Per la prima volta, all’interno di una bozza del Consiglio europeo è stata messa nero su bianco l’esigenza di un piano d’emergenza in caso di attacco militare e la necessità “imperativa” di mettere in atto una “preparazione militare-civile rafforzata nonché coordinata”, oltre che una “gestione strategica delle crisi nel contesto dell’evoluzione del panorama delle minacce”. Nel testo si invita specificamente la Commissione UE a mettere in atto “azioni per rafforzare la preparazione e la risposta alle crisi a livello dell’UE in un approccio che tenga conto di tutti i rischi e di tutta la società, in vista di una futura strategia di prontezza”. La bozza è in discussione al vertice del Consiglio UE, in corso da ieri, dove è stato peraltro dato il via libera sull’utilizzo dei profitti degli asset russi congelati per finanziare l’invio di ulteriori armi in Ucraina.
L’ipotesi di mettere mano a un vero e proprio programma d’emergenza per fronteggiare un possibile attacco bellico sarà dunque vagliata dai leader dei Paesi membri, riuniti a un tavolo incentrato sulle prospettive che l’attuale escalation nell’Europa orientale potrebbe aprire. Che si contempli in maniera sempre più concreta la crescente minaccia di un conflitto armato è evidente dal fatto che il passaggio in cui si fa riferimento alla preparazione dei civili a un potenziale periodo di guerra sia stato inserito all’interno della sezione “militare” del documento. A margine della prima giornata di colloqui, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’accordo raggiunto dai leader per utilizzare i proventi degli asset russi congelati potrà permettere di disporre per l’anno corrente di tre miliardi di euro da investire per acquistare equipaggiamenti militari da fornire all’Ucraina. E mentre l’ipotesi di creare eurobond per la difesa è appoggiata da Italia, Spagna, Lituania ed Estonia, sul punto hanno espresso perplessità Germania, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. A spronare i leader a intensificare lo sforzo bellico in supporto a Kiev è stato, come da copione, il presidente ucraino Volodymir Zelensky, il quale ha manifestamente criticato l’entità del sostegno dei Paesi membri, a suo dire insufficiente per piegare le forze russe. «Purtroppo, l’uso dell’artiglieria in prima linea da parte dei nostri soldati è umiliante per l’Europa, nel senso che l’Europa può dare di più, ed è fondamentale dimostrarlo adesso», ha dichiarato Zelensky, aggiungendo che «i sistemi di difesa aerea esistenti non sono sufficienti a proteggere l’intero nostro territorio dal terrorismo russo», dal momento che l’obiettivo è quello di «far sì che Putin perda la battaglia per il cielo ucraino». Il presidente ucraino ha dunque chiesto un concreto cambio di passo, affermando che «questa è la guerra della Russia non solo contro l’Ucraina, ma contro tutti noi, anche contro i vostri paesi, contro tutta la nostra Europa e lo stile di vita europeo».
Lo scenario che si sta progressivamente tratteggiando era già stato delineato dalle parole espresse dal presidente del consiglio europeo, Charles Michel, in un intervento pubblicato alcuni giorni fa da vari media europei (La Stampa nel nostro Paese), il cui autore ha dichiarato che «se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra». «Oggi ci troviamo di fronte alla più grande sfida alla sicurezza dalla Seconda Guerra Mondiale, dobbiamo quindi rafforzare la nostra capacità di difesa – ha detto Michel –. Ciò richiederà un cambiamento radicale e irreversibile nel nostro modo di pensare, verso una mentalità di sicurezza strategica». Massimo sforzo, dunque, dovrà essere veicolato dall’Europa nella cornice del conflitto russo-ucraino secondo Michel, il quale si è detto convinto che «mentre rafforziamo la nostra capacità di difesa, dobbiamo garantire che l’Ucraina ottenga ciò di cui ha bisogno sul campo di battaglia», dal momento che «i soldati ucraini hanno urgentemente bisogno di proiettili, missili e sistemi di difesa aerea per controllare i cieli». Il presidente del Consiglio Europeo aveva già anticipato che occorresse utilizzare «il bilancio europeo per acquistare attrezzature militari per l’Ucraina e utilizzare i profitti inattesi derivanti dalle attività immobilizzate della Russia per acquistare armi per l’Ucraina», puntando a «raddoppiare ciò che acquistiamo dall’industria europea entro il 2030». Parole che hanno riecheggiato quelle pronunciate solo tre settimane fa dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che in un intervento di fronte al Parlamento Europeo aveva affermato che «la guerra non è impossibile, l’Europa si armi: la libertà della Unione europea è in gioco» e che «servono più armi, dobbiamo produrne di più come abbiamo fatto con i vaccini».
[di Stefano Baudino]