Si avvicinano le elezioni indiane (fra aprile e giugno) e cominciano le manovre per silenziare le opposizioni e favorire il successo di Modi. Un quadro della situazione di Delhi e l’arresto del governatore dello stato
A Delhi il sole sorge offuscato da una coltre grigia di fumo. Abbassando lo sguardo verso la strada ci si assuefa all’odore di smog e al suono dei clacson. Nella capitale indiana, tra traffico, combustibili fossili usati a ogni angolo della strada e nelle industrie ai margini della città, si registra il livello più alto di concentrazione di PM2.5 tra le capitali mondiali.
L’azienda svizzera IQAir ha rivelato i nuovi dati sull’inquinamento delle città. Dai dati rilevati nel 2023 attraverso oltre trentamila stazioni di monitoraggio installate in 7812 località, la città di Delhi risulta la capitale maggiormente inquinata al mondo. Con i suoi 92.7 µg/m3 la capitale indiana conquista il primato, seguita immediatamente da Dhaka, Bangladesh – 80.2 µg/m3 – e da Oudgadougou, Burkina Faso – 46.6 µg/m3. Delhi, ha aumentato i propri livelli di PM2.5 del 10% nel 2023, con punte di medie mensili di 255 µg/m3 nel mese di novembre. Tra le prime 50 città di questa classifica, troviamo ben 42 città indiane, tra cui la capolista Begurasai – Bihar – con 118.9 µg/m3.
La situazione nella capitale indiana è a livelli preoccupanti. Il traffico stradale è responsabile del 40% delle PM2.5 rilevate in città. Misure come il Piano d’azione – GRAP – hanno contingente e scarsa efficacia. Infatti, lo strumento viene utilizzato solo nelle giornate di maggior inquinamento e prevede il divieto di circolazione di veicoli a benzina e diesel – equivalenti a Euro 3 – e lo stop ai lavori in cantiere.
L’implementazione della metropolitana di Delhi con le sue 12 linee e 288 stazioni, non ha risolto i problemi di mobilità urbana della città. La dipendenza dal trasporto privato, unita alla struttura della viabilità urbana, resta costante nella capitale indiana.
Con l’avvicinarsi delle elezioni la questione sta emergendo come prevalente tra i sette candidati nei seggi in palio a Delhi. Il Presidente del Bharatiya Janata Party – BJP, partito al Governo dell’India – di Delhi, Virendra Sachdeva, ha dichiarato che «il Governo centrale ha lavorato molto per implementare le infrastrutture stradali di Delhi negli scorsi 10 anni, il traffico resta il problema principale in alcune aree». Le dichiarazioni degli esponenti locali del BJP, seppur virtuose, lasciano il tempo che trovano in un contesto governativo in cui non si sono dati sostanziali avanzamenti o programmi di policy per contrastare il cambiamento climatico. D’altro canto, il governo della capitale in mano all’Aam Aadmi Party – AAP, capitanato da Arvind Kejriwal – ha promosso delle campagne come la “Clean Air Campaign”, “Switch Delhi” – per l’elettrificazione di oltre duemila bus –, incentivi alla mobilità privata elettrica, manutenzione degli impianti di biogas e implementazione nel trattamento dei rifiuti a cui non è mai stato dato effettivo adito.
La mobilità urbana, assieme al diffuso uso di combustibili fossili – esenti da sistemi di filtraggio – in ambito domestico e commerciale, ai fallimenti nella gestione dei rifiuti, al progressivo disboscamento delle foreste urbane e al fabbisogno energetico della città – 5611MW a Gennaio, dato in crescita dell’8% rispetto allo scorso inverno – completa il quadro dell’inquinamento a Delhi.
Il dato va unito alle considerazioni generali in ambito climatico. M Mohapatra, direttore del dipartimento meteorologico indiano, ha dichiarato «Noi stiamo vedendo un forteinnalzamento delle temperature nel nord-ovest dell’India. Non possiamo dire se la primavera stia scomparendo perché ogni anno è diverso, ma le tendenze generali indicano un riscaldamento maggiore a gennaio e febbraio». Le dichiarazioni di Mohapatra arrivano in seguito alla pubblicazione del report dell’ONG americana Climate Central. Qui viene registrato un aumento medio di 2° in nove stati del nord dell’India, con punte di 2.6° nel Rajasthan. Di fatti, il mese di febbraio appena passato è stato il secondo più caldo dal 1901.
LA SICCITÀ AVANZA
Dentro e fuori i confini di Delhi, l’inquinamento atmosferico è parte di una crisi ecologica generale. La crisi idrica ne è il primo sintomo. Ad oggi, la capitale dello stato meridionale del Karnataka – Bengaluru, conosciuta come la Silicon Valley indiana – è all’asciutto. Nello stesso Stato si contano altre 257 località a rischio siccità.
Nella capitale dello Stato, settemila pozzi su circa sedicimila sono prosciugati. La città dipende per il 70% delle sue risorse idriche dal fiume Cauvery – 1450 mld/lt al giorno – , la cui portata è diminuita costantemente negli scorsi anni a causa della diminuzione delle piogge nella stagione monsonica. A questo si aggiunga la scarsa implementazione degli acquedotti e la pessima qualità dell’acqua trasportata via autobotti. L’ingegnere civile Vishwanathan ha dichiarato che per 11mln di persone non ci sono grandi rischi, mentre per i 3 milioni più poveri la situazione è drammatica.
Tra le cause della siccità troviamo l’aumento delle temperature, la continua urbanizzazione della città e scarse capacità nel trattamento delle acque nei bacini costruiti nei dintorni della città. Dai dati della Well labs, si rinviene che il 90% delle acque piovane è disperso tra evaporazione e deflussi – spesso in zone recentemente urbanizzate.
Le misure intraprese dalle autorità locali troviamo l’implementazione dell’uso di autobotti – circa 300 tra mezzi pubblici e privati –, il ripristino dei pozzi con perdite, e lo stop ad attività superflue come il lavaggio di automobili e l’irrigazione privata.
La situazione nel subcontinente è altrettanto drammatica: circa il 46% dei fiumi sono inquinati, con punte del 100% a Delhi, 94.6% nel Manipur e 94.2% nel Maharastra; solo il 21% delle acque reflue domestiche subiscono trattamenti; ed il 25% delle città indiane ha un piano per la sanitizzazione delle acque.
Tutto questo avviene nello Stato contente il 18% della popolazione mondiale ma solo il 4% delle risorse idriche, e dipendente dal 15% del suo PIL dall’agricoltura. In questo settore, in cui le stime di crescita dei raccolti di grano per l’anno corrente si assestano sul -6.8%, la questione ecologica viene maggiormente problematizzata. Nella piattaforma redatta dalle maggiori organizzazioni dei contadini – Samyukta Kisan Morcha, SKM – e dalla segreteria dei principali sindacati indiani – Central trade Unions, CTU – la questione prende forma organica.
UN MODELLO DI SVILUPPO CENTRATO SUL FOSSILE
Il subcontinente è uno legato a doppio filo alle fonti energetiche derivanti da combustibili fossili. Dai dati ministeriali indiani si evince che nel 2021-22, il 73% dell’energia elettrica indiana è stata prodotta a mezzo carbone, l’8,2 da energia nucleare, 8% via combustione di gas naturali e il 7,9% via petrolio. Il modello di sviluppo in essere è fortemente dipendente dalle centrali a carbone e dall’estrazione di esso, mentre sostanziali sviluppi di energie rinnovabili costituiscono slogan elettorali e mezzi per la speculazione finanziaria da parte degli oligopoli operanti nel settore.
Con la decisione di posticipare la data dell’arrivo ad emissioni zero al 2070 e l’impegno a triplicare la produzione di energie rinnovabili entro il 2030, l’India si mostra indietro rispetto ai piani di contenimento della crisi climatica. Il Ministro dell’ambiente Bhupender Yadav ha dichiarato alla COP28 che “Se da un lato stiamo aumentando la nostra capacità rinnovabile, dall’altro dovremo fare affidamento sull’energia del carbone fino a quando non avremo raggiunto l’obiettivo di un’India sviluppata.”
La decisione è accompagnata dallo sviluppo di politiche infrastrutturali votate all’autosufficienza in campo energetico, misure di importazione e stoccaggio di combustibili fossili a basso prezzo dalla Russia – a causa delle sanzioni internazionali –, e dai legami stretti dalla maggioranza governativa con i maggiori oligopoli operanti nel settore. Di fatti, Gautam Adani – patron dell’oligopolio Adani Ltd – e Mukesh Ambani – patron della Reliance Industries Limited – sono stati tra i maggiori fruitori del boom economico indiano degli ultimi anni. Questi, di fatti hanno spesso fatto ricorso a pratiche di mercato scorretto per aumentare i propri profitti.
Come riportato da un’inchiesta del Financial Times sulle importazioni di carbone da parte del gruppo Adani «il più grande importatore privato di carbone del Paese, ha gonfiato i costi delle materie prime» facendo profitti grazie all’aumento delle bollette per cittadini e imprenditori, aumentando così del 52% i propri profitti.
Elementi di collusione emergono dall’inchiesta condotta sul gruppo nel 2023 dal centro di ricerca Hinderburg. Nel report da loro pubblicato, oltre ai molteplici illeciti registrati in ambito finanziario, viene fuori un uso generalizzato di fondi governativi per lo sviluppo di energie rinnovabili. Questi, oltre a venire deviati nell’economia fossile, non fermano le operazioni del gruppo nel campo dell’energia fossile ma ne aumentano il potere nel mercato.Di fatti il gruppo Adani Power è uno dei maggiori beneficiari della legge sulle liberalizzazioni delle licenze di estrazione di carbone per operatori privati nazionali ed internazionali del 2020 – sul sito della fondazione Adani Watch è possibile trovare documenti utili al monitoraggio delle azioni del gruppo. Altre collusioni palesi tra il Governo Modi e Gautam Adani sono state registrate dalla Organised Crime and Corruption Reporting Project – OCCRP – in ambito di facilitazioni legislative e procedurali nei progetti del gruppo in ambito portuale, energetico e delle telecomunicazioni.
Leggendo questo dato nella cornice del modello di sviluppo adottato dal Governo indiano si evince la tendenza ad alimentare le tendenze oligopolistiche in ambito energetico. Un’ulteriore conferma è data dalla dichiarazione di voler dedicare il 70% del budget per l’anno finanziario 2025 a fonti rinnovabili, senza andare a intaccare minimamente i progetti già presenti nelle filiere del fossile – a cui è dedicato il restante 30% del budget.
La questione del modello di sviluppo indiano in piena crisi climatica e nell’anno de El Nino va oltre l’ingombrante figura di Gautam Adani. Infatti, con il rivelamento dei dati sul finanziamento privato ai partiti politici ordinato dalla Corte Suprema indiana il 14 febbraio, si rinviene una forte dipendenza economica del sistema partitico da settori altamente inquinanti. Operatori dei settori delle infrastrutture, estrazione e della lavorazione sono stati i maggiori finanziatori dei partiti politici indiani tra il 2018 ed il 2023. Al BJP di Narendra Modi è andato il 65% del totale dei bond elettorali – oltre $721mln. La traiettoria entro cui si muove la campagna elettorale dell’attuale partito di governo non tende a smentire né il proprio passato, né gli interessi dei propri finanziatori. Se le manovre soft non bastano, allora si ricorre alle maniere forti.
L’ARRESTO DEL GOVERNATORE KEJRIWAL
Il 21 marzo il governatore di Delhi Arvind Kejriwal, appartenente al partito AAP – Aam Aadmi Party -, è stato arrestato assieme ad alcuni membri della sua giunta con l’accusa di corruzione in ambito di commercio e concessione licenze di alcolici per un ammontare di circa $12mln. Il corpo di polizia investigativa Enforcement Directorate ha fatto irruzione in casa di Kejriwal in prima serata. L’arresto è avvenuto in seguito al reiterato rifiuto del governatore di Delhi di presentarsi alle audizioni del corpo di polizia. Le accuse mosse al governatore non hanno però effettiva consistenza in quanto basate sulle dichiarazioni di altri indagati e non sostanziate da ulteriori prove.
Appena dopo l’arrivo del corpo di polizia, rappresentanti, lavoratori e sostenitori del partito sono accorsi davanti alla casa di Kejriwal dando vita a un presidio pacifico. A questi si sono aggiunti nelle ore successive altri rappresentanti delle opposizioni. Nell’ambito dell’operazione di polizia, sono state adoperate forze speciali quali la Rapid Special Force – assimilabile alla celere –, due anelli di recinzione delle strade circostanti e droni per la sorveglianza dell’area. Anche la vicina stazione della metropolitana di ITO è stata chiusa fino al giorno successivo.
Il leader dei lavoratori del partito del congresso – INC – Arivnder Singh Lovely, accorso in presidio ha dichiarato: «il BJP [partito di governo con a capo il primo ministro Narendra Modi] ha paura delle prossime elezioni perché teme la sconfitta. Ne è un esempio questo arresto. È vergognoso. È questo il modo di minacciare un governatore eletto? Noi non abbiamo paura. Combatteremo il BJP con ancora più forza». Alla sua voce hanno fatto eco i leader degli altri partiti dell’opposizione, tutti uniti nell’alleanza elettorale INDIA, Alleanza Nazionale per lo Sviluppo Inclusivo, che fronteggerà il BJP ed i suoi alleati – raccolti nella NDA, Alleanza Democratica Nazionale – nelle elezioni per il rinnovo dei 543 parlamentari della camera bassa, Lok Sabha.
Dai banchi della maggioranza di Governo del BJP, il parlamentare Ravi Shankar Prasad ha attaccato le opposizioni dichiarando: «è ironico che coloro che hanno fatto della morale una propria crociata ora si trovino pronti a portare avanti un governo dal carcere».
La notizia è una nota dolente per l’alleanza INDIA: l’AAP, presente nella contesa elettorale negli Stati di Delhi, Haryana, Punjab e Gujarat, è uno dei pezzi fondamentali dell’opposizione. Il partito populista indiano, con simbolo una scopa «con cui spazzare via i corrotti», è fortemente dipendente dalla figura del suo leader, come confermato dal portavoce dell’AAP di Delhi «il nome di Kejriwal basta per convincere gli elettori a votare per la scopa, il nostro simbolo elettorale».
LE OPPOSIZIONI SOFFOCATE
L’arresto di Kejriwal è l’ennesimo caso di silenziamento delle opposizioni tramite l’uso degli organi giudiziari. Simile sorte era toccata al partito del congresso. Nel marzo 2023 il leader del partito del congresso Rahul Gandhi è stato accusato di diffamazione e successivamente incarcerato. Il rilascio è avvenuto poche settimane dopo grazie all’intervento della corte suprema indiana che ha constatato l’inconsistenza delle accuse.
Il partito ha visto congelati i suoi fondi a causa di supposti finanziamento esteri al partito – attività illegale in India. Rahul Gandhi ha dichiarato ieri in conferenza stampa: «Non possiamo fare campagna elettorale. Non possiamo supportare i nostri lavoratori e candidati. I nostri candidati non possono viaggiare per il paese. Non possiamo pagare la campagna elettorale».
A gennaio, anche il governatore dello Stato di Jharkhand Herman Soren appartenente al partito d’opposizione Mukti Morcha, è stato costretto a dimettersi poche ore prima di essere arrestato per presunti casi di corruzione con l’accusa di frode su terreni fondiari. Anche in questo caso l’organo che ha eseguito le indagini e l’arresto è stato l’Enforcement Directorate.
L’arresto di Kejriwal avviene immediatamente dopo la pubblicazione dei dati sul finanziamento da parte dei privati ai partiti, dopo ordine della Corte suprema indiana. In seguito alla sentenza, sono stati resi pubblici i dati del finanziamento attraverso Bond Elettorali – strumento di finanziamento anonimo ai partiti stabilito dal governo di destra hindu nel 2018.
Dai dati pubblicati si rileva che circa $721mln – pari al 65% del totale – sono andati nelle casse del BJP, mentre il 10% è andato rispettivamente al partito del congresso e all’All India Trinamool Congress e il resto a numerosi partiti operanti su base regionale. Tra i finanziatori del BJP c’è anche il l’uomo d’affari Sarath Chandra Reddy. Le donazioni del miliardario al partito di Governo ammontano circa $6mln.
Reddy, coinvolto anch’esso nell’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto di Kejriwal, ha ottenuto licenze per cinque zone di vendita al dettaglio dopo le liberalizzazioni della vendita di liquori.
A un mese dall’inizio delle elezioni, che si terranno in sette tornate elettorali dal 19 aprile al 1 giugno, i margini di democraticità del paese continuano a restringersi. Con lo strapotere dilagante della macchina elettorale del BJP, lo sfaldarsi dell’alleanza delle opposizioni sotto i colpi delle inchieste giudiziarie e il riposizionamento di significativi partiti regionali, l’india sembra essere consegnata quasi inesorabilmente nelle mani della destra hindu per il terzo mandato consecutivo.