Dopo i grandi casi del Veneto, seguiti da quelli lombardi, è stata riportata la contaminazione da PFAS delle acque potabili anche in Piemonte, dove oltre al già noto caso di Alessandria sono stati individuate altre situazioni di inquinamento in oltre 70 comuni della città metropolitana di Torino, capoluogo incluso. A denunciarlo è un rapporto condiviso ieri da Greenpeace, che si basa sui dati ufficiali degli enti pubblici piemontesi per cui l’associazione ha mandato istanza di accesso; oltre a questo genere di dati, Greenpeace ha condotto studi in autonomia, effettuando campionamenti in aree, in cui, contrariamente a quelle di Torino e Alessandria, l’eventuale presenza di PFAS non viene monitorata, riscontrandone la presenza nel novarese. Secondo l’associazione ambientalista, nella Regione Piemonte sono circa 125.000 le persone che potrebbero aver bevuto acqua contaminata da PFAS, dato che nega per l’ennesima volta la narrazione a cui siamo stati abituati secondo la quale “si è pensato che i problemi ambientali legati ai PFAS fossero circoscritti solo ad alcune aree del Veneto”.

Le rilevazioni in Piemonte sottolineano l’urgenza che caratterizza la questione della contaminazione delle acque da PFAS, contro cui in Italia, in attesa di gennaio 2026, data in cui entrerà in vigore la direttiva comunitaria 2184/2020non è ancora presente alcuna norma. È anche per questo che molti degli enti a cui Greenpeace ha presentato istanza di accesso agli atti non sono stati disposti a fornire i dati richiesti: delle 43 istanze presentate (29 ai gestori del servizio idrico integrato, 8 alle ASL, 5 ai Comuni che gestiscono autonomamente la propria rete idrica potabile e 1 alla direzione generale di Regione Piemonte) solo 10 hanno accolto la richiesta fornendo dati “spesso illeggibili”, mentre altrettanti non hanno risposto, 11 hanno risposto che non essendo la normativa europea in vigore non sono tenuti a fornire alcun dato, 8 hanno giustificato la mancata presentazione dei dati spiegando che “non sono già in vigore leggi che impongono dei limiti alla presenza di PFAS nelle acque potabili”, e 2 hanno comunicato che ARPA Piemonte ha esplicitamente richiesto di non cercare i PFAS nell’acqua. Vista l’evidente carenza nelle risposte le stesse conclusioni del rapporto sottolineano che “le verifiche degli enti pubblici, lacunose e limitate solo ad alcune aree, sicuramente sottostimano la situazione”.

Eppure secondo Greenpeace la situazione non è da sottostimare. Nel particolare, infatti, le 125.000 persone che potrebbero avere bevuto acqua contaminata da PFAS sono entrate a contatto con il PFOA, una molecola riconosciuta dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro come cancerogena. Precisamente, Greenpeace ha avuto accesso a 671 campioni di acqua a uso potabile analizzati tra il 2019 e il 2023, nei quali nel 51% dei casi è stata riscontrata la presenza di PFAS. La maggiore concentrazione è stata rilevata nella provincia di Alessandria, nella cui area cinque comuni, quelli di Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona, hanno presentato contaminazioni di PFOA in tutti i 24 campioni raccolti negli anni. Nella città metropolitana di Torino, invece, è stata riscontrata la presenza di PFAS in 77 dei 291 comuni, e il 45% dei campioni è uscito positivo. Infine Greenpeace ha raccolto 15 campioni in diversi comuni del piemontese, interessandosi a “luoghi sensibili” come fontane e parchi; 5 di essi sono risultati positivi, di cui uno nello specifico nel comune di Galliate nel novarese, dove l’associazione ha trovato contaminazione da PFOS, una molecola del gruppo PFAS classificata come possibile cancerogeno.

I PFAS sono un gruppo che raccoglie oltre 10.000 molecole sintetiche non presenti in natura, utilizzate in vari processi industriali per la fabbricazione di prodotti come le padelle antiaderenti o qualche imballaggio alimentare. Essendo molecole fortemente stabili, esse sono impossibili da degradare nell’ambiente e sono state definite “inquinanti eterni”, e da novembre 2023 sono state riconosciute anche come cancerogene. In Italia nel 2013 è stato riscontrato “uno dei casi più gravi di contaminazione dell’intero continente europeo” tra le provincie venete di Padova, Verona e Vicenza, mentre qualche mese fa in Lombardia è stata scoperta una grave contaminazione proprio da Greenpeace. L’ennesimo caso del torinese non può in questo senso che allarmare, e far preoccupare che l’inquinamento da PFAS sia più esteso di quanto si pensi.

[di Dario Lucisano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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