidio di donne e bambini a Gazaʺ. Poi ha espresso un desiderio di pace. ʺDistruggere ospedali è un crimine contro l’umanità. Erdoğan esprime cordoglio per le vittime di Gaza e condanna Israele per i bombardamenti sulle strutture mediche. Ma lui cosa fa?ʺ esclama Ezize Ibrahim, co- presidente del ministero della salute della regione dell’Eufrate- Kobanê riferendosi alla clinica di Meshtaour colpita nel giorno di Natale.

ʺLa struttura aveva diversi reparti, uno sportello psicologico e un centro vaccinale. Si assistevano almeno 500 persone e i pazienti potevano avere gratuitamente le medicineʺ. Ibrahim si esprime con rammarico pensando ad un luogo di cui non c’è più traccia. ʺHo visto coi miei occhi le bombe cadere per quattro volte sull’ospedale. La Turchia ha colpito la struttura una seconda volta per impedire che i pompieri domassero le fiamme. Sento ancora le urla delle persone terrorizzateʺ conclude la funzionaria.

Area villaggio colpito durante gli attacchi di gennaio a Derbesiye, Qamishlo. Foto: Rojava Information Center

LA MINACCIA DEL RITORNO DELL’ISIS.

ʺSiamo circondati anche dalle fazioni jihadiste e dal regime di Assad. La vita è molto difficile quiʺ spiega Fatma Sino dell’assemblea della regione di Sherewa e sfollata da Afrin dopo l’occupazione turca del 2018. ʺPoi c’è la Turchia, che invece ci bombarda da sei anni. Chi va a lavorare nei campi rischia di essere colpito dai droni. Alcune settimane fa, tre donne sono morte sotto il fuoco nemico” continua Sino.

In tutta la Siria del Nord e dell’Est ci sono diversi insediamenti per la popolazione sfollata. Fatma Sino vive in uno dei cinque campi di Shahba, fra Aleppo e Afrin. Lì la crisi umanitaria è stata aggravata dall’embargo di Assad, che impedisce l’entrata dei beni di prima necessità. Tutti gli insediamenti hanno ormai raggiunto la capienza massima, e questo non fa che esasperare le condizioni di vita al loro interno. Nel campo di Al Hol, ad esempio, abitano 60 mila persone: molte di loro appartengono alle famiglie dell’Isis e arrivano da vari Paesi europei. Le condizioni di fame e miseria stanno favorendo la radicalizzazione, poiché i bambini vengono addestrati a diventare soldati dello Stato Islamico.

“Pensare che l’Isis non esista più è un grosso errore. Ogni giorno ci sono operazioni coordinate con le forze della Coalizione, che però vengono indebolite dalle azioni di Ankara. Ci sono aree colpite che ospitano campi e prigioni che detengono membri del Califfato, e ci sono tanti tentavi di evasione che le SDF non riescono a controllare se vengono attaccate. Sono morte migliaia di persone nella guerra contro l’Isis: in questo modo si rischia di tornare al punto zero e di vedere il ritorno dello Stato Islamicoʺ chiarisce Ilham Ahmed nella sua intervista. Proprio nell’ultima aggressione, un missile è caduto nei pressi della prigione Sana’a di Hasakah e ha provocato un tentativo di fuga da parte dei miliziani dell’ISIS. ʺChiediamo alla comunità internazionale di scoraggiare la Turchia nelle sue azioni. Vogliamo che ci sia stabilità nella nostra regione. Il silenzio del mondo e delle organizzazioni per i diritti umani su cosa sta accadendo è preoccupante. Contiamo sugli accordi con la Coalizione Internazionale affinché la situazione non peggiori e si eviti lo scoppio di una grande guerraʺ afferma il comandante Abdî.

Attacco aereo su Qamishlo. Nella giornata del 15 gennaio, la città è stata colpita da diversi attacchi aerei. Colpito un centro delle Asayish (forze interne di sicurezza)Foto: Rojava Information Center

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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