Il 21 febbraio a Cortina d’Ampezzo sono iniziati i lavori per la costruzione della nuova pista da bob in piano per le Olimpiadi 2026. Nonostante i costi elevatissimi, le proteste dei gruppi ambientalisti, la presentazione di una alternativa molto più pratica e sostenibile, il parere negativo del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), e i tempi a dir poco ridotti nei quali andrebbe realizzata l’opera, la mattina di mercoledì ad annunciare l’inizio della giornata è stato il suono delle motoseghe, accese per avviare lo sgombero tramite abbattimento di 500 larici secolari per la costruzione della pista. Gli ingenti danni per l’erezione del circuito non si limitano alla questione ambientale e al patrimonio naturale della città, ma toccano in maniera diretta anche gli abitanti come nel caso di Mirko Gardini, ormai ex proprietario del parco avventura di Cortina, smantellato per fare spazio a un’opera che pare avere un futuro già scritto, ed essere destinata a fare la stessa fine dell’analogo tracciato torinese.
Dopo mesi di incertezze e tira e molla, la consegna dei lavori per la realizzazione della pista da bob è avvenuta il 19 febbraio. La costruzione del circuito sarà portata avanti dall’impresa Pizzarotti di Parma e sarebbe dovuta costare oltre 81 milioni di euro, anche se le stime dei prezzi sono sempre più al rialzo e ora si attestano attorno ai 115 milioni. Il progetto prevede 625 giorni di cantiere per la realizzazione di un tracciato lungo 1.650 metri da concludersi entro marzo 2025, appena in tempo per iniziarne l’eventuale collaudo. Il disegno della pista risale al 2019 e la sua costruzione è stata fortemente voluta dall’attuale Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e dal Governatore della Regione Veneto Luca Zaia, nonostante il parere più volte contrario del CIO e l’alternativa avanzata dal sindaco di Innsbruck – che si trova in Austria a soli 80 chilometri da Cortina – il quale ha proposto in via ufficiale di affittare la pista della propria città in occasione della manifestazione sportiva.
A finire in mezzo alla questione non è stato solo il patrimonio naturale della città, ma anche Mirko Gardini, cortinese di 63 anni proprietario di un ormai smantellato parco avventure nel comune di Cortina che ha raccontato a L’Indipendente la sua storia. Parte del parco di Mirko sorgeva su terreno comunale proprio in mezzo al tracciato della pista, motivo per cui 3 mesi prima della scadenza del contratto d’affitto, a marzo del 2022, gli è arrivata notifica che le carte non sarebbero state rinnovate a causa delle nuove «condizioni di interesse pubblico». A Gardini non è stata proposta alcuna reale alternativa allo smantellamento quanto meno parziale del parco: l’unica soluzione avanzatagli è stata infatti quella di spostare la parte del parco che avrebbe fatto ostruzione alla pista in un’area più in basso, spezzando il centro a metà, opzione tuttavia irrealizzabile sia nella pratica che nella teoria. Gran parte dell’attrezzatura era infatti costruita su misura e in caso di smantellamento sarebbe stato recuperabile «al massimo il 20%» delle componenti delle strutture, il tutto senza considerare il ben più ostacolante impedimento legale dovuto alle misure di sicurezza, che sarebbero venute a mancare in caso di divisione del parco.
Mirko, spinto dall’amministrazione, ha dunque presentato al Comune le carte che attestavano il valore del centro, che arrivava a 500.000 euro, e ha inviato un’offerta di vendita dell’attività alla metà del suo prezzo, a cui tuttavia non è pervenuta risposta. Costretto a chiudere i battenti, Gardini si è occupato in autonomia dello smantellamento del parco, per cui ha dovuto spendere di prima mano 30.000 euro, senza ottenere alcun risarcimento, neanche per lo «smaltimento puro» dei materiali che componevano le strutture. Mirko è finito anche per fare appello a un avvocato, ma non è servito a niente: secondo il legale, infatti, «non sussistono gli estremi» per intentare una causa in quanto il contratto prevedeva una clausola che ne permetteva il mancato rinnovo in caso l’area del parco fosse finita per ricoprire interessi di natura pubblica. L’unico caso in cui sarebbe possibile procedere è se la pista non venisse costruita, perché in tal caso potrebbe fare ricorso per avere dovuto chiudere senza ragione.
Contro il progetto del tracciato si sono mosse numerose associazioni ambientaliste, che tanto nel 2023, ad agosto e a settembre, quanto in occasione dell’annuncio dell’apertura dei lavori di questo febbraio, si sono riunite per protestare contro l’abbattimento dei larici e a tutela del patrimonio naturale. Qualche giorno fa, i dimostranti sono stati raggiunti anche dal noto violoncellista Mario Brunello, che ha suonato in segno di protesta in mezzo al rumore delle motoseghe. I lavori della pista da bob sono a mala pena iniziati e già si prefigurano come un disastro a 360 gradi: il sindaco di Innsbruck aveva proposto solo 15 milioni di euro per poter organizzare le gare di bob, offrendo una alternativa molto più economica e sostenibile alla costruzione di una pista da zero; il danno ambientale è immenso e prevede l’abbattimento di un intero bosco di larici, in un territorio già ampiamente messo in ginocchio dalle difficoltà dei cambiamenti climatici, che avrebbe dunque bisogno di interventi di salvaguardia e tutela più che di ulteriori maltrattamenti; i tempi sono decisamente ristretti, visto che inizialmente si stimavano oltre 800 giorni di cantiere e i lavori di costruzione non sono neanche cominciati. Di contro la preoccupazione per il destino della pista è sempre più crescente, e in tanti si chiedono quanto tempo dovrà passare prima che venga abbandonata, come successe con la pista torinese costruita per le Olimpiadi del 2006; sempre se sarà pronta in tempo.
[di Dario Lucisano]