Intervista a Demostenes Floros. Persiste il conflitto in Terra Santa. Quanto pesano i BRICS nella geopolitica globale. Le tensioni USA-Russia. Quanto converrebbe all’Italia un approccio incentrato su sovranità e multilateralismo.
Estratto dell’intervista di Sabato Sera Magazine a Demostenes Floros*
- Anno nuovo, guerra nuova, la situazione a Gaza quali problemi sta innescando nel precario scacchiere mondiale?
Il conflitto israelo-palestinese non nasce in conseguenza dei tragici eventi del 7 ottobre 2023, ma si trascina in tutta la sua drammaticità dal 1948. Da allora, sono trascorsi 76 anni e il popolo palestinese – frattanto depredato della propria terra dalla politica colonialista di Israele – attende il riconoscimento del proprio Stato come da numerose risoluzioni ONU. L’attacco deciso da Hamàs (e non dall’Iran) ha riportato la “questione palestinese” al centro della politica internazionale, dopo che per anni era stata volutamente dimenticata, anzitutto da USA e UE. Per quanto brutale e da condannare, esso non giustifica in alcun modo il genocidio in atto a Gaza, il cui obiettivo è l’espulsione dei palestinesi, considerati “animali”, non è un caso, che sia stato il paese che ha subito l’Apartheid, il Sud Africa, ad avere portato Israele dinanzi alla Corte dell’Aia.
Sebbene il conflitto abbia proprie specificità storiche e politiche, esso va inquadrato in un contesto più ampio dove l’oggetto del contendere è l’eventuale fine dell’unipolarismo statunitense e l’avvio di una fase multipolare segnata dai cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), oggi BRICS plus dopo il recente allargamento ad Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia.
- Ci sono spiragli per il cessate il fuoco?
Cina e Russia non hanno alcun interesse nella destabilizzazione dell’area, data la crescente influenza politica raggiunta in Medio Oriente a scapito degli USA.
L’auspicio è che la mediazione turco-qatarina porti ad un immediato cessate il fuoco.
- La situazione a Gaza ha portato in dote l’escalation nel Mar Rosso con l’aggressione dei pirati alle navi.
Da fine ottobre, gli Houthi hanno prima lanciato missili verso la città israeliana di Eliat e, successivamente, come forma di sostegno alla causa palestinese, hanno attaccato navi israeliane, o riconducibili agli interessi di Israele che muovevano nel Mar Rosso.
Gli Houthi sono una forza sciita filo-iraniana, politicamente autonoma, che governa parte dello Yemen dopo la vittoria conseguita nella tragica guerra civile contro i “filo-governativi”, sostenuti da al-Qaeda, Isis, Arabia Saudita, nonché da armi anglo-americane.
- Rischiamo una ulteriore impennata dei costi del gas o delle materie prime?
Dal Canale di Suez, ogni giorno, transita il 12% del commercio mondiale via mare, di cui una parte ha preso a circumnavigare l’Africa con conseguente aumento del costo dei noli, assicurativi e di trasporto. Al momento, la possibilità di riorientare le navi metanifere (il gas naturale liquefatto del Qatar va in Asia e non più in Europa in soccorso della quale giungono ulteriori forniture Usa), il clima relativamente mite e il calo dei consumi nel settore manifatturiero UE (aspetto preoccupante derubricato dalla politica che ci espone al rischio de-industrializzazione), stanno tenendo i prezzi relativamente bassi. Piuttosto, a febbraio, rischiamo che la scarsità di diesel determini un ulteriore aumento dei prezzi alla pompa, viste anche le sanzioni alla Russia.
Se ad oggi il conflitto in Medio Oriente non si è ulteriormente allargato, portandosi dietro i prezzi delle materie prime, lo dobbiamo più all’Iran (che ha opportunamente attribuito all’Isis le responsabilità degli attentati terroristici sul proprio territorio con decine di morti) che a quella parte dell’establishment statunitense che forse ha capito che anche il primato militare degli Stati Uniti sta scemando.
- Nel frattempo, ci stiamo dimenticando dell’Ucraina e della Russia (o vorremmo dimenticarcene). Quali sono gli scenari da tenere d’occhio? Penso alle elezioni americane o agli attriti tra Cina e Taiwan? O ce ne sono altri meno noti?
La probabile sconfitta della NATO in Ucraina avrà ripercussioni sulle prossime elezioni presidenziali USA, nonché sulla politica di “una sola Cina”, concetto ufficialmente accettato dagli stessi Stati Uniti. Nel contempo, l’impressione è che la Federazione Russa debba decidere sin dove arrivare (coprirà l’interò Mar Nero?), ma questo dipenderà anche da cosa offrirà la controparte (NATO). Gli USA non sono riusciti a riportare la Russia agli Anni Novanta e non riusciranno a fare entrare l’Ucraina nella NATO. Hanno invece ottenuto la spaccatura del rapporto politico-economico tra UE, la vera grande sconfitta, e la Russia.
- A inizio anno, si fanno buoni propositi, quale sarebbe un buon proposito per il governo italiano a livello geo-politico? Il famoso Piano Mattei per l’Africa possiamo ritenerlo un buon proposito, oppure no?
Non sono pregiudizialmente contrario al Piano anche se non sono certo di avere capito in cosa consista. Il punto è però un altro. I BRICS plus, nonostante presentino profonde divergenze politiche e contraddizioni, hanno un comune denominatore, oltre al multilateralismo, e si tratta della sovranità nazionale. Il G7, invece, non presenta contraddizioni, decide uno solo, gli Stati Uniti, questo è il problema. Se gli Stati europei non decidono di avere una loro autonomia politica pagheranno tutte le conseguenze dei conflitti, a partire dall’Ucraina.
* Demostenes Floros è responsabile Energia per il Centro Europa Ricerche di Roma nonché coordinatore e direttore scientifico del corso di Geopolitica di Università Aperta. L’intervista è stata pubblicata il 15 febbraio 2024 su Sabato Sera Magazine.