Dopo la “Ley de Vivienda” che lo scorso anno aveva mandato su tutte le furie l’opposizione, ora il governo socialista vuole cancellare la legge approvata nel 2013 dal centrodestra: comprare case da mezzo milione non permetterà più di acquisire la residenza.
Alicante – Non c’è dubbio che la nuova iniziativa del governo spagnolo riaccenderà nel Paese iberico il solito dibattito sulla sinistra che odia i ricchi.
Proprio ieri, infatti, il governo socialista di Pedro Sánchez ha annunciato l’intenzione di affrontare, nel Consiglio dei Ministri odierno, l’abolizione della cosiddetta “Golden Visa”.
Approvata dal governo “popolare” di Mariano Rajoy nel 2013, la legge prevede sostanzialmente la concessione di un permesso di residenza in cambio di investimenti nel Paese. In concreto, il permesso viene attualmente concesso ai cittadini extraeuropei che acquisiscono due milioni di euro in titoli di Stato, un milione di euro in azioni o partecipazioni in aziende spagnole, un milione in fondi di investimento costituiti in Spagna e, infine, nel caso di acquisto di immobili con valore pari o superiore a 500mila euro (acquisiti senza mutuo).
Secondo quanto annunciato ieri, però, il governo vorrebbe ora eliminare proprio quest’ultima opzione, sotto l’impulso del Ministro per la Casa Isabel Rodríguez.
Da Siviglia, infatti, il presidente Sánchez ha spiegato: “faremo in modo che la casa sia davvero un diritto e non un mero negozio speculativo“.
Dalla Comunità di Madrid ed altri settori del centrodestra, come c’era da aspettarsi, si sono immediatamente sollevate le critiche, sostanzialmente incentrate sul “dare un messaggio sbagliato agli investitori”.
Ma il dibattito, trito e ritrito, segue uno schema che avremmo l’Europa avrebbe dovuto ormai superare da decenni, come dimostrano perfettamente sia la Costituzione italiana che quella spagnola, entrambi esempi di un socialismo liberale rimasto su carta e mai entrato nel cuore delle masse.
La funzione sociale della proprietà – garantita e tutelata ma mai a scapito dell’interesse generale – è chiara in entrambi i casi.
L’art. 47 della Costituzione spagnola, peraltro, è ancora più esplicito:
“Tutti gli spagnoli hanno diritto a usufruire di una casa degna ed adeguata. I poteri pubblici promuoveranno le condizioni necessarie e stabiliranno le norme pertinenti per rendere effettivo questo diritto, regolando l’uso del suolo in accordo con l’interesse generale per impedire la speculazione“.
Ecco perché l’iniziativa è senza dubbio da accogliere come una bella notizia, considerando anche che lo stesso governo ha approvato, proprio un anno fa, una “Ley de Vivienda” che aveva già fatto un primo passo contro la speculazione immobiliaria e il caro affitti.
Se è infatti positiva per un Paese la capacità di attrarre capitali, è altrettanto vero che, ancor più in ambito immobiliare, la questione diventa delicatissima laddove la quota di investimento a fini speculativi genera nelle aree metropolitane e turistiche un incremento stellare dei prezzi e spinge, di fatto, fuori dal mercato ampi strati popolari (sia cittadini che residenti stranieri). Non si tratta dunque di una questione “nazionalista”, ma di una questione piuttosto “classista”.
Il caro affitti, del resto, punisce anche e soprattutto gli stranieri lavoratori che decidono di risiedere in un altro Paese pur senza disporre di ingenti capitali di inversione.
“Il modello della speculazione immobiliaria”, ha spiegato il presidente socialista, “non è il modello di Paese del quale abbiamo bisogno, perché è un modello che conduce al disastro e ad una disuguaglianza lacerante come conseguenza dell’inaccessibilità di molti giovani e famiglie alla casa”.
Quella del governo Sanchèz, convinto che la casa non debba portar via più del 30% degli ingressi mensili, è senza dubbio una iniziativa con un valore concreto.
Ma, in questo caso, il suo significato è da analizzare in un quadro più amplio.
Se infatti è vero che le residenze concesse in virtù della legge sulla golden visa sono collegate per oltre il 94% all’investimento immobiliare, è anche vero che dal 2013 il numero totale di concessioni non supera le 12mila unità (11.464 fino al 2022), con cinesi (2.712) e russi (1.159) in cima alla classifica.
Numeri importanti ma che non descrivono il quadro completo e non spiegano le ragioni dell’insistenza del tema speculazione (a prescindere da eventuali ragioni di consenso in una fase politica delicata a causa della questione catalana). Oltre la metà degli acquisti sopra i 500mila euro viene infatti effettuato da cittadini europei, che non usufruiscono (e non hanno bisogno) della “golden visa”. La questione è dunque più amplia.
Nel 2023, il 14,98% delle case acquisite in Spagna sono state comprate da stranieri, pari a ben 87.400 case su 583.042 in totale.
Nel 2022 la percentuale era stata del 13,75% sul totale, 88mila circa in termini assoluti.
E molto spesso senza la necessità di chiedere un mutuo: acquistano in contanti.
Ma la portata del fenomeno si comprende solo quando si guarda ai dati parziali.
Se nella Comunità Valenziana si arriva quasi al 30% di case acquisite da stranieri (oltre il 44% solo nella provincia di Alicante), a causa di una forte concentrazione turistica e di nuovi residenti con potere acquisitivo superiore (soprattutto del Nord Europa) in un certo numero di comuni della regione, è chiaro che ci si trova di fronte a un pericoloso processo di gentrificazione che, in questo caso, compromette il diritto alla case precedentemente menzionato, con prezzi che volano alle stelle e città o quartieri (finora popolari) che diventano off limits per i lavoratori.
Se un lavoratore è costretto a cambiare città o a spostarsi in periferie sempre più ghetto a causa della speculazione che divide in due le città, è chiaro che il problema è sfuggito dalle mani.
Se in due anni, in una città relativamente piccola come Alicante, il costo di alcune case ha raddoppiato il suo valore e fondi immobiliari continuano ad acquisire interi edifici per affittarli a breve o lungo termine, è il caso di fare i conti con la realtà.
E questa sembra essere l’intenzione del governo.
Alle Isole Balearie oltre il 31,7% delle case è acquisito da stranieri, alle Canarie il 28,2%, nella regione murciana il 24,8%; in Catalogna e Andalusia le percentuali regionali sono più basse solo perché il resto del territorio compensa una percentuale che in centri come Malaga e Barcellona rappresenta rispettivamente il 30% e il 32%.
Nella Comunità di Madrid, dove gli affitti hanno raggiunto i picchi delle principali capitali europee, a giocare da protagonisti sono banche e fondi immobiliari.
Ben 13.125 case appartengono al fondo statunitense Blackstone, seguito da Caixa Bank (4.755), Cerberus (2.448), Banco Santander (1.529).
Quasi 1/5 (82.300) delle proprietà in affitto nella Comunità di Madrid sono riferibili a società immobiliari con possiedono oltre 50 case.
Oltre 23mila userebbero paradisi fiscali per pagare meno tasse.
Il punto, quindi, non è l’acquisto di case da parte di stranieri in sé.
Ma è chiaro che, in certe proporzioni e in certi termini, si tratta di un buon indice per tenere sotto controllo un fenomeno speculativo oltre la soglia.
Non stiamo parlando del fenomeno strutturale di stranieri residenti, lavoratori, che rispariamo o fanno un mutuo per acquistare case a prezzi di mercato.
Né di stranieri che acquistano seconde case in zone poco abitate o prettamente turistiche, contribuendo alla riqualificazione del territorio.
Stiamo invece parlando di una particolare concentrazione di acquisti da parte di stranieri in percentuali che duplicano o quasi triplicano la media nazionale, sintomo di un fenomeno non strutturale ma speculativo, responsabile di una crescita dei prezzi pericolosa se non regolamentato.
Non a caso, secondo Idealista, il prezzo per metro quadrato negli acquisti fatti dagli spagnoli è di 1.574 euro per metro quadrato, mentre la media negli acquisti da parte di stranieri è di 2.095 euro.
Il no alla golden visa è da leggere nel quadro di questo fenomeno.
Speculazione a parte, del resto, vendere il diritto di residenza al miglior offerente non è forse la più patriottica delle iniziative.
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