(Foto di ACLI)
Le famiglie italiane perdono 240 euro al mese a causa dell’inflazione. È quanto emerge dalla ricerca Acli “Povere famiglie. L’impatto dell’inflazione sui redditi degli italiani”, realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref. L’Osservatorio, nato a giugno 2022, ha lo scopo di raccogliere periodicamente dati inerenti alle famiglie per interpretarne i bisogni e farsi portavoce presso il Governo di proposte concrete su politiche familiari, economiche e sociali. Questa terza indagine, presentata a Roma, rappresenta un unicum nel suo genere perché si basa su un panel di oltre 600.000 dichiarazioni dei redditi, in forma anonima, di famiglie che sono state seguite dal Caf Acli negli ultimi quattro anni.
Nel 2022 le famiglie del panel sono state 602.566. Di queste, 474.592 famiglie, pari al 79% del totale del panel, hanno perso potere di acquisto rispetto a prima del Covid a causa dell’inflazione a doppia cifra. In termini di reddito equivalente familiare si tratta di 1,9 miliardi di euro, e questo solamente per la porzione di dichiaranti coinvolti nel panel del Caf Acli. La perdita mediana di reddito familiare equivalente mensile è stata di 240 euro sul totale del panel del Caf Acli dal 2019 al 2022. Se entriamo nel dettaglio della tipologia familiare, la perdita mediana oscilla tra i 317 euro mensili delle famiglie bireddito senza carichi e i 150 euro mensili persi dalle famiglie monoreddito con carichi e dei vedovi con carichi. Se esprimiamo la perdita di potere d’acquisto in carrelli di spesa per beni primari alimentari (ipotizzando che un carrello di spesa costi all’incirca 90 euro), le famiglie bireddito senza carichi hanno perso circa 8 carrelli annuali (pari a 700 euro); i separati/divorziati senza carichi sei carrelli, come 6 sono i carrelli persi da single/unioni di fatto; fino a toccare i quattro carrelli di spesa persi delle famiglie monoreddito e dei vedovi. La perdita di potere d’acquisto in rapporto ai redditi equivalenti varia in base alla struttura familiare e si va da una perdita del 10% circa sul reddito complessivo delle famiglie di reddito senza carichi e dei vedovi senza carichi; al 4,5% dei separati/ divorziati con carichi e dei vedovi con carichi. L’incidenza della perdita sul reddito del totale del panel si attesta intorno all’8,7%.
Confrontando i dati delle dichiarazioni dei redditi dal 2020 al 2023, emerge che l’inflazione ha eroso i redditi del ceto medio più del Covid. Aumenta, infatti, il numero di famiglie entrate in povertà relativa: nel mod.730/2020 costituivano l’8,2% del panel, dato in flessione nel mod.730/2021, quando questa percentuale scese al 7,6%. Un calo dovuto in parte alla deflazione degli anni del Covid e in parte alle politiche di salvaguardia dei redditi dagli esiti del lockdown. L’inflazione ha eroso questo leggero recupero di potere di acquisto, facendo perdere centinaia di euro annui alle famiglie del panel. Nella dichiarazione dei redditi del 2023, le famiglie in soglia di povertà relativa sono passate dal 7,6% al 9,8% del panel. Analizzando i mod.730/2023 per genere e per reddito complessivo equivalente ai fini irpef, emerge poi che le donne sotto la soglia di povertà relativa sono il 58,1%, rispetto al 41,9% degli uomini (più 17%). Nel mod.730/2023 il reddito medio equivalente annuo delle famiglie con dichiaranti donne è stato di 247 euro più basso rispetto agli uomini (6.199 euro contro 6.446 euro). Per quanto riguarda la perdita di reddito equivalente a causa dell’inflazione tra il mod.730/2020 e il mod.730/2023, le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media 2.767 euro a fronte di una perdita di 2.518 euro degli uomini, quasi 250 euro in più rispetto a quest’ultimi. Gli uomini hanno visto erodere il 10% del loro reddito complessivo ai fini irpef dal mod.730/2020 al mod.730/2023; nel medesimo periodo, il reddito equivalente delle famiglie con dichiarante donna è sceso del 14%. Oltre il 90% delle dichiaranti donna in povertà relativa non risulta coniugata: è vedova, single o separata e il 34% delle restanti donne vive con almeno un figlio a carico.
Le famiglie di anziani soli in povertà relativa costituiscono l’11% del panel, a fronte del 9,4% di dichiaranti in povertà più giovani. Di questo sottogruppo il 40% sono settantenni e il 60% sono ultraottantenni. La perdita di reddito è stata di circa 2800 euro su un reddito familiare medio equivalente di 20.000 euro. Ancora una volta ad essere più penalizzate sono le donne: il rapporto tra numero di famiglie unipersonali di dichiaranti uomini rispetto al numero di famiglie di dichiaranti donne over 70 in povertà relativa è di 1 a 6, 14% contro l’86%. L’inflazione a doppia cifra e l’aumento del costo del denaro non potevano non incidere anche sugli interessi sui mutui per acquisto delle abitazioni. In generale, la media dell’aumento degli interessi sul mutuo per acquisto di abitazioni è stata di circa 340 euro annuali. Se tuttavia consideriamo soltanto i mutui accesi dal 2020 in poi, l’aumento degli interessi ha riguardato il 98% dei mutuatari ed è stato in media di oltre 1060 euro tra il 2020 e il 2022. E in queste condizioni sono molte le rinunce che si è costretti a fare, come – per esempio – lo sport che diventa un lusso: solamente il 20% delle famiglie con figli ha detratto infatti spese per le attività sportive dei figli, per un importo mediano di 210 euro.
La sintesi della ricerca si può scaricare qui.
Un’altra ricerca delle Acli “Povertà, vulnerabilità e disuguaglianza. La nuova sfida dei territori e delle comunità”, evidenzia invece come ogni cinque famiglie in povertà relativa una sia residente nelle aree interne (20,2%). La quota di nuclei familiari relativamente poveri è nettamente più bassa nei comuni polo (comune o aggregato di comuni confinanti -polo intercomunale- in grado di offrire simultaneamente tutta l’offerta scolastica secondaria, almeno un ospedale sede di DEA di primo livello e almeno una stazione ferroviaria di categoria Silver) rispetto agli ultraperiferici (7,6% Vs. 12,8%). Una famiglia monoreddito con carichi familiari che vive nei poli urbani o nelle aree attorno ai poli guadagna 14mila euro, la stessa famiglia residente in aree interne 11.947 euro. ll reddito familiare medio annuo equivalente di una famiglia bireddito senza carichi che vive in un polo urbano è di 33.254 euro, mentre il reddito di una famiglia monoreddito con presenza di carichi che vive in un’area interna del paese è di 11.947 euro. La differenza è di oltre 21.000 euro, un importo notevole, e il rapporto tra i due redditi è di 2,8 superiore a favore della famiglia bireddito urbana. La differenza media salariale per residenza a livello di Paese è di circa 3.180 euro. Si tratta di realtà che vivono una doppia deprivazione: oltre a non avere sufficienti risorse economiche, non possono usufruire neanche di servizi pubblici adeguati.
Qui la sintesi della ricerca