“È stata una magnifica serata perché anche prima dell’inizio la gente voleva contribuire per rifare grande l’America”. Così Donald Trump mentre annunciava che la sua campagna aveva raccolto 50 milioni di dollari. L’evento si è svolto alla residenza del miliardario John Paulson il quale abita poco lontano da Trump in Florida. La cifra era quasi il doppio dei 26 milioni di dollari raccolti da Joe Biden in una serata a New York pochi giorni prima.

Le cifre citate dovranno essere confermate da documenti che saranno sottomessi ad agenzie del governo. Nel caso di Trump, come si sa, spesso gonfia i numeri per farsi sentire forte o per ottenere vantaggi. Si ricorda che per ottenere prestiti favorevoli a New York anni fa aveva gonfiato il valore della sua suite triplicandone la misura (da 3 mila a 9 mila metri quadrati). Ma anche se le cifre citate dell’ex presidente si riveleranno accurate Biden sembra avere la meglio con la raccolta di fondi.

A fine marzo il candidato democratico aveva 192 milioni di dollari in “tasca” comparati a 93 milioni per il partito di Trump. Inoltre Biden beneficerebbe di un miliardo di dollari promessi. Da aggiungere i guai finanziari di Trump il quale deve mezzo miliardo di dollari per avere perso due cause civili a New York che potrebbe però evitare di pagare in caso di successo agli appelli.

I fondi elettorali non determinano necessariamente gli esiti alle urne come si è visto nel 2016 quando Hillary Clinton spese il doppio di Trump. Il candidato repubblicano però beneficiò dalla pubblicità gratis dalle televisioni a cavo che trasmettevano completamente tutti i suoi comizi. Quando la Clinton faceva i suoi comizi riceveva invece pochissima copertura mediatica.

La disponibilità dei fondi non è però da sottovalutare poiché vengono usati per annunci televisivi ma anche per pagare i viaggi dei candidati, pagare i sondaggisti di opinioni interne, pagare i loro assistenti, che si incaricano di incoraggiare personalmente gli elettori a recarsi a votare, assistendoli anche con i trasporti. Sappiamo che Trump si trova in situazioni economiche difficili come ci dimostrano i suoi sforzi di vendere scarpe da tennis, bibbie, e i frequenti annunci sulla sua piattaforma Truth Social. In uno di questi annunci l’ex presidente incoraggia i suoi sostenitori a donare mensilmente alla sua campagna. Strano che da una parte lui si dichiara ricco ma chiede che gli altri gli paghino le spese persino quelle legali che fino adesso hanno raggiunto 100 milioni di dollari.

I sostenitori ultra ricchi che si sono riuniti in Florida per sostenere finanziariamente Trump includono anche Elon Musk, forse l’uomo più ricco al mondo, secondo le variazioni della borsa. Musk ha fatto delle dichiarazioni sui migranti che lo avvicinano all’ideologia di Trump ma si trova lontano dalla visione sul riscaldamento globale. Va ricordato che quando Trump ritirò gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima, Musk abbandonò il comitato di consiglieri economici dell’allora inquilino alla Casa Bianca in protesta asserendo che il cambiamento climatico è reale. Musk ha recentemente dichiarato che non contribuirà fondi a nessuno dei due candidati presidenziali. Ovviamente potrebbe cambiare idea specialmente adesso che Biden ha ridotto il vantaggio di Trump a un solo punto (46 a 45 percento, con 8 percento indecisi), secondo il New York Times. Ci sono poi i processi penali. Un recente sondaggio del mese scorso anche del New York Times ci dice che in caso di condanna Trump perderebbe il 14 percento di consensi degli elettori indipendenti negli Stati in bilico.

Il primo dei 4 processi penali di Trump è già iniziato e dovrebbe durare 6 settimane, secondo il giudice Juan Merchan. Il togato ha ricordato ai legali dell’ex presidente che il loro assistito è imputato di reati penali e come tale deve essere presente in aula durante il processo e rimanere quasi esclusivamente silenzioso. Una situazione alla quale l’ex presidente non è affatto abituato. Evidentemente era stanco e si sarebbe appisolato per alcuni minuti nel giorno iniziale del processo. Stiamo osservando un evento storico in America: il candidato presidenziale di uno dei due maggiori partiti con buone chance di vincere le elezioni a novembre potrebbe essere condannato. In tale eventualità, svolgerebbe le sue mansioni presidenziali dal carcere?

Di Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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