Partito autonomo del proletariato, partito social-democratico, frazione dei socialisti scientifici in un partito riformista, Lista della pace, entrismo in una forza progressista di massa? Quali prospettive di ricomposizione della sinistra di classe in Italia, altrimenti condannata all’irrilevanza di una Cassandra.
Gli sfruttati e gli oppressi possono emanciparsi solo unendosi su un piano più ampio rispetto alle classi dominanti di sfruttatori che hanno il potere. Dal momento che questi ultimi sono uniti quantomeno sul piano nazionale, i subalterni debbono organizzarsi su di un piano internazionale. Non a caso a questo hanno lavorato i fondatori del socialismo scientifico. Mentre il partito nazionale degli oppressi è una trovata del socialismo utopistico, in particolare di Lassalle, che si illude che con il suffragio universale, essendo la grande maggioranza, i subalterni non potranno che prendere il pieno controllo del governo e utilizzare i fondi pubblici per finanziare invece dei ricchi capitalisti privati, delle imprese pubbliche autogestite dai lavoratori.
D’altra parte, necessariamente il processo rivoluzionario si svilupperà in un primo momento su base nazionale e per questo è anche importante realizzare delle sezioni nazionali dell’internazionale degli sfruttati.
Non ci sono dubbi, tutti i principali esponenti del marxismo da Marx a Engels a Lenin, etc., concordano sulla necessità di una organizzazione politica autonoma dei sostenitori del proletariato moderno. Dunque, se ce ne fossero le forze sarebbe essenziale costruire un reale partito comunista o comunque un partito della sinistra radicale e rivoluzionaria che unisca comunisti e socialisti di sinistra. Da questo punto di vista essenziale è lo spirito di scissione con le forze della piccola borghesia e dei ceti medi. Naturalmente, non bisogna confondere il partito con la sua caricatura, la setta. L’organizzazione autonoma della forza politica che rappresenta il proletariato urbano – da questo punto di vista il termine comunista non è indispensabile e non può divenire un feticcio, anche se è certamente il nome più appropriato – ha senso soltanto se ha una certa consistenza. Anche da questo punto di vista i classici del marxismo sono inequivocabili, un partito autonomo della classe proletaria non ha senso, anzi è controproducente se non riesce, ad esempio, a eleggere nemmeno un parlamentare.
Ora, come è noto, da diversi anni ciò in Italia non avviene, l’ultimo parlamentare comunista eletto, Eleonora Florenza, è stato eletto solo in quanto un’intellettuale che si era prestata come capolista di una alleanza elettorale socialdemocratica ed eletta in due circoscrizioni, aveva lasciato il proprio posto al primo non eletto. Peraltro, ciò era stato possibile solo alle elezioni del parlamento europeo, che ha scarsissimo potere reale, per cui vige ancora una legge elettorale “democratica”, cioè proporzionale.
Questo non significa che i comunisti e i socialisti di sinistra se in Italia si unissero tutti non avrebbero ancora la possibilità di costituire un partito che rappresentasse il proletariato. Perciò, una costituente e un movimento finalizzato alla fondazione di un partito del genere non può che essere una priorità per i marxisti. Naturalmente un partito del genere dovrebbe poi mirare necessariamente alla costituzione di un blocco sociale, che sia in grado di egemonizzare, le classi intermedie, piccola borghesia e ceto medio, che devono essere strappate all’alleanza con la grande borghesia, se realmente si mira, come è necessario per un marxista, alla conquista del potere.
Se non si è in grado di costruire un reale partito autonomo del proletariato l’obiettivo non può che essere la costituzione di un partito social-democratico, cioè un partito che unisca i socialisti scientifici con i socialisti utopisti, come il Partito socialdemocratico tedesco nato dalla alleanza fra la componente marxista e la componente lassalliana, o come il partito socialdemocratico dei lavoratori russi, di cui i bolscevichi erano una corrente. Quindi, se non si ha la forza di creare un reale partito autonomo, le forze marxiste che si ispirano al socialismo scientifico debbono costituirsi come frazione, come corrente, come area di un più ampio partito di cui facciano parte anche forze del socialismo utopista e i sinceri democratici.
Nella attuale situazione italiana vista l’enorme difficoltà – a causa del settarismo, del particolarismo, dell’individualismo, dell’intolleranza predominanti fra le forze che si ispirano al socialismo scientifico – nel costruire un partito autonomo di classe proletaria, se le forze della sinistra radicale si federassero potrebbero provare a realizzare un partito social-democratico alleandosi con i sinceri democratici che oggi fanno principalmente riferimento ai Cinque stelle e i socialisti utopisti principalmente legati a Sinistra italiana. Questo dovrebbe essere il second best, cioè il piano B per i socialisti scientifici. Anche questo però implicherebbe un generalizzato perdono dei peccati fra marxisti e socialisti utopisti, in cui ognuno riconoscendo i propri limiti diviene tollerante rispetto ai limiti degli altri, processo che dovrebbe in primo luogo interessare le diverse anime della diaspora del socialismo scientifico. Tale perdono dei peccati deve consentire la collaborazione e la sincera lotta per l’egemonia fra chi tende a peccare nella direzione dell’anima bella, nel caso del socialismo scientifico, e chi al contrario nel senso dell’uomo del corso del mondo, in altri termini opportunismo di destra e di sinistra dovrebbero riconoscersi vicendevolmente ognuno facendo in primo luogo autocritica dei propri limiti e della propria unilateralità prima di denunciare quelli dell’altro.
Il problema è che anche il piano B, cioè la costituzione dei socialisti scientifici in frazione all’interno di un partito social-democratico, vale a dire prodotto dell’alleanza fra socialisti e sinceri democratici, o socialdemocratico, cioè revisionista, al momento non sembra all’ordine del giorno. Manca infatti la capacità fra i socialisti scientifici di giungere a un generale reciproco perdono dei peccati, in cui ognuno fa una doverosa autocritica della necessaria unilateralità della propria prospettiva attuale e della propria esperienza storica, anche perché in entrambi i casi verrebbe da dire: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Del resto bisognerebbe sempre ricordare che nessuno può pretendere di avere in tasca la verità, né nessuno può avere la certezza di aver fatto la scelta giusta. La prospettiva dovrebbe essere quella di ricostruire una frazione o un partito come il bolscevico in cui erano presenti e si confrontavano comunisti con le più diverse concezioni del mondo. Altro esempio storico a cui guardare, nella prospettiva di un fronte della sinistra radicale, è il modello della Prima internazionale dove si confrontavano tutti i diversi partiti e prospettive politiche che si contrapponevano agli sfruttatori ponendosi dalla parte degli oppressi.
Tanto fra i bolscevichi quanto nella Prima internazionale la presenza di tendenze anche molto diverse è stata non solo un momento di ricchezza, ma anche un importante elemento di riequilibrio interno, in quanto posizioni fra loro contrastanti e, talvolta, anche opposte, si completavano a vicenda, superando in qualche modo le altrimenti contrapposte unilateralità.
D’altra parte, al momento, entrambe le prospettive auspicate sono, almeno apparentemente, quasi utopistiche, quantomeno nel breve periodo. Che fare dunque ora e prima che tali prospettive possano concretizzarsi? Bisogna da una parte accumulare le forze e preparare il terreno in funzione della ricomposizione in un partito dei socialisti scientifici o quantomeno della costituzione di un partito-socialdemocratico in cui possano confrontarsi comunisti, socialisti e sinceri democratici. D’altra parte, occorre ragionare intorno a un programma minimo, in attesa e per accelerare la realizzazione delle condizioni che consentano di poter praticare il programma massimo.
Nell’immediato è in campo la scommessa della Lista per la pace che mira a ricostituire un percorso comune dell’ampio fronte che, in un modo o nell’altro, si contrappone ai rischi sempre più inquietanti di una escalation della quarta guerra mondiale a pezzi in corso, poco dopo il termine della guerra fredda (la terza guerra mondiale a pezzi). Per quanto sia stata messa in piedi forse nel peggiore dei modi compossibili è, comunque, l’unica prospettiva elettorale che un minimo provi a ricomporre un fronte ampio, in qualche modo, antimperialista. Naturalmente, al di là di elezioni in cui non si potrà che raccogliere quel poco che si è seminato, sarà interessante capire se una prospettiva di opposizione alla guerra imperialista possa in qualche modo svilupparsi a urne chiuse, anche perché purtroppo l’escalation bellica sarà una questione sempre più attuale.
Nel frattempo sarà necessario sondare il terreno delle altre possibilità in prospettiva praticabili per la sinistra radicale nel caso che tutte le prospettive indicate sopra non dovessero realizzarsi, ipotesi nel breve-medio periodo al quanto probabile. Si dovrà, dunque, verificare se Unione popolare sopravviverà alla spaccatura in occasione delle elezioni e, soprattutto, se si aprirà al confronto con le altre componenti della sinistra di classe che non sono state al momento coinvolte in tale progetto. Nel contempo bisognerà valutare se ci fosse una qualche praticabilità per una frazione socialista scientifica all’intero di Sinistra italiana, nel caso in cui le altre prospettive non si rivelassero praticabili.
Allo stesso modo, andrà sondato il terreno della possibile ricomposizione di una frazione ispirata al socialismo scientifico in una formazione come il Movimento 5 stelle, che al momento appare la più ampia casa comune dei sinceri democratici.
Ultima opzione che andrebbe comunque verificata, non fosse altro che per trovare la probabile conferma della sua impraticabilità, è l’agibilità per una frazione marxista all’interno di un Partito democratico all’opposizione la cui direzione è stata conquistata, di fatto, da una componente politica in buona parte estranea alle precedenti esecrabili vicissitudini di questo partito. Tenendo presente che se nelle primarie il popolo della sinistra della diaspora si è almeno in parte mobilitato per imprimere una svolta nel Pd di contro al rischio di un perpetuarsi della deriva renziana di fatto neoliberista, allo stadio attuale si tratta di una compagine politica liberaldemocratica.
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