Sul Quotidiano L’Adige, giornale pubblicato in Trentino, di venerdì 23 febbraio comparivano in prima pagina due contributi a firma Aldo Civico (antropologo) e di Domenico Quirico (famoso giornalista). Gli scritti pubblicati erano molto netti e preannunciavano in realtà un evento organizzato da EUcraina, l’associazione sponsorizzata da Giovanni Kessler, ex parlamentare europeo (anche ex obiettore di coscienza a questo punto…), dal 2011 al 2017 direttore dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e nominato nel 2014 membro della commissione per la selezione del primo capo dell’Ufficio indipendente Anticorruzione dell’Ucraina.
Le espressioni erano secche ed erano tutte rivolte a convincere il lettore che l’unica soluzione è “battere Putin sul campo di battaglia” mandando più armi e risorse a Zelensky.
Sabato 24 febbraio dopo una giornata di riflessione e qualche mal di pancia, ho pensato di dover rispondere a questi signori, che ho definito “master of war”, con un piccolo contributo volutamente incisivo, che volevo venisse pubblicato nella rubrica delle lettere in cui il giornale dà spazio al dibattito dei lettori. Ho inviato il mio scritto al direttore e alla rubrica, ma visto che ad oggi, 28 febbraio, nessun riscontro è arrivato, deduco che il direttore Depentori ha ritenuto di non pubblicare la mia lettera.
Questi contributi che invio saltuariamente sono dei piccoli test per verificare quale è l’agibilità sui media e per capire quale è il limite della censura che viene eseguita, limite variabile a seconda dei momenti e delle circostanze.
Mi permetto di inviarlo alla rivista La fionda, della quale faccio parte, per rendere evidente, se ce n’era ancora bisogno, il muro di gomma che i media rappresentano in un momento cruciale in cui il mondo si avvia verso un conflitto potenzialmente globale e alcune opinioni, legittime e articolate, non sono pubblicate perchè etichettate come non conformi alla narrazione che ci vuole tutti schierati e pronti ad una nuova guerra.
Chi in questi due anni ha seguito le immagini ormai puntuali e abbondanti di cosa sta succedendo in Ucraina e a Gaza – le videocamere frontali dei soldati e dei droni insieme alle termocamere dei cecchini, ci mostrano ogni giorno la guerra fin minimi raccapriccianti dettagli, un assurdo gioco che in un attimo rende una presenza un’assenza – non può non denunciare la barbarie a cui stiamo assistendo e a cui delle èlite scriteriate ci stanno portando e abituando.
Questo mio piccolo contributo scritto voleva essere un controcanto che invocasse la fine di questo massacro, di tutte queste vite sacrificate per nulla o meglio per interessi che stanno altrove rispetto alla maggioranza dei popoli che vogliono vivere in pace.
In questo momento difficile si decidono le sorti dei prossimi vent’anni. Dipende da ognuno di noi attivarsi per fermare questa deriva di sangue e morte. Non stanchiamoci di gridare in faccia ai “master of war” che la guerra non la vogliamo ed è tempo per tutti di mettere da parte l’orgoglio e trattare la pace.
Ecco il testo:
Egregio direttore,
ho letto con grande imbarazzo gli interventi di Civico e Quirico sul vostro giornale. La posizione è chiara e cristallina e riecheggia un pò alla “vincere e vinceremo”.
Armi all’Ucraina per “battere Putin sul campo di battaglia”, dove ormai è sempre più evidente che dovremo anche pensare di mandarci i nostri soldati se si vorrà arginare l’iniziativa russa.
Ebbene questa è una narrazione tossica, che sponsorizza una guerra per procura, prima sostenuta dagli ucraini per conto degli Stati Uniti e poi lo sarà per forza da noi europei. Un pericoloso sconfinamento nella barbarie che ci si ritorcerà contro. La strategia per stressare la Russia, ben articolata nel documento della Rand Corporation “Stress Russia” del 2019, è in atto da tempo e passa attraverso il colpo di stato di Euromaidan e la guerra in Donbass. La storia non parte mai da zero e l’operazione speciale russa deve essere collocata nel bene e nel male in una sequenza storica che spesso si dimentica.
E’ ora di smettere questa reductio ad hitlerum e tornare a ragionare razionalmente sugli interessi in gioco e su come trovare un compromesso alle evidenti esigenze di sicurezza russe che sono incompatibili con la folle volontà occidentale di armare l’Ucraina in orbita Nato, con missili a pochi secondi da Mosca e laboratori biologici a Kharkiv. La crisi dei missili di Cuba dovrebbe aver insegnato qualcosa sull’importanza della sicurezza delle nazioni.
Questi sacerdoti della guerra, che poi sfilano in piazza, dovrebbero tacere e i governi dovrebbero cercare il dialogo per porre fine subito ai conflitti e a tutte queste morti assurde.
Troppi ragazzi russi ed ucraiani sono morti, mutilati, bruciati nella campagna ucraina in un tributo di vite che arriva con probabilità oltre il mezzo milione. A Gaza continuano a morire bambini e civili.
La dicotomia aggressore aggredito è inservibile se non inserita in un quadro giuridico valido per tutti. Negli ultimi trent’anni queste categorie sono state tirate per il bavero a piacimento e il diritto internazionale è diventato spesso la legge del più forte, ricco di doppi standard da applicare ai “buoni” o ai “cattivi”. Gli Stati Uniti e i loro alleati devono scegliere se scendere a compromessi con il 75% del mondo che si sta muovendo verso un nuovo ordine mondiale, o innescare un nuovo conflitto mondiale, opzione sempre più accarezzata da èlite accecate e suddite di poteri economici cinici e folli.
Per l’Italia, che ancora una volta dimostra attraverso i suoi giornalisti e politici di essere una colonia americana senza nessuna autonomia, sarebbe bello immaginare una vera indipendenza e un nuovo risorgimento fuori dall’abbraccio violento e prevalicatore della NATO e degli Stati Uniti che usano le nostre basi per colpire obiettivi e fornire intelligence contro la Russia. Ma è solo un sogno.
Intanto sul campo, il sangue continua a scorrere, gli uomini a morire in una barbarie paragonabile alla prima guerra mondiale e una banda di prezzolati “master of war” dai loro megafoni urlano che ci vuole più guerra. Più armi. Più morti.
La guerra è un’opzione nefasta e chi, sia in ambiente economico che politico, pensa che possa essere la soluzione in alternativa alla risoluzione delle controversie con il dialogo, si sporca o ha già le mani sporche di sangue.
Stiamo vivendo una fase prebellica che ci porterà ad un’economia di guerra e ad un clima paragonabile alle fasi storiche precedenti ai due conflitti mondiali. Sappiamo come è andata a finire, chi ci ha rimesso e soprattutto chi ci ha guadagnato.
Ancora una volta, ascoltando questi giornalisti e politici “interventisti”, torna in mente il famoso verso cantato da Boris Vian….”se ci sarà bisogno di sangue ad ogni costo….andate a dare il vostro se vi divertirà.”
Le parole sono pietre e questi signori si assumeranno tutta la responsabilità del disastro che stanno evocando.
Cordiali saluti
Michele Berti