Mercoledì 20 marzo gli attivisti del movimento Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni (BDS) hanno protestato davanti alla sede del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) a Losanna, in Svizzera, per chiedere che Israele non partecipi alle prossime Olimpiadi di Parigi a causa dei crimini di guerra commessi a Gaza. A fare alzare la mobilitazione, oltre alla questione contenutistica, è anche una constatazione di principio, ossia il riconoscimento della applicazione di un doppio standard quando si tratta di Israele. Il movimento BDS ricorda a tal proposito gli anni in cui al Sudafrica vennero negati dapprima l’invito e poi la partecipazione alle Olimpiadi, per il suo rifiuto a condannare l’apartheid. Oggi si potrebbe fare un analogo esempio con i casi degli atleti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia, a cui sarà permesso di partecipare solo dietro bandiera del CIO, e a cui verrà negata la possibilità di sfilare alla cerimonia di apertura; mentre invece, per gli omologhi israeliani, non è stato fatto niente.
Il sit-in di protesta tenutosi ieri fa parte di una campagna di mobilitazione lanciata dal movimento BDS ormai un mese fa, martedì 20 febbraio. Tra le iniziative per “interrompere pacificamente la strada verso Parigi 2024” vi era la partecipazione a eventi di protesta che avrebbero dovuto avere luogo proprio a Losanna tra venerdì 15 e domenica 17 marzo, così come atti di dimostrazione agli eventi pre-olimpici e di qualificazione. Il movimento BDS ha poi invitato a organizzare eventi di sensibilizzazione sul tema della repressione israeliana nello sport palestinese, e infine lanciato una petizione con relativa raccolta firme. Con questi eventi e atti dimostrativi, la campagna punta a escludere Israele dalla partecipazione delle Olimpiadi di Parigi 2024. Tale rivendicazione è portata avanti ai sensi della Convenzione internazionale contro l’apartheid nello sport, un documento redatto nel 1985 sulla scia della precedente Dichiarazione contro l’apartheid nello sport del 1977, concepita per affermare la piena condanna internazionale all’apartheid in Sudafrica. La Convenzione e la Dichiarazione sono due documenti sui quali si fonda l’intero universo del diritto sportivo, e sono alla base della concezione dello sport come mezzo di promozione dei diritti umani, e della condanna nei confronti delle violazioni di quei valori generalmente riconosciuti come universali.
Proprio per quest’ultimo punto il movimento BDS ci ha tenuto a sottolineare l’incoerenza dei Paesi del blocco occidentale quando si tratta di Israele, evidenziando la applicazione di due pesi e due misure nel giudizio di situazioni analoghe. Lo stesso Sudafrica venne infatti escluso dalle Olimpiadi per anni per avere mancato di riconoscere l’apartheid, mentre oggi l’applicazione di un doppio standard è facilmente riscontabile guardando i trattamenti riservati alla Russia, che non ha potuto partecipare agli Europei di calcio, mandare i propri artisti all’Eurovision, e cui atleti non potranno gareggiare in quanto rappresentanti alle Olimpiadi. Nello specifico, alle Olimpiadi 2024, gli atleti russi, così come quelli bielorussi, non potranno sfilare alla cerimonia di apertura, portare la propria bandiera, ascoltare il proprio inno in caso di vittoria di una competizione, e indossare qualsivoglia genere di simbolo nazionale. Oltre a ciò, le squadre non saranno ammesse, e anche gli atleti provenienti dall’esercito verranno esclusi dalla competizione.
La politica occidentale del “doppiopesismo” non è certamente una novità. A tal proposito basterebbe pensare al modo in cui venivano, e vengono tutt’ora, descritte le proteste in Moldavia e quelle in Georgia, la cui narrazione segue un rigidissimo schema dai ricordi manichei di bianco/nero, buono/cattivo, privo di ogni genere di sfumatura; o ancora si potrebbe guardare al caso di Cuba e all’uso strumentale del concetto di “diritti umani” da parte degli Stati Uniti. Perché al di là delle opinioni in merito, proprio di diritti umani si parla. Si può essere d’accordo o in disaccordo con le rivendicazioni della Dichiarazione e della Convenzione, ma la loro applicazione esula dall’interpretazione dei loro contenuti, ed entra nel merito del diritto internazionale. Israele è attualmente sotto indagine presso la Corte Internazionale di Giustizia con l’accusa di avere violato la Convenzione sul genocidio. In Palestina i bambini muoiono di fame, e quella stessa fame viene utilizzata da Tel Aviv come vero e proprio strumento di guerra. Israele sta violando apertamente i diritti umani, ma viene trattata diversamente da chi lo ha fatto nel passato o viene accusata di starlo facendo oggi. È proprio in questo che consiste il doppiopesismo occidentale.
[di Dario Lucisano]