Dopo mesi di discussioni, il Giappone ha compiuto un nuovo passo per allontanarsi dalla propria Costituzione pacifista e anti-militarista del secondo dopoguerra, allentando le regole per il trasferimento di attrezzature militari in altri Paesi. La controversa decisione di consentire la vendita internazionale di armi dovrebbe contribuire a garantire il ruolo del Giappone nell’ambito di un progetto della durata di un anno, volto a sviluppare un nuovo jet da combattimento insieme al Regno Unito e all’Italia, ma è anche un passo verso la costruzione dell’industria degli armamenti del Paese e il rafforzamento del suo ruolo negli affari globali.

Il Global Combat Air Programme (GCAP) è un’iniziativa multinazionale guidata da Regno Unito, Italia e Giappone per sviluppare congiuntamente un caccia stealth di sesta generazione. Il programma mira a sostituire l’Eurofighter Typhoon in servizio sia con la Royal Air Force (RAF) che con l’Aeronautica Militare Italiana, e il Mitsubishi F-2 in servizio con la Japan Air Self-Defense Force. Il 9 dicembre 2022, i governi di Giappone, Regno Unito e Italia avevano annunciato congiuntamente che avrebbero sviluppato e prodotto un jet da combattimento comune, fondendo i loro progetti di sesta generazione precedentemente separati: il BAE Systems Tempest, sviluppato da Regno Unito e Italia, e il Mitsubishi F-X, sviluppato dal Giappone. L’accordo è stato poi cementato con un trattato firmato nel dicembre 2023 in Giappone. Secondo l’attuale tempistica, il programma prevede di iniziare la fase di sviluppo formale dal 2025, con un primo test di volo nel 2027 e con l’entrata in servizio del velivolo nel 2035.

In base alla sua Costituzione, il Giappone ha per lungo tempo vietato le esportazioni di armi del Paese, anche se ha iniziato a fare passi in senso contrario a partire del 2014, con la vendita di alcune forniture militari non letali. Un altro importante passo è stato fatto lo scorso dicembre, quando il governo ha approvato una modifica che consente la vendita di 80 armi letali e componenti che il Giappone produce su licenze di altri Paesi. Nella sua decisione, il governo ha affermato che il divieto di esportazione di prodotti finiti ostacolerebbe gli sforzi per lo sviluppo del nuovo jet da combattimento e limiterebbe il Giappone a un ruolo di supporto nel progetto. Il ministro della Difesa britannico Grant Shapps ha ripetutamente affermato che il Giappone aveva bisogno di un “aggiornamento” per non causare lo stallo del progetto. Le esportazioni contribuirebbero anche a rilanciare l’industria della difesa giapponese, che storicamente si è rivolta solo alle Forze di autodifesa del Paese.

Già lo scorso anno, il Giappone aveva stipulato contratti dal valore di 3 miliardi di dollari per la costruzione di missili a lungo raggio. Tutto segue la decisione adottata nel dicembre 2022, quando il Paese pubblicò tre documenti con cui dichiarava la sua nuova dottrina militare e di sicurezza: National Security Strategy, National Defense Strategy, e Defense Buildup Program. Con questi tre atti, il Giappone aveva messo da parte ogni remora, lanciandosi nel riarmo totale.

Quando Fumio Kishida, primo ministro giapponese, si recherà a Washington ad aprile, è probabile che parlerà con i leader degli Stati Uniti di una potenziale nuova cooperazione nell’industria della difesa e degli armamenti. D’altronde, fu proprio con gli Stati Uniti e la Corea del Sud che, lo scorso anno, il Giappone diede vita alla partnership strategica soprannominata “piccola NATO del Pacifico”, chiaramente pensata in funzione anticinese. Dal canto suo, la Cina ha dichiarato di non voler essere un obiettivo dei piani di difesa di Washington e di Tokyo, che dovrebbero essere annunciati poprio nel corso del vertice di aprile. «La Cina crede sempre che la cooperazione militare tra gli Stati dovrebbe favorire la pace e la stabilità regionale, invece di prendere di mira terze parti o danneggiare gli interessi di una terza parte», ha detto Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington.

Il Giappone è ormai a tutti gli effetti nuovamente un Paese che non disdegna la guerra. La produzione in massa, per sè e per le esportazioni all’estero, di armamenti di ogni genere favorisce inoltre l’economia e il PIL del Paese. L’obiettivo è anche quello di ritagliarsi un ruolo importante nello scacchiere regionale all’interno della strategia statunitense nei confronti della Cina.

[di Michele Manfrin]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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