Oggi, 10 aprile, è il 105° anniversario della morte di Emiliano Zapata, altrimenti noto come il Caudillo del Sud, ucciso nel 1919, al culmine della rivoluzione messicana. Zapata è ormai una figura eroica e leggendaria, fonte di ispirazione per tanti rivoluzionari messicani e non solo, la cui eredità politica e rivoluzionaria vive ancora nelle lotte dei movimenti indigeni, di quelli contadini e delle comunità sfruttate ed emarginate nel mondo neoliberista. Lo zapatismo anima le lotte dei discendenti politici e sociali di coloro che combatterono a fianco del Caudillo, come l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), così come le lotte di coloro che, nel mondo, si trovano nella medesima situazione, gli indigeni della globalizzazione neoliberista, come l’esempio La Via Campesina.
La Rivoluzione messicana, durata dal novembre 1910 al dicembre 1920, è stata una guerra civile che, in definitiva, ha visto affrontarsi tre schieramenti: le forze del governo del Presidente in carica, Porfirio Díaz; la fazione del Nord, del Partito Costituzionalista; l’Esercito di Liberazione del Sud, guidato da Emiliano Zapata. Porfirio Díaz governava sul Messico dal 1884 quando, nel 1910, decise di incarcerare il suo sfidante politico, il ricco proprietario terriero Francisco I. Madero, del Partito Costituzionalista, rappresentante della borghesia terriera dei grandi possidenti del Nord. Quella fu la scintilla che fece scoppiare il pentolone sociale. Sebbene per non molto tempo, nel 1911 Francisco I. Madero divenne Presidente, mentre la lotta armata si faceva sempre più vasta. Verso la fine del 1913, grazie anche alle spettacolari vittorie dell’eroe popolare e guerrigliero Pancho Villa al nord, Zapata riuscì a far indietreggiare di molto le forze militari della borghesia contadina.
Nell’autunno 1914, ad Aguascalientes, si tentò di di porre fine alla guerra civile con un accordo tra le componenti rivoluzionarie. I gruppi di Pancho Villa e Zapata accettarono la convenzione, ma non il gruppo del generale Venustiano Carranza – della fazione del Nord –, motivo per il quale il conflitto proseguì. Nel dicembre dello stesso anno, le truppe contadine di Villa e Zapata, che avevano continuato a penetrare nel territorio, entrarono trionfanti a Città del Messico, ove esposero i vessilli della Vergine di Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. Fu in quei giorni che Zapata rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale, dichiarando: «Non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano». Tuttavia, dopo una serie di sconfitte, le forze zapatiste decisero di ritirarsi al Sud, dove proseguirono la guerriglia. Il 10 aprile del 1919, il Caudillo del Sud, Emiliano Zapata, morì ucciso in un’imboscata. La dispersione delle forze militari contadine e la stabilizzazione al potere dei rivoluzionari del Nord, del Partito Costituzionalista, pose fine alla guerra civile e al periodo rivoluzionario messicano.
Anche se Zapata fu assassinato, le riforme agrarie che gli stessi contadini attuarono a Morelos furono impossibili da eliminare da parte del governo centrale. Zapata aveva combattuto per la redistribuzione della terra e per coloro che la coltivavano a Morelos, e ci era riuscito. «La terra è di chi la lavora», era il suo motto. Le sue credenziali di rivoluzionario risoluto lo resero un eroe duraturo della Rivoluzione. Sebbene i contadini abbiano continuato nel tempo a mettere in essere forme di autogoverno, i vari governi che si sono succeduti nel tempo hanno tutti, chi più chi meno, tentato di demolire il lascito rivoluzionario zapatista.
Per questo stato di cose, il nome di Zapata e la sua immagine sono stati invocati nella rivolta del 1994 in Chiapas, con l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale che si presentava al mondo in concomitanza con l’entrata in vigore del NAFTA (North American Free Trade Agreement). L’attività rivoluzionaria dell’EZLN si presentò direttamente collegata alla rivoluzione di ottant’anni prima, basata sulle comunità locali contadine e indigene che popolano il Messico. A differenza della rivoluzione messicana, tuttavia, essa è orientata anche alla dimensione internazionalista, decisa a battersi contro la globalizzazione neoliberista in collaborazione e cooperazione con ogni altro gruppo che nel mondo si trovi nelle condizioni degli indigeni, così come dei contadini o di chiunque venga sfruttato e schiacciato da un sistema ingiusto, diseguale e predatorio. L’EZLN ha fatto proprie le idee sociali e politiche di Zapata e le ha utilizzate in base alle necessità di lotta nel mondo globalizzato.
La Vía Campesina è un altro esempio di come le idee di Emiliano Zapata sono state tramandate nel tempo. Questa è un’organizzazione internazionale fondata nel 1993, in Belgio, e formata da decine e decine di organizzazioni di contadini di 81 Paesi del mondo, la quale coordina la lotta di contadini e lavoratori agricoli, donne rurali e comunità indigene dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa. Anche in questo caso, quindi, oltre alla radicazione locale vediamo la proiezione globale tipica dei movimenti di lotta nati con il galoppare della globalizzazione, delle corporazioni globali e delle istituzioni mondiali. La Via Campesina, che ha coniato e dato sostanza al termine “sovranità alimentare”, appoggia una forma di agricoltura sostenibile basata sulla famiglia e sulla comunità di piccole dimensioni e sostiene le battaglie dei contadini per il diritto alle sementi, per la redistribuzione delle terre e per la riforma agraria, per fermare la violenza contro le donne, e, in generale, per il riconoscimento dei diritti dei contadini e delle comunità indigene.
Insomma, l’eredità politico-rivoluzionaria zapatista la ritroviamo nelle lotte dal basso contro la globalizzazione neoliberista e i suoi nefasti effetti sociali ed ecologici sulle comunità locali di ogni parte del mondo in cui vige la violenza, la sopraffazione, l’accentramento del potere, il depauperamento e l’esternalizzazione dei costi di un sistema che tutto assoggetta, sfrutta e distrugge. L’atomizzazione dei rapporti sociali e l’avvelenamento dell’ambiente in cui viviamo sono frutto di ciò che oggi combattono quei movimenti, gruppi e organizzazioni dell’America Latina, e anche oltre, che hanno ereditato le idee del Caudillo del Sud, Emiliano Zapata.
[di Michele Manfrin]