Formalmente, l’opposizione a Putin in Russia esiste ed è guidata dal partito comunista di Zjuganov. Ma essendo favorevoli all’operazione in Ucraina l’Occidente tace e preferisce costruire mediaticamente le opposizioni da “sponsorizzare”.
Russia, l’opposizione esiste ma non piace all’Occidente
Il leader dell’opposizione nella Federazione Russa si chiama Gennadij Zjuganov, presidente del Partito comunista che raccoglie circa il 20% dei consensi alle elezioni.
Il termine leader è improprio perché centrale nelle dinamiche politiche è l’intero partito e non il suo presidente. Ovviamente questo ruolo non è riconosciuto dalla nostra informazione perché il Partito comunista russo ha sostanzialmente condiviso l’operazione militare in Ucraina a difesa delle repubbliche indipendenti di Donetsk e Luhansk ma non senza critiche sulla conduzione della guerra.
Questa posizione politica, secondo il nostro sistema mediatico, dimostrerebbe l’assenza di democrazia in quel paese se messa a confronto con quella di stampo occidentale.
Difatti in Italia, per esempio, quella che viene riconosciuta come leader dell’opposizione al governo Meloni, non ha mai messo in discussione l’appoggio militare all’Ucraina o l’appartenenza del nostro paese all’alleanza atlantica.
Al contrario si innervosisce quando nella maggioranza affiorano posizioni non così convinte nella difesa degli interessi atlantici. Lo stesso avveniva all’epoca del governo Draghi quando all’opposizione si trovava l’attuale presidente del Consiglio. Ma per i menestrelli della libera stampa questo meccanismo fa parte del normale funzionamento democratico.
Aleksej Navalnyj, al contrario del Partito comunista, non ha mai inciso politicamente in patria. Si ricordano i suoi esordi intrisi di retorica nazionalista e neonazista, poi riconvertita in postura liberaleggiante (un’Emma Bonino martirizzata, a dimostrazione della stretta connessione tra liberalismo e fascismo) quando l’Occidente lo ha indorato come personaggio simbolo dell’oppressione totalitaria di Putin.
A seguito della sua morte in carcere lo stesso esercizio manipolatorio è in corso esaltando la figura della moglie; per noi nuova leader dell’opposizione.
In queste ore, in Inghilterra, si decidono le sorti del giornalista Julian Assange, reo di aver svolto il proprio mestiere. Probabilmente la Corte inglese acconsentirà all’estradizione negli Stati Uniti dove scatterà una giusta condanna a morte per alto tradimento.
Qui sì che si respira democrazia