«Costruiremo una coalizione regionale ed esigeremo un prezzo nel modo e nel momento che ci conviene», ha affermato il ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz all’indomani della risposta iraniana, avvenuta nella notte tra sabato e domenica scorsa, all’attacco condotto da Israele contro l’ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile scorso. Israele sta quindi cercando alleati per combattere il suo più acerrimo nemico nella regione – il regime degli Ayatollah – e per coinvolgere la Casa Bianca in una guerra allargata nell’area, costruendo una sorta di “mini-NATO” del Medio Oriente che ha già un nome, Middle East Air Defense (MEAD). Gantz ha spiegato che Israele dovrebbe rafforzare un’alleanza di difesa aerea regionale per difendere i suoi membri dall’Iran. Secondo un articolo del Wall Street Journal di domenica scorsa, gli Stati Uniti avevano organizzato colloqui a Sharm el Sheikh all’inizio di quest’anno per contrastare la minaccia rappresentata dai missili e dai droni iraniani in Medio Oriente, coinvolgendo i rappresentanti di Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Stati Uniti, Emirati Arabi, Bahrein e Giordania. Si tratterebbe della versione militare degli Accordi di Abramo, firmati nel 2020 da Israele con alcuni Stati arabi, sebbene Qatar e Arabia Saudita non li abbiano sottoscritti e non intrattengano rapporti ufficiali con Tel Aviv. Gallant non ha per ora commentato il coordinamento con questi Paesi, come riferisce il Times of Israel. Facendo eco a Gantz, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha affermato che «Abbiamo l’opportunità di stabilire un’alleanza strategica contro la grave minaccia dell’Iran». La nuova alleanza di difesa aerea regionale promossa dagli Stati Uniti sarebbe stata inaugurata proprio domenica, secondo analisti dello Stato ebraico.
Non a caso, il media israeliano Haaretz, per quanto riguarda l’attacco di Teheran di domenica notte, ha fatto sapere che “la maggior parte delle intercettazioni sono state americane, britanniche e giordane piuttosto che israeliane”. Non stupisce quindi che il ministro Gallant si sia complimentato con le Forze di difesa israeliane (IDF) e con «i nostri partner». Oltre a tre Paesi NATO – USA, Gran Bretagna e Francia – ad intervenire contro l’attacco iraniano è stato anche un Paese arabo, la Giordania, la cui opinione pubblica è strenuamente schierata a sostegno dei palestinesi e contro Israele. A coinvolgere Amman nell’alleanza regionale contro l’Iran sarebbero stati proprio gli Stati Uniti grazie alla forte influenza che esercitano sullo Stato arabo confinante con la Palestina. Tuttavia, gli stessi USA non sembrano disposti ad assecondare un’escalation nella regione, cosa che starebbe invece cercando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “Da novembre gli Stati Uniti sono gradualmente giunti alla conclusione che non solo il primo ministro Benjamin Netanyahu si batte deliberatamente per un confronto aperto con il presidente Joe Biden su Gaza, ma vuole anche ampliare la guerra e regionalizzarla”, scrive sempre Haaretz. E l’alleanza regionale voluta da Gallant potrebbe essere funzionale proprio a questo scopo, più che per fini difensivi come dichiarato, ma Washington per diverse ragioni non è intenzionata a seguire Tel Aviv nel fare esplodere la polveriera mediorientale, anche a causa delle imminenti elezioni statunitensi. Secondo un sondaggio Quinnipiac condotto tre settimane dopo l’attacco di Hamas, uno schiacciante 84% degli americani ha espresso preoccupazione per il fatto che gli Stati Uniti possano essere direttamente coinvolti in un conflitto in Medio Oriente.
Anche per questo, gli USA hanno persuaso Netanyahu a non rispondere ulteriormente al contrattacco di Teheran: in una telefonata avvenuta domenica tra Netanyahu e Biden, quest’ultimo ha chiarito che gli USA non parteciperebbero a un contrattacco israeliano contro l’Iran. Lo ha riferito alla CNN un alto funzionario dell’amministrazione americana. Senza gli Stati Uniti, il piano dello Stato ebraico di allargare il conflitto in Medio Oriente sfruttando la neonata alleanza di difesa aerea regionale non può trovare alcun sostegno, poiché l’alleanza stessa necessita del supporto di Washington. Ma non solo: secondo fonti israeliane, sebbene gli “alleati arabi”, tra cui Giordania e Arabia Saudita, siano intervenuti contro l’Iran accanto alla coalizione regionale costruita da Biden, potrebbero anch’essi non essere disponibili a concedere il proprio spazio aereo a Israele per difendersi dagli attacchi iraniani se Tel Aviv avviasse un’offensiva contro Teheran. Anche Francia, Germania e Regno Unito hanno esortato Israele a non intraprendere azioni contro l’Iran. Da parte sua, Teheran aveva già affermato, subito dopo il lancio di droni e missili domenica, che non avrebbe condotto altre operazioni se Israele non avesse a sua volta risposto. Il capo di Stato maggiore delle Forze armate dell’Iran, Mohammad Bagheri, ha dichiarato che l’operazione condotta nella notte contro Israele “ha raggiunto tutti i suoi obiettivi”, aggiungendo che l’attacco notturno non ha preso di mira alcun interesse civile o economico, concentrandosi invece su obiettivi militari.
In breve, tutti gli attori coinvolti e gli alleati europei di Tel Aviv vogliono evitare una guerra più ampia in Medio Oriente. Se, dunque, Israele dovesse decidere di rispondere all’operazione iraniana di domenica scorsa si troverebbe con ogni probabilità isolato e, allo stesso tempo, Netanyahu vedrebbe andare in frantumi il piano di trascinare gli USA in una guerra contro l’Iran per trasformare la debacle della guerra a Gaza in un trionfo strategico. Secondo Haaretz, ciò “non succederà”. La “nuova NATO” del Medio Oriente, dunque, per ora è cauta e sembra non voler assecondare la strategia del capo del Likud di dare il via ad una pericolosa guerra allargata nella regione.
[di Giorgia Audiello]