In un discorso al Parlamento europeo, la presidente della Commissione ha lanciato un appello ad investire nelle armi e nella difesa

Andrea Baranes

In un discorso al Parlamento europeo, la presidente della Commissione ha lanciato un appello ad investire nelle armi e nella difesa

Andrea Baranes

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen © The Left/Flickr

«Collettivamente, dobbiamo inviare un segnale forte alle imprese. […] L’industria della difesa in Europa ha bisogno di accedere ai capitali. […] Dobbiamo convincere i nostri finanziatori, sia pubblici sia privati a sostenere la nostra industria della difesa». Sono questi alcuni passaggi del discorso tenuto da Ursula von der Leyen al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria. Secondo la presidente della Commissione, l’Unione europea «deve svegliarsi, e rapidamente». Riguardo le armi serve una spesa migliore e maggiore che passa in primo luogo per la realizzazione di appalti pubblici su scala europea per la difesa. «Così come siamo riusciti a fare per i vaccini», sostiene von der Leyen.

I problemi nel paragone con i vaccini avanzato da Ursula von der Leyen

Se l’insieme del discorso può gettare nello sconforto, proprio questo passaggio è particolarmente significativo. La prima sensazione è di una leggerissima incongruenza nell’accostare i vaccini, creati per salvare vite umane, a sistemi d’arma, il cui scopo principale è la distruzione e l’uccisione di persone. Ma non è solo per questo che l’esempio dei vaccini colpisce in modo particolare. Ricordiamo come nel corso degli scorsi anni, per fronteggiare la pandemia molti Paesi, India e Sudafrica in testa, avevano chiesto una sospensione temporanea dei brevetti sui vaccini, sui farmaci e sui kit per diagnosticare la malattia. In pratica la richiesta di superare le rigide regole sui brevetti imposte a livello internazionale dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO nell’acronimo inglese) e in particolare dall’accordo TRIPs sulla proprietà intellettuale.

Malgrado l’emergenza legata alla necessità di agire contro la pandemia, le discussioni e i negoziati andarono avanti quasi per un anno e mezzo, ovvero dall’inizio del 2021 a giugno del 2022, quando si chiudeva la dodicesima conferenza interministeriale della stessa WTO, con un testo finale secondo diversi analisti a dir poco deludente. Di fatto nessuna sospensione dei brevetti, ma unicamente alcuni chiarimenti circa la possibilità di utilizzare le licenze obbligatorie già previste dallo stesso accordo TRIPs. Le licenze obbligatorie sono uno strumento che permette a un Paese in difficoltà economica e in emergenza sanitaria di produrre dei vaccini senza l’autorizzazione dell’impresa che detiene il brevetto (alla quale viene comunque riconosciuto un compenso economico).

In altre parole, se sul fronte interno l’Unione europea si è mossa per promuovere appalti su scala continentale per migliorare la distribuzione e garantire la vaccinazione a tutta la popolazione del Vecchio Continente, a livello internazionale la netta sensazione è che la tutela dei profitti delle multinazionali del farmaco sia stata anteposta a quella della salute umana.

Nemmeno in situazioni di emergenza si mettono in discussione i profitti e la finanziarizzazione

È proprio su questo piano che l’accostamento delle armi ai vaccini fatto da von der Leyen ha forse senso: non si rimettono in discussione i giganteschi profitti nemmeno in situazioni di emergenza. Anzi, le crisi diventano un’occasione per rafforzare ulteriormente una sempre più spinta finanziarizzazione in ogni ambito produttivo. Ricordiamo come queste dichiarazioni seguano quelle recenti dei ministri della Difesa europei secondo i quali anche gli investimenti in armi devono potere essere considerati come “finanza sostenibile” in modo da non limitare in nessun modo l’afflusso di capitali al settore della difesa.

Il perché di prese di posizione cosi forti si può forse capire meglio ricordando che tra tre mesi si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo, e poco dopo verrà nominata anche la nuova Commissione. Per chi punta a vedere confermato il proprio ruolo nelle istituzioni europee, il sostegno di un’industria potente come quella della difesa è fondamentale.

La speranza è che i cittadini europei premino chi vuole costruire la pace

A votare però sono i cittadini, non le lobby. La speranza è che sempre più donne e uomini prendano consapevolezza della follia di una corsa al riarmo in cui ogni parte pensa di potere spendere di più, di acquisire una superiorità di mezzi e tecnologica in un’infinita corsa verso guerre sempre più distruttive. La speranza è che i cittadini europei decidano di premiare chi al contrario si ostina a dire che vorremmo un’Europa che si pone come soggetto forte e autorevole non sul piano militare ma su quello diplomatico e della ricerca di soluzioni politiche e pacifiche alla risoluzione dei conflitti.

È in questa direzione che da sempre si muove la finanza etica. Escludendo ogni finanziamento all’industria delle armi. Evidenziando come oltre mille miliardi di dollari finiscano dal sistema finanziario ai produttori di armi e come siano ancora molte, troppe, le istituzioni finanziarie che sostengono persino l’industria delle armi nucleari. Cercando di opporsi al tentativo di ridurre il controllo e la trasparenza oggi previsti dalla legge 185/90 sull’export di sistemi d’arma italiani.

In altre parole, continuando a muoversi in direzione ostinata e contraria, nella speranza che gli elettori europei capiscano che a fronte di una folle corsa al riarmo, la via della pace è l’unica strada che dobbiamo e possiamo percorrere

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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