E’ quello che si prova dinnanzi a ciò che i più definiscono “rischio”, parlando del genocidio che Israele perpetra, da qualche mese (nella realtà fattuale, da decenni), nei confronti del Popolo Israeliano a Gaza. Tra poche ore, assai probabilmente, a Rafah. Gran Bretagna, Francia, Cina e tanti altri stanno tentando di fermare, a parole, questo disastro che è già epocale.
L’inutilità di questi atti, più programmatici che altro, la leggiamo e la sentiamo quotidianamente ed è, appunto, sfiancante. Molto peggio è l’assoluta baldanza, il totale menefreghismo, la protervia Israeliana nel perseguire i propri scopi, che sono quelli di una pulizia etnica (va detto, va scritto). Le parole pesano, ma non come le bombe, come i morti.
Fregarsene di tutto e di tutti, ben sapendo che armi e sostegno morale arrivano in ogni caso, è la vera forza di uno come Netanyahu: non fa più nemmeno “finta” di ascoltare. Anche tramite i Ministri del suo Governo, guerrafondai e profondamente inumani, perpetra una sorta di guerra psicologica che hanno già vinto i suoi predecessori.
Inermi, quasi volutamente, stiamo qui, a indignarci e a scagliare offese contro chi, bellamente, ha “colto al balzo” gli atti terroristici di Hamas (che, qui, nessuno difende) per finire il lavoro. Tutto questo è sterile. La stessa volontà che si sta mettendo a difesa degli interessi economici nel Mar Rosso, con armi e proclami, per #Rafah non è presa nemmeno lontanamente in considerazione.
Troppo rischioso, ed è vero. Con l’Egitto difeso solo da una rete arrugginita, nessuno vuole fare un passo. Eppure la litania dei morti, che hanno un peso diverso a seconda di chi ne parla, ammonisce. Più questo, quasi nulla. Il vortice di una umanità selettiva grava su tutto il globo. Lezione inascoltata, destinata a finire sotto le macerie di Rafah. Un luogo che ha tutti i nomi che volete.