Il monopartitismo competitivo, come teorizzato da Domenico Losurdo, rivela la falsa pluralità politica nelle democrazie occidentali, sottolineando il controllo elitario e le limitate alternative per i cittadini, come accaduto nelle recenti elezioni regionali sarde.
Lo scorso 25 febbraio, si sono svolte in Sardegna le elezioni regionali per l’elezione del nuovo presidente regionale e dei sessanta membri del Consiglio regionale di Cagliari. Il lungo conteggio dei voti ha visto un testa a testa tra Alessandra Todde, candidata del centro-sinistra, compreso il Movimento 5 Stelle che ormai ne fa parte integrante, e Paolo Truzzu, candidato di un centro-destra che puntava a mantenere il controllo della regione dopo il mandato di Christian Solinas.
Alla fine, Alessandra Todde ha avuto la meglio con il 45,4% delle preferenze, contro il 45% del suo rivale, una differenza pari a circa 2.700 schede. Una cocente sconfitta per il governo di Giorgia Meloni, che si era spesa in prima persona a sostegno della candidatura di Truzzu, ma non una grande vittoria neppure per il centro-sinistra, che ottiene il governo con il consenso di meno di un quarto degli elettori sardi, vista l’affluenza alle urne pari al 52,4% degli aventi diritto. Insomma, l’ennesima dimostrazione di come il sistema politico italiano non goda della fiducia della popolazione, ridotto ad un contrasto solo apparente tra i due principali schieramenti politici.
Vi sarebbe poi da porsi qualche domanda sul sostegno di Rifondazione Comunista alla candidatura del miliardario Renato Soru, ex presidente regionale tra il 2004 ed il 2009, sostenuto da partiti come Azione di Carlo Calenda e Più Europa, che nulla dovrebbero avere a che fare con una formazione che si definisce ancora comunista. Un partito come il PRC dovrebbe sostenere candidature del cambiamento reale, non riciclare il vecchio in coalizione con partiti il cui programma rappresenta un consolidamento dello status quo. Tuttavia, questo discorso ci porterebbe lontani dal principale obiettivo di questo articolo, quello di mettere in risalto come la sedicente “democrazia” italiana (al pari di quello che accade negli altri Paesi occidentali) sia in realtà una dittatura del partito unico del libero mercato e dell’atlantismo.
Questa constatazione ci porta a rispolverare l’attualissimo concetto di monopartitismo competitivo, formulato da Domenico Losurdo, che offre una lente critica attraverso la quale analizzare le dinamiche politiche in contesti apparentemente democratici, ma sostanzialmente caratterizzati da un’egemonia politica di fatto.
Per comprendere appieno questo concetto, è fondamentale situarlo all’interno del quadro teorico sviluppato da Losurdo, filosofo e storico italiano di scuola marxista, noto per le sue analisi critiche del liberalismo e del capitalismo. Nel suo lavoro, Losurdo sottolinea come le democrazie occidentali, pur presentandosi come modelli di governo pluralisti e aperti, siano spesso caratterizzate da una sostanziale concentrazione di potere politico ed economico nelle mani di élite di potere. Questo controllo pervasivo, argomenta Losurdo, si manifesta attraverso un sistema politico che apparentemente ospita più partiti, ma in realtà permette solo a una stretta cerchia di attori politici di competere e accedere al potere effettivo.
Il concetto di monopartitismo competitivo si rifà quindi alla situazione in cui un unico partito o un ristretto gruppo di partiti, solo apparentemente diversi fra loro, dominano il panorama politico di uno Stato, escludendo o marginalizzando alternative genuine. Tale situazione avviene spesso attraverso una serie di meccanismi che limitano la partecipazione politica di gruppi o individui al di fuori dell’establishment consolidato. Tra questi meccanismi, possiamo citare la manipolazione delle leggi elettorali, la limitazione dell’accesso ai media da parte di forze politiche non allineate, e la gestione del finanziamento politico a vantaggio dei partiti dominanti.
Un aspetto cruciale del monopartitismo competitivo è la sua capacità di simulare una competizione politica genuina, mentre in realtà protegge gli interessi delle élite di potere. I cittadini possono essere indotti a credere di avere una scelta politica significativa, ma le opzioni effettive sono ristrette e il cambiamento reale rimane elusivo. Questo fenomeno è particolarmente insidioso in quanto mina la legittimità delle istituzioni democratiche, creando un circolo vizioso in cui la disillusione dei cittadini alimenta la concentrazione di potere nelle mani di pochi, esattamente quello che sta avvenendo in Italia negli ultimi anni, con l’affluenza alle urne che non cessa di far registrare record negativi.
Per Losurdo, il monopartitismo competitivo è un riflesso della natura intrinsecamente illiberale del capitalismo contemporaneo. Il sistema economico dominante favorisce l’accumulazione di ricchezza e potere nelle mani di pochi, che a loro volta influenzano e controllano il processo politico per proteggere i loro interessi. In questo contesto, le istituzioni democratiche sono spesso ridotte a una facciata dietro cui si nasconde una concentrazione del potere economico e politico.
Affrontare il monopartitismo competitivo richiede una comprensione profonda delle sue radici strutturali e un impegno per riformare le istituzioni democratiche in modo che riflettano veramente i desideri e gli interessi delle masse. Ciò potrebbe implicare una riforma delle leggi elettorali per garantire una rappresentanza più equa, la promozione di una cultura politica inclusiva che sostenga la partecipazione di gruppi diversi, e misure per ridurre l’influenza del denaro sulla politica. Tuttavia, un cambiamento radicale del sistema politico ed economico rappresenta l’unica vera via d’uscita dall’illusione della democrazia fittizia nella quale si trovano i Paesi occidentali oggi.
Prendendo come esempio le elezioni regionali sarde di recente svolgimento, abbiamo dunque voluto usare il concetto di monopartitismo competitivo secondo Domenico Losurdo al fine di guardare oltre le apparenze della democrazia liberale e ad interrogarci sulle reali dinamiche di potere che operano all’interno delle nostre società. Solo affrontando queste sfide strutturali possiamo sperare di creare sistemi politici più giusti, equi e veramente democratici.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog