La legge “contro l’estremismo” in salsa britannica è stata annunciata alcuni giorni fa dal primo ministro Rishi Sunak, con l’obiettivo dichiarato di «bandire individui e gruppi ritenuti estremisti dalla vita pubblica». Non è detto che si farà, perché la polemica è prontamente scoppiata e forti sono le proteste di associazioni, Ong e politici di opposizione, che denunciano le possibili derive contro la libertà di parola. Tuttavia, già il fatto che se ne parli rappresenta una notizia, visto che la bozza non è poi molto dissimile da una analoga legge in vigore nella Russia di Putin, che proprio il governo del Regno Unito è in prima fila a criticare. D’altra parte è timore diffuso che, proprio come in Russia, la legge potrebbe essere utilizzata ben oltre il perimetro del contrasto al terrorismo per diventare uno strumento repressivo contro dissidenti e movimenti di opposizione. Un timore, malgrado le rassicurazioni governative, amplificato dalle parole dello stesso Commissario britannico per la lotta all’estremismo, Robin Simcox, che in una intervista rilasciata al Telegraph ha ammesso candidamente che la proposta di legge nasce dalla volontà di fermare le mobilitazioni per la Palestina, perché «non dovrebbe più essere permesso che Londra sia trasformata in una zona interdetta agli ebrei ogni fine settimana», riferendosi alle regolari marce che riempiono la capitale e altre città contro il massacro israeliano su Gaza.

In Russia la legge sull’estremismo risale al 2002. Grazie all’ampio margine di discrezionalità che un simile termine generico consente, nel tempo sono state apportate via via diverse modifiche e inserite nuove tipologie di reato legate all’estremismo adattate alla contingenza del momento storico (le più recenti sono, ad esempio, quelle che colpiscono chi critica la “operazione speciale militare” in Ucraina, cioè la guerra e l’invasione russa). Una legge quindi considerata “liberticida” dalla gran parte dei Paesi europei e dagli Usa. Eppure, sin dall’impianto iniziale le due norme, quella russa e quella inglese in via di approvazione (se sarà approvata) non sembrano poi così differenti.

Prendiamo quella proposta dal ministro inglese, Gove. Nel secondo paragrafo recita: «L’estremismo è la promozione o il progresso di un’ideologia basata sulla violenza, sull’odio o sull’intolleranza che mira a negare o distruggere i diritti e le libertà fondamentali degli altri; indebolire, ribaltare o sostituire il sistema britannico di democrazia parlamentare liberale e di diritti democratici; creare intenzionalmente un ambiente permissivo affinché gli altri possano ottenere (quei) risultati».

Vediamo invece i principi di base della legge russa contro l’estremismo: «cambiamento violento dei fondamenti del sistema costituzionale e (o) violazione dell’integrità territoriale della Federazione Russa (inclusa l’alienazione di parte del territorio della Federazione Russa); giustificazione pubblica del terrorismo e di altre attività terroristiche; incitamento all’odio sociale, razziale, nazionale o religioso; propaganda dell’esclusività, superiorità o inferiorità di una persona sulla base della sua appartenenza sociale, razziale, nazionale, religiosa o linguistica o del suo atteggiamento nei confronti della religione; violazione dei diritti, delle libertà e degli interessi legittimi di una persona e di un cittadino, a seconda della sua appartenenza sociale, razziale, nazionale, religiosa o linguistica o del suo atteggiamento nei confronti della religione; ostacolo alle attività legittime di organi statali, governi locali, commissioni elettorali, associazioni pubbliche e religiose o altre organizzazioni, unito alla violenza o alla minaccia del suo utilizzo».

Non sembra che in questo assunto di base della norma russa ci siano poi elementi più repressivi di un qualsiasi “Stato democratico liberale”. Anche se chiaramente la differenza sta poi nell’applicazione. Norme scritte con concetti tanto vaghi possono infatti prestarsi ad usi più o meno restrittivi, anche innestando di volta in volta nuovi articoli di legge, correzioni o aggiunte che l’aleatorietà giuridica del concetto di “estremismo” permette. Anche perché una legge contro il terrorismo in Inghilterra, come in altri Stati, esiste già. L’ultima versione è la Antiterrorism, Crime and Security Acts del 2000-2001. A che serve quindi introdurre un elemento giuridico come l’estremismo, quando una legge contro il terrorismo esiste già?

Le proteste non sono mancate anche dall’interno dello stesso partito conservatore, tanto da spingere il ministro Gove ad una ridefinizione del concetto: come riporta il Guardian, nel 2011 la strategia Prevent del governo definiva l’estremismo come «l’opposizione attiva ai valori britannici fondamentali, tra cui la democrazia, lo stato di diritto, la libertà individuale e il rispetto reciproco e la tolleranza delle diverse fedi e convinzioni». La nuova definizione afferma che l’estremismo «è la promozione o il progresso di un’ideologia basata sulla violenza, sull’odio o sull’intolleranza, che mira a negare o distruggere i diritti e le libertà fondamentali degli altri, oppure indebolire, rovesciare o sostituire il sistema di democrazia parlamentare liberale e di diritti democratici del Regno Unito, creare intenzionalmente un ambiente permissivo affinché altri possano raggiungere quei risultati».

«Sono sorpreso dell’esistenza di un simile progetto di legge da parte di un ministro, come Michael Gove, considerato forse il più equilibrato del governo inglese – spiega a L’Indipendente il giornalista William Ward, ex della BBC – i termini di questa norma sono troppo vaghi e questo è strano per un Paese anglosassone come l’Inghilterra dove le leggi vengono fatte su basi pragmatiche e non, ad esempio, come nei Paesi con una grande tradizione umanistica, ad esempio l’Italia, dove invece le norme vengono scritte sulle basi di principi assoluti. In Inghilterra siamo molto più concreti, quasi terra terra. Per questo non me lo sarei aspettato». Ward (che comunque rifiuta qualsiasi parallelismo tra la nuova legge inglese e quella russa) ipotizza che questa possa essere soltanto una disperata mossa del governo in vista delle prossime elezioni. A primavera 2024 erano previste infatti per il rinnovo del Parlamento. Ma, fatto assai strano, ad oggi non è stata ancora fissata la data e potrebbero slittare più in là. «I conservatori sono destinati a perdere – dice Ward – stanno tentando in tutti i modi di riconquistare la fiducia degli elettori che negli ultimi anni è andata perduta. Ma penso che se approvassero una legge del genere, la perderebbero ancora per i prossimi 15 anni». I sondaggi inglesi infatti parlano chiaro: i laburisti di Keyr Starmer otterrebbero circa 450 seggi, i conservatori oggi al governo, intorno ai 115.

[di Giancarlo Castelli]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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